Egitto, the Constant Gardener

Commento pubblicato su Il Sole-24 ore del 20/11/2012

 

Morsi-rally-hamas-gaza-war-with-israel Il negoziatore di un cessate il fuoco punta sull’esaurimento dei combattenti per riuscire nella sua missione. L’obiettivo, qui a Gaza, è particolarmente difficile perché i due nemici non sembrano affatto stanchi di odiarsi. E’ un’ostilità che dura ufficialmente dal 1948: in realtà risale alla fine del XIX secolo, assomigliando a volte più a una faida tribale che a un confronto tra due aspirazioni nazionali.

  Il capo-negoziatore di questo ennesimo episodio bellico fra Israele e palestinesi, è ufficialmente l’Egitto. Ma dietro di lui si è creata una mischia. I turchi, i marocchini, i francesi, la Lega araba, Tony Blair a nome del Quartetto (missing in action, c’è ancora qualcuno che ne ricordi l’utilità?), Ban Ki moon per conto del mondo intero. E per i canali telefonici diplomatici gli Stati Uniti, l’Italia e decine di altri Paesi grandi e piccoli, influenti e no.

  Quattro anni fa gli israeliani avevano potuto fare la loro operazione terrestre nel silenzio globale quasi assoluto. Questa volta no. Quando, alla fine della lunga riunione di ieri Bibi Netanyahu, il ministro della Difesa Ehud Barak e degli Esteri Avigdor Lieberman – il vertice assoluto del potere oggi in Israele – fanno sapere che le possibilità dell’attesa offensiva terrestre sono “50 a 50”, è come ammettere una ritirata anche se al 50%.

  In queste condizioni è particolarmente difficile la trattativa vera, quella egiziana in corso al Cairo (tutte le altre sono esortazioni), in due luoghi diversi perché Israele e Hamas rifiutano d’incontrarsi. L’obiettivo non è solo un cessate il fuoco militare ma un compromesso politico più complesso perché ambisce a raggiungere una realtà nuova. Gli israeliani che chiedono la distruzione di tutti i missili iraniani capaci di colpire Tel Aviv, e Hamas che li vuole tenere come deterrente, è una parte importante ma non la decisiva.

  Il movimento islamico palestinese punta ad eliminare una volta per tutte il blocco economico e fisico della striscia di Gaza. A raggiungere cioè quel distacco dalla tutela israeliana che nemmeno i palestinesi di Cisgiordania hanno. Tra loro e la Giordania c’è l’esercito israeliano che presidia la frontiera: con centinaia di posti di blocco e d’insediamenti ebraici, nemmeno le città palestinesi sono collegate tra loro. A Sud di Gaza, invece, la frontiera con l’Egitto è spalancata. Trovandosi a questo punto in una gabbia peggiore della striscia di Gaza, è difficile che i palestinesi di Ramallah, Betlemme, Nablus, Hebron, Jenin, Gerico, sopportino ancora la cautela di Abu Mazen e dell’Autorità palestinese.

  Se verrà concordato il cessate il fuoco con
le sue conseguenze politiche decisive, sarà un grande successo per l’Egitto di
Mohamed Morsi, il Paese della fratellanza islamica di governo e non più di
lotta. Anche il fronte delle opposizioni siriane creato la settimana scorsa nel
Qatar, ha scelto il Cairo come sua sede ufficiale in esilio. Ma riguardo ad
Hamas gli egiziani non sono così felici come dovrebbero: hanno il sospetto che
siano i palestinesi a pensare di servirsi di loro e non loro a patrocinare i
palestinesi. I servizi segreti, cioè i militari che hanno conteso la vittoria
elettorale di Morsi fino all’ultimo, ne sono certi.

  L’idea a lungo termine di Morsi sarebbe di
trasformare Hamas in un partito moderato come il suo. Forse è presto, ma di
segnali non se ne vedono. Qualche giorno fa, in un’intervista al Cairo dove
risiede dopo aver lasciato Damasco, Moussa Abu Marzuk, uno dei capi del
movimento palestinese, è stato minaccioso: “La posizione di tutti gli islamisti
nella regione sarà quella di Hamas. Non il contrario”. 

   Hamas sfrutta il suo vasto consenso
nell’opinione pubblica egiziana, la pressione dei salafiti sul governo, il
disagio dei militari al Cairo, l’assenza di controllo nella penisola del Sinai
infestata di qaidisti. Il pericolo è che pensi di trasformare quell’area in una
retrovia della sua guerra permanente a Israele, come Arafat fece nel Sud del
Libano quarant’anni fa.  I palestinesi
hanno una particolare vocazione a rovinare le loro stesse aspirazioni di
indipendenza.

 

Tags:
  • Fabio |

    “I palestinesi hanno una particolare vocazione a rovinare le loro stesse aspirazioni di indipendenza”. Detto questo, è spiegato il 90% del problema palestinese (che è in realtà solo il riflesso del problema vero: l’esistenza di israele).
    Nello stesso lungo arco di tempo, con altri metodi ed altra intelligenza politica, l’India di Gandhi ha trovato l’indipendenza e il Sudafrica di Mandela si è liberato dell’apartheid.
    Allora direi più crudamente e sapendo di fare una forzatura provocatoria: “I palestinesi hanno una particolare vocazione a distruggere qualsiasi possibilità reale di indipendenza”.

  • carl |

    Dott. Tramballi, voglio crederle sulla parola. Ma sta di fatto che un mio commento (sul contenuto del quale mi riservo di ritornare) non è stato pubblicato. Se non è stato Lei, restano un paio di possibilità o il colpevole è una succedaneo di “Big Brother” oppure (ma ne dubito) il gruppo dei cosiddetti “Anonymous”, il cui portavoce ieri ha dichiarato che sarebbero intervenuti in M.O con dei cyberattacchi in Rete.

  • Ugo Tramballi |

    Censurare? Non scherziamo.

  • doretta davanzo poli |

    non credo che Tramballi censuri: comunque le stesse regole valgono per tutti

  • carl |

    Tramballi…??? E’ già il secondo commento che mi censura..:o) E come dicono anmmiccando certuni, non c’è due senza tre.. Mi verrebbe quasi, quasi da ricorrere a quella considerazione scema, ma che può rendere l’idea, che Il Suo mentore Montanelli, pensando a Lei, potrebbe starsi rivoltando nella tomba…:o)
    Comunque sia mi sono chiesto se:
    a) Lei si immagina che i Suoi pezzi possano incidere sull’intricatissima e/o contingente situazione mediorientale o
    b) sia repentinamente aumentata la Sua propensione a tranciare, censurare e ci abbia preso anche gusto..Quasi una sorta di sentirsi potenziato..:o)
    o ancora
    c) se Lei abbia incrementato di brutto la cura di quello che è stato maldestramnente definito “rispetto umano” un’espressione che -per chi non lo sapesse – intende riferirsi alle mentalità e/o stato d’animo di uno che eccede nel tenere conto e nell’attribuire importanza a ciò che certuni diranno, penseranno o potrebbero dire o pensare nei Suoi riguardi. E, ovviamente, alle possibili conseguenze..
    Mi stia bene e mi raccomando rinsavisca..:o) Nulla è ancora perduto..:o)
    Cordialmente
    Carl

  Post Precedente
Post Successivo