Pubblico sul blog l'intervista appena uscita sul sito del Sole-24Ore perchè credo che lo scrittore egiziano sia necessario per capire piazza Tahrir e l'Egitto di oggi.
Fa dire ‘Ala al-Aswani a un personaggio di “Palazzo Yacoubian” (Feltrinelli 2006): “La gente sa che falsifichiamo le elezioni? Io direi di no. Dio ha creato questo popolo per essere dominato. Nessun egiziano sa disobbedire al proprio governo. Certo, vi sono popoli che insorgono. Invece l’egiziano vive tutta la vita sottomesso per tirare avanti. La storia ne è testimone. Il popolo egiziano è il più facile da dominare nel mondo…Dio l’ha creato così”.
“Un momento”, reagisce al-Aswani accendendosi un’altra sigaretta nel posto in cui non dovrebbe farlo, il suo studio da dentista. “Un autore è come un attore: non risponde dei suoi personaggi. Al-Fuli, il personaggio che lei ha citato, giustifica il suo crimine al punto da crederci. Come Mubarak e il suo regime che hanno creduto di poter ingannare senza fine gli egiziani”. Aswani non è solo l’autore del libro più venduto nel mondo arabo dopo il Corano: è anche un simbolo della rivolta di piazza Tahrir. “Palazzo Yacoubian” e i suoi commenti scritti su alcuni giornali molto prima dell’inizio della Primavera (raccolti e tradotti da Paola Caridi nella “Rivoluzione egiziana”, Feltrinelli 2011), ne spiegano le origini. Aswani non ha mai smesso di fare il dentista anche se in questi giorni il suo piccolo studio a Garden City non ha clienti.
Anche se in modo più sguaiato, al-Fuli ricorda il Principe di Salina del “Gattopardo”: nonostante Tahrir, alla fine nemmeno gli egiziani cambieranno.
Gli egiziani sono come i cammelli che subiscono ogni maltrattamento: è molto difficile farne arrabbiare uno ma quando succede non lo ferma più nessuno. Questa volta hanno fatto arrabbiare il cammello. Una rivoluzione viene sconfitta quando il popolo ha paura. Quello che è accaduto in questi giorni dimostra che la gente non ne ha più.
Lei da’ per scontato che piazza Tahrir sia l’Egitto. I militari sostengono che esiste una maggioranza silenziosa.
Chi lo dice non sa niente del fenomeno politico e sociale di una rivoluzione. A gennaio e febbraio nelle strade e nelle piazze del Paese sono scesi 20 degli 80 milioni di egiziani. Nemmeno la rivoluzione francese ha avuto tanta partecipazione. Non credo che i militari abbiano tempo di leggere libri di sociologia ma quella scienza spiega che se vi partecipa il 10%, una rivoluzione è irreversibile. Loro cercano di trasformare piazza Tahrir in un punto di vista. Invece è un movimento radicale che porta a un cambiamento.
Quale è il cuore dello scontro?
In mezzo a tutto ciò che è accaduto e sta accadendo, assistiamo all’ultimo respiro del vecchio regime di Mubarak, interpretato dai militari. Dieci giorni fa hanno cercato di spazzare via i giovani della rivoluzione e di fronte alla loro violenza la gente è tornata in piazza.
Anche l’esercito è parte della società egiziana.
Non saremo mai contro il nostro esercito perché è nostro, non loro, dei generali.
Dunque lo scontro è finito, il regime sta esalando l’ultimo respiro?
Non è finita. I militari hanno fatto in modo che venisse meno la sicurezza, che i prezzi andassero alle stelle come la disoccupazione. Hanno cercato di convincere la gente che è colpa della rivoluzione. Sono rimasti sorpresi quando invece hanno visto la gente unirsi di nuovo ai giovani. Ma ci riproveranno. Una rivoluzione è un’aspirazione umana molto romantica. Ma non è una passeggiata, è una lotta vera che richiederà mesi.
Lei andrà a votare oggi?
Naturalmente.
E se vincono i Fratelli musulmani?
Molti hanno usato la religione per fare carriera politica. Ma non bisogna avere paura di loro: è il regime che li ha usati perché avessimo paura. Io credo invece che siano facilmente integrabili nel sistema democratico.
Molti dei giovani che lei sostiene hanno deciso di boicottare.
Nessuno oggi in Egitto ha assolutamente ragione. Ne abbiamo discusso e continuo a pensare che se boicotti le elezioni boicotti te stesso.