Dopo gli elogi della Casa Bianca al governo Monti – dice Radio Uno – Renato Schifani “ha ricordato a Barack Obama che il Pdl non teme interferenze”. Vi immaginate che paura a Washington? Schifa…who?, avrebbe chiesto il presidente se un consigliere maldestro gli avesse riferito un ammonimento così irrilevante.
Ecco, è così che di tanto in tanto, con estrema rarità, la politica estera (se questa è politica estera) irrompe nel dibattito intensamente banale di questa campagna elettorale. Come l’Europa: non affrontata per ciò che comporta esserci, per le visioni o gli incubi che solleva, per cosa i mutamenti globali impongono. No, degradata a campo di battaglia della politica interna, neanche fosse il collegio elettorale di Caltanisetta.
Non voglio fare l’aristocratico. E’ ovvio che gli avvenimenti di casa sono sempre più importanti; che la crisi dell’euro prima di ogni altra cosa ha a che vedere con le nostre tasche; che in quel 37,1% di disoccupazione giovanile ci sono i nostri figli e nella melma del Monte dei Paschi i risparmi di tanti italiani. Negli anni Ottanta, quando seguivo la guerra civile libanese, il mio pezzo su una battaglia fra sciiti e drusi in un quartiere della città, andava in prima pagina perché prima di Mani Pulite non c’era niente da raccontare delle nostre ovattate vicende politiche.
Poi di Italia ha incominciato ad essercene troppa. Come già sostenevo nel precedente post pre-elettorale (“Elezioni 1. Alla fine cosa è peggio, la politica o i giornali?”, del 6/2) la stampa di carta, radio e tv hanno subìto passivamente questa brutta campagna elettorale, lasciando dire ai candidati tutto quello che volevano. Peggio: istigandoli alla rissa. Questi temi e questo modo di lavorare ci vengono meglio perché non c’è bisogno studiare e si può faticare di meno per ottenere più visibilità.
Pur facendo la tara di questa mediocrità e
pur sapendo che quelli di esteri sono temi meno impellenti, vi sembrerà
stupefacente ma anche l’Italia ha un ruolo internazionale. Non siamo così
importanti come millantava Berlusconi ai suoi tempi. Ma abbiamo valori,
interessi geopolitici ed economici ben più legittimi delle mazzette di
Finmeccanica. Nei Paesi più seri si chiama “Interesse Nazionale”. Bene, lo
abbiamo anche noi, sebbene la classe dirigente di questo Paese tenda a proteggerlo
solo quando si identifica con l’interesse privato.
E’ possibile dunque che in campagna
elettorale l’Europa sia trattata solo dai populisti di destra e di sinistra? Come
ci dobbiamo comportare con le Primavere arabe: ne aiutiamo economicamente lo
sviluppo o ne stiamo fuori? In fondo sono giusto sull’altra sponda dello stesso
mare. E sono nostri mercati.
L’Italia ha votato a favore del riconoscimento
palestinese all’Onu: è giusto così o era meglio la politica più filo-israeliana
del governo Berlusconi? E’ giusto o sbagliato restare in Afghanistan fino al
2014? “Dite da che parte state” è un documento con 11 domande che diverse
organizzazioni italiane (www.ilarialpi.it/
www.afgana.com/ www.atlanteguerre.it/) hanno inviato ai
partiti. Temo non abbiano avuto risposte.
La politica estera è legata a quella di
difesa. Degli F35 si è parlato tanto ma per slogan. Uno solo di quei caccia
costa quanto 387 asili nido, è stato detto. E’ un buon argomento. Lo sarebbe
anche chiarire se nell’attuale realtà internazionale l’Italia deve continuare
ad avere una qualche difesa territoriale, se quei caccia sono le armi giuste e
se si, quanti ce ne servono.
E la
politica estera e di difesa sono legate alla politica economica di un Paese
sano che cura i suoi interessi nel mondo, rispettandone le regole. Nel discorso
sullo Stato dell’Unione Obama ha parlato di grande accordo commerciale Usa-Eu.
Un’ipotesi capace di rivoluzionare gli scambi mondiali. Alzi la mano chi ha
sentito un partito farne un tema di dibattito elettorale: sono d’accordo, sono
contro, i produttori della val Padana saranno protetti? ci sarà più lavoro? non
è che con questo accordo affonderemo i mercati africani? Niente. Solo dibattito
serrato sul ruolo politico del Festival di San Remo.
Gli esempi di mediocrità sono molti in questa
campagna elettorale. Ma la cifra della sensibilità verso il mondo che ci
circonda, credo l’abbia data Antonio Ingroia. Aveva accettato un incarico delle
Nazioni Unite in Guatemala. Ora sappiamo che era solo un parcheggio, lasciato in
fretta e senza pagare il biglietto, al primo richiamo italiano. Dell’America Latina,
del Terzo mondo, della giustizia internazionale e dell’Onu all’ex giudice
(pronto a tornare a farlo in caso di trombatura, come se le istituzioni fossero
una porta girevole) non interessava nulla. Viva l’Italia.