Militarismo senza fine

Pace in Galilea” la chiamò Ariel Sharon, allora ministro della Difesa. L’obiettivo era ciò che il nome in codice diceva: garantire la sicurezza al Nord d’Israele. Era il 1982. Quarantadue anni più tardi, le comunità israeliane al confine con il Libano sono ancora insicure. E di nuovo Israele si prepara alla guerra per una elusiva pace nella Galilea.

La Storia è sempre uno strumento utile per capire le fragilità del presente. L’obiettivo di Sharon era cacciare l’Olp dal Sud del Libano, diventato base dei fedayyin. Doveva fermarsi fra Tiro e Sidone: Sharon, invece, arrivò a Beirut. E quella che doveva essere una guerra-lampo divenne un’occupazione di 18 anni.

Molti degli sciiti che nel 1982 avevano accolto gli israeliani come liberatori, nel 2000 li cacciarono come invasori. I palestinesi non c’erano più. Il loro posto l’aveva preso Hezbollah. Il suo sofisticato arsenale missilistico ha ormai esteso l’insicurezza della Galilea al resto d’Israele.

L’operazione dei cerca-persone esplosivi, allargata anche ai walkie talkie, è stata formidabile: al netto di come il diritto internazionale giudicherebbe l’introduzione di migliaia di ordigni esplosivi in un altro paese. Ma a cosa è servito veramente questo colpo del Mossad? Una risposta potrebbe essere la deterrenza: aver mostrato a Hezbollah quanto Israele sia imbattibile.

Una deterrenza evasiva quanto la pace della Galilea: un attentato dopo l’altro, come stanno facendo da mesi gli israeliani – una serie così umiliante per chi la subisce – prima o poi costringerà Hezbollah e alleati a reagire. Anche se non è loro intenzione allargare il conflitto. Questo gli israeliani lo sanno: a ruoli invertiti avrebbero già raso al suolo Beirut.

Ieri pomeriggio un altro attentato nella periferia Sud di Beirut, controllata dagli sciiti, ha ucciso un capo militare di Hezbollah che aveva preso il posto di un altro, assassinato l’altro giorno. Un nuovo miliziano prenderà presto il suo posto e poi, se sarà necessario un altro ancora. Naim Kassem, numero due di Hezbollah, l’unico autorizzato a parlare con la stampa internazionale, il mese scorso aveva sostenuto che se ci fosse una tregua a Gaza, Hezbollah sospenderebbe il lancio di razzi su Israele. Probabilmente l’ipotesi non verrà mai presa in considerazione dagli israeliani.

Una ricostruzione del New York Times sostiene che gli israeliani non volevano far esplodere l’altro giorno i loro “cavalli di Troia”. Lo avrebbero fatto perché Hezbollah stava per scoprire l’inganno. L’intenzione era di innescarli all’inizio dell’invasione del Libano Sud: avrebbero compromesso le comunicazioni nemiche sul campo di battaglia.

I bombardamenti della scorsa notte e lo spostamento a Nord di alcune brigate fino ad ora impegnate a Gaza, fanno prevedere un attacco entro un paio di settimane. Se sulla continuazione della guerra nella striscia c’è un duro scontro fra i vertici militari e il ministro della Difesa Yoav Gallant da una parte, e Bibi Netanyahu e il resto del governo dall’altra, sull’attacco al Libano sarebbero tutti d’accordo.

Dunque di nuovo la sognata e mai realizzata fascia di sicurezza. Israele aveva tentato di crearla anche nel 2006: quando Hezbollah aggredì e rapì i soldati di una pattuglia al confine. Gli israeliani distrussero le infrastrutture del Libano ma non vinsero. Il risultato sarebbe costato il posto al premier Ehud Olmert.

Come è accaduto alla fine dei 18 anni di occupazione fino al 2000, e dopo la guerra del 2006, per rimuovere il problema non basta l’operazione del Mossad: bisogna impegnare le truppe di terra.

Dopo un anno di combattimenti, Hamas non è stata eliminata, come prometteva Netanyahu. Ora gli israeliani dovrebbero combattere di nuovo tra le colline del Libano Sud, uguali a quelle della Galilea ma piene di trappole e postazioni nemiche: in un terreno più insidioso di Gaza, contro una milizia meglio armata e più addestrata di Hamas. In questi anni Hezbollah ha tenuto in piedi il regime fantasma del siriano Bashar Assad, ha combattuto in Iraq contro l’Isis (in certi momenti collaborando con gli americani).

E’ possibile che Hezbollah possa perdere ma ha la forza per negare la vittoria a Israele. Tuttavia una guerra così quanto contagerebbe la regione e quante distruzioni causerebbe? La prima vittima sarebbe il Libano: vittima di una classe politica inetta e corrotta; di un sistema fallito; delle vendette israeliane che colpiscono anche cristiani e sunniti, istintivamente ostili alla milizia sciita filo-iraniana. Ma soprattutto vittima di Hezbollah, padrone del Libano senza essersi mai assunto l’onere di governarlo.

 

  • habsb |

    Nel 2016 il presidente USA nonché premio Nobel per la pace Barak Obama ha firmato con Israele un accordo con il quale gli USA si impegnano a regalare a Israele ogni anno 4 miliardi di dollari di armamenti
    Eccolo qui il militarismo senza fine di Israele che deve smaltire questi armamenti colpendo all’impazzata a Gaza, in Libano, in Siria, in Iran etc etc

  • carl |

    Anche Lei sembra “s’épater” per il sotterfugio della manipolazione dei cercapersone e di altre elettronicherie, ecc. in tutto e per tutto come un altro giornalista (Redaelli) che sul “mite ed ispirato “Avvenire” parla di: “..strabigliante dimostrazione di micidiale efficienza (al di là di ogni considerazione morale)..” e di “Operazione che sembra uscita da un film hollywodiano..”
    Quanto all’ipotesi pubblicata sul NYTimes è plausibile…credibile..possibile…? E cioè che i cercapersone, ecc. sarebbero stati fatti scoppiare anzitempo.. Dato che in realtà erano destinati a creare scompiglio nelle comunicazioni dell’avversario in concomitanza con il programmato attacco al Libano Sud…? In ogni caso ricorrendo ai beeper/cercapersone, “hezbollah” ha dimostrato di diffidare dei cellulari, ritenendoli sicuramente intercettabili.. Ma qui dovremmo, come minimo, fare un salto di scala e riflettere sul fatto che, anzichè internazionalmente cooperare per affrontare i tanti gravi e pure seri problemi sul tappeto mondiale, si sta invece confliggendo e cercando “rogne” con nazioni che sono sicuramente in grado di creare non pochi ed enormi problemi e non solo nell’ambito dell’ICT (Information Communication Technology), ma anche in altri.. Vien da chiedersi se da qualche parte nel mondo si reputi di essere in condizione (e magari “sine die”) di inibire/escludere ogni possibile ed immaginabile evento, progetto, suggestione, calcolo, ecc. da parte di questo o quell’altro attore geo-politico..?

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