Chi sparerà all’arciduca Ferdinando, questa volta? Sono molti i credibili sospetti in Ucraina, capaci d’innescare la scintilla che trasformerà la debordante tensione sul campo, in conflitto armato. Una di quelle classiche guerre post qualcosa: post-Prima guerra mondiale, Seconda guerra, Guerra fredda; post-caduta del Muro e/o fine dell’Urss.
Potrebbero essere i nazionalisti russi, quelli ucraini, i neonazisti dell’una e dell’altra parte, resistenti come topi di fogna alle vicissitudini della Storia. Potrebbe essere una cannonata sparata per sbaglio da un carro armato o da una nave della flotta del Mar Nero.
Giusto da quelle parti, a Odessa, l’ammutinamento della corazzata Potemkin nel 1905 fu trasformato nel simbolo di una rivoluzione che avrebbe avuto conseguenze importanti. In fondo la crisi ucraina di oggi è anche post-Rivoluzione d’Ottobre e post-stalinismo con le sue deportazioni di popoli e l’arbitraria definizione delle frontiere sovietiche.
Insistendo nella sua provocazione e ritenendosi abbastanza forte per farlo, Putin potrebbe non fermarsi alla Crimea e nemmeno alle altre province dell’Est ucraino a maggioranza russa. Potrebbe aizzare anche le minoranze russe delle tre repubbliche Baltiche nel tentativo suicida di rimettere in discussione ciò che accadde fra il 1989 e il ’91: la fine dell’Urss e dell’imperialismo russo. Potrebbe ordinare ai russo-comunisti della Transnistria, una specie di Ruritania dei nostri giorni, d’invadere la Moldavia.
E’ ancora presto per dire se l’Ucraina diventerà l’equivalente dell’attentato di Sarajevo al principe ereditario asburgico, il 28 giugno 1914. Il precipitare dell’Europa in un altro conflitto continentale per degli spari a Simferopoli, sembra irrealistico. Il continente oggi dovrebbe avere strutture di sicurezza collettiva capaci di tenerci lontani dal baratro.
Il caso della corazzata Potemkin e la tragedia dell’estate di cento anni fa, tuttavia, sono buoni esempi per descrivere il comportamento di Vladimir Putin, oggi. La vicenda della Potemkin fu un bluff: fu un ammutinamento minore e solo nel 1926, quando Stalin aveva già iniziato la sua scalata al potere, Sergei Eisestein trasformò la storia in un film propagandistico. La sparatoria della scalinata, la madre col bambino, la vecchia colpita in un occhio dall’esercito zarista avanzante, non ci sono mai stati nella realtà. Fu davvero “una boiata pazzesca”.
Anche Putin sta facendo propaganda come Eisenstein. Ha costruito la minaccia dell’Ucraina – un Paese allo sbando -alla minoranza russa della Crimea e alla flotta del Mar Nero; si è inventato il “colpo di Stato nazista” a Kiev, volutamente confondendo una rivolta per la democrazia con le azioni di gruppi minoritari nazi-fascisti. Come tutti gli anschluss della storia, anche questo è pieno di bugie.
Il caso del 1914, invece, si adatta a Putin in un altro modo. La tragedia di allora fu causata da una classe dirigente europea vecchia e incapace. Come Vladimir Putin, rimasto soprattutto l’agente del Kgb dell’Unione Sovietica: con un’idea d’imperialismo non più ideologica, cioè marxista, ma zarista.
Ha perfettamente ragione John Kerry, il segretario di Stato americano, quando dice che Putin ha agito inventandosi un falso, sostenendo che la minoranza russa era in pericolo: appunto, la corazzata Potemkin di Eisestein. E quando accusa il presidente russo di comportarsi nel XXI secolo come uno statista del XIX: cioè come i leaders europei del 1914, incapaci di capire che stavano marciando verso il disastro. Ma è con Vladimir Vladimirovic e i suoi fantasmi che alla fine dovremo trovare una soluzione.
Allego un altro commento ucraino uscito un pao di giorni fa sul Sole-24 Ore.
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-02-28/l-inesorabile-declino-visione-putin-064124…