Benzion (figlio di Sion) Netanyahu è morto la settimana scorsa all’età di 102 anni. Medievalista, grande studioso dell’Inquisizione spagnola, “guardava alla storia ebraica come a una storia di olocausti”, scrive il NY Times nel suo necrologio. Benzion fu anche il segretario politico di Ze’ev Jabotinsky, il leader del revisionismo sionista di destra. A partire dal piano di spartizione territoriale Onu del 1947, dedicò la vita ad opporsi all’idea di uno Stato palestinese. L’unica salvezza dal prossimo e ineluttabile olocausto – era la sua convinzione – sarebbe stata una Grande Israele vigile e armata.
Domani, passata la settimana di lutto, suo figlio Bibi Netanyahu, annuncerà le elezioni anticipate in Israele. Probabilmente all’inizio di settembre, prima del lungo periodo di feste ebraiche. Non c’è alcun legame fra la scelta elettorale e la morte di Benzion: Bibi la meditava da molto tempo. Ma c’è un legame profondo fra ciò che fu il padre e quello che politicamente è il figlio.
Netanyahu il premier anticiperà le elezioni di un anno rispetto alla scadenza naturale della legislatura alla Knesset, per essere sicuro di rivincere, consolidare il suo potere e proseguire una politica che è la versione paterna della Grande Israele, adattata alle circostanze: ignorare i palestinesi, non dare importanza alle Primavere arabe se non come minaccia, l’azione militare come unica opzione al nucleare iraniano. Con una sola convinzione: “il mondo ci odia”.
Nonostante abbia una maggioranza solida e un’opposizione inesistente, Bibi vuole le elezioni a settembre perché Barack Obama sarà troppo impegnato nelle sue per occuparsi di quelle israeliane e fare campagna contro. I due si detestano. Anche Bill Clinton detestava Bibi, le sue bugie, le falsità, la vuota retorica e il suo quotidiano sabotaggio al processo di pace. Nel 1999 Clinton non aveva elezioni in America ed ebbe un ruolo fondamentale per farle perdere a Bibi. Il premier israeliano non vuole rischiare di nuovo.
In realtà oggi la situazione è molto diversa. Anche se non fosse in campagna elettorale, Obama non avrebbe tempo da dedicare a Israele. Il suo “grande disegno” è domestico, non internazionale: uscire dalla crisi economica, produrre lavoro, fare grandi riforme sociali. Più Lyndon Johnson che Clinton. L’Obama del discorso del 2009 all’Università al-Azhar del Cairo ce lo dobbiamo scordare. Se ci sarà un po’ di politica estera nel secondo mandato, sarà in Estremo Oriente.
Anche se non fosse così, un presidente americano stanco di Bibi Netanyahu faticherebbe a trovare un avversario da sostenere. La base di Kadima, il primo partito d’opposizione, ha scelto un nuovo leader: Shaul Mofaz, il successore di Tzipi Livni, è forse più a destra e anti-palestinese di Bibi, non ha carisma, è stato l’ultimo del Likud a unirsi a Kadima e probabilmente non vede l’ora di tornarvi. Con lui il partito perderà seggi ma quello che interessa a Mofaz è di mantenerne abbastanza per contrattare con Bibi l’ingresso al governo in cambio del posto di ministro della Difesa, la seconda carica più importante d’Israele. E’ il suo obiettivo esistenziale: far fuori l’odiato Ehud Barak, l’attuale ministro senza un partito decente, e diventare il signore delle forze armate, del quale era stato un capo di stato maggiore tra i meno rispettosi del primato politico su quello dei militari.
Chi si opporrà a Netanyahu, al progressivo slittamento a destra dell’intera società israeliana, al potere dei coloni e a quello crescente dei rabbini nazionalisti? Non il vecchio Labour guidato da Shelly Yacimovich la quale non sembra avere le qualità dell’unica donna che prima di lei aveva guidato il partito, Golda Meir. Forse il nuovo fenomeno Yair Lapid, giornalista di successo che ha fondato l’ennesimo partito di centro sinistra, Yesh Atid, c’è un futuro. Nell’ultimo mezzo secolo la politica israeliana ha saputo masticare e digerire bocconi ben più impegnativi dell’affascinante Lapid.
Chi dunque salverà Israele dalla retorica pessimistica del figlio di Benzion Netanyahu, capace di dedicare interamente il suo discorso nel giorno della Memoria alla minaccia iraniana, “il prossimo olocausto?”. Qualcuno dovrà esserci, in passato Israele è sempre stato capace di riprodurre le sue cellule sane.