Realismo d’Egitto

EgittoPersonaggi e interpreti del negoziato per tentare di impedire il massacro egiziano, in ordine d’importanza e apparizione. Barack Obama, presidente degli Stati Uniti; John Kerry, segretario di Stato; Chuck Hagel, segretario alla Difesa; Catherine Ashton, Alto rappresentante della politica estera europea; John McCain e Lindsay Graham, senatori repubblicani; Richard Burns, vicesegretario di Stato Usa; Bernardino Leon, inviato speciale dell’Unione europea; negoziatori del Qatar e degli Emirati Arabi.

  Come è possibile che con un cast da colossal diplomatico il massacro invece sia avvenuto? L’ottusità ostinata dei militari e del governo da una parte; e dei leader dei Fratelli musulmani, quelli in galera e quelli a piede libero, dall’altra. Due fronti di sordi assoluti. Ma per ignorare tanto potere internazionale, c’è stato dell’altro. La realpolitik: chi si è impegnato per il compromesso è stato tradito dai suoi stessi alleati e da chi avrebbe dovuto collaborare in nome di un bene superiore, la presunta stabilità in Medio Oriente.

   A favore dei militari si è creata una strana
alleanza fra Israele, Arabia Saudita ed Emirati. L’amministrazione Clinton
aveva preso in considerazione la possibilità di congelare l’aiuto militare da 1,3
miliardi di dollari alle forze armate egiziane. Il senatore repubblicano Rand
Paul aveva presentato un emendamento per imporlo. Ma l’amministrazione e il
Campidoglio sono stati circondati da sauditi e israeliani: i primi che non
godono di grandi amicizie in Senato, hanno lavorato sul governo; l’Aipac, la
lobby filo-israeliana per eccellenza, sul Campidoglio che controlla a suo
piacimento.

  Arabi del Golfo e israeliani volevano vedere
i militari egiziani trionfare: i sauditi detestano i Fratelli musulmani; gli
israeliani hanno rapporti molto stretti con al-Sisi. Li hanno sempre avuti con
tutti i capi dei servizi segreti militari egiziani: lo è stato anche Abdel
Fattah al-Sisi.

  Nel negoziato per cercare un compromesso, i
diplomatici del Qatar avevano il compito di ammorbidire i Fratelli musulmani
che l’emirato ha sempre sostenuto; quelli degli Emirati di spingere alla
moderazione i militari. Pur fallendo, i qatarini ci hanno provato. I servizi
segreti americani hanno scoperto che i diplomatici degli Emirati hanno invece
istigato i loro amici a non desistere. Qualche settimana prima dei massacri, il
ministro degli Esteri degli Emirati era andato a Washington per insistere
perché gli Stati Uniti lasciassero mano libera ai militari egiziani.

  E’ tutto raccontato in un lungo articolo del
New York Times che ricostruisce la disperata diplomazia dei primi giorni di
agosto e il suo fallimento. Allego di seguito il link dell’inchiesta del Times,
una eccellente lezione di giornalismo; e quelli di un mio commento e di un reportage
dal Cairo, pubblicati in questi due giorni sul Sole-24 Ore.

 

http://www.nytimes.com/2013/08/18/world/middleeast/pressure-by-us-failed-to-sway-egypts-leaders.html?ref=global-home

 

 

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-08-18/lassalto-moschea-mentre-cairo-081609.shtml?uuid=Ab4T57NI

 

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-08-17/dubbi-obama-084616.shtml?uuid=AbdnatNI

 

 

 

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  • carl |

    Oggi (20.08.13) alla radio ho sentito un “esperto” in pensate strategiche che auspicava & consigliava alle FFAA egiziane di controllare bene il Sinai.. Come se fosse l’equivalente di alcuni quartieri del Cairo, metropoli anch’essa, come tante altre, cresciuta disordinatamente con il peggio tipico dei Paesi poveri e con in più anche il peggio dell’occidente.
    Per chi non lo sapesse il Cairo ha finito per raggiungere anche i 20 milioni di abitanti..

  • matteo |

    “L’amministrazione Clinton” !?

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