Cina, la lunga marcia verso la democrazia

ChinaPadre Régis-Evariste Huc, missionario del XIX secolo, scriveva che “La civiltà cinese ha origine in un’antichità talmente remota che risulta vano cercarne il punto d’inizio. Nel suo popolo non c’è alcuna traccia di un’età infantile. Nella storia delle nazioni siamo abituati a rintracciare un ben definito punto di partenza”.

 Di una civiltà, continuava Huc, capita ”di assistere alla sua nascita, di osservarne l’evoluzione, lo sviluppo e, in molti casi anche il declino e il crollo. Ma non è questo il caso della Cina. I cinesi sembrano aver sempre vissuto nel medesimo stato di sviluppo di quello attuale”. Anche Mao, conquistato il potere nel 1949, non fece altro che riprendere a suo modo il cammino del “Regno di mezzo”, come non ci fossero mai state le guerre con le potenze coloniali occidentali e più di 150 anni di decadenza.

  L’osservazione di padre Huc, ripresa da Henry Kissinger nella sua monumentale e fondamentale “Cina” (Mondadori 2011), è necessaria per capire anche il terzo Plenum del XVIII congresso del Pcc, appena concluso. Non è esattamente chiaro cosa sia stato davvero deciso: la crescita economica sarà spettacolare ma i riti e la trasparenza restano sempre quelli della liturgia comunista. Il sinedrio dei 7 membri permanenti sui 25 del Politburo, domina su tutto. Il Plenum con i suoi 400 delegati, è solo un minimo esercizio di collegialità.

  Anche se il Corriere della Sera ha fatto dei titoloni, in realtà si possono solo leggere fra le righe le 5mila parole del comunicato finale: come facevano con la Pravda i corrispondenti a Mosca, prima dell’era Gorbaciov. Non è annunciato cosa sia stato concretamente deciso e quando le decisioni del Plenum saranno applicate. La parola “riforme”, tuttavia, è citata 59 volte e qualcosa questo significa, considerando il pragmatismo della lingua di legno dei comunisti cinesi.

  Ci saranno importanti cambiamenti verso l’economia di mercato; forse ci saranno liberalizzazioni finanziarie, soprattutto per le banche private di medio e piccolo livello. Anche le imprese statali devono essere riformate: ce ne sono tre che da sole hanno il monopolio assoluto nel settore petrolifero, ferroviario e delle telecomunicazioni in un sistema di 1,3 miliardi di utenti.

   Come sostengono i sinologi (materia vagamente più scientifica dell’antica cremlinologia), Li Jimping è un presidente “politicamente conservatore, economicamente liberale”. Il premier Li Keqiang è conservatore anche in economia, tuttavia dai tempi di Deng la Cina ha sempre fatto riforme economiche e quasi mai quelle politiche. In un certo senso l’idea di democrazia che da trent’anni hanno i leaders cinesi è un concetto pratico più che idealistico: sfamare tutti i cinesi, creare una classe media e ora, sembra, l’ultimo Plenum avrebbe deciso di permettere alla gente di avere più di un figlio.

  Gli esperti sottolineano che le crescenti libertà economiche e la montante ricchezza degli individui sono sempre più insostenibili senza le libertà politiche. Una trasposizione della regola americana della “no taxation without representation”. E’ evidente che un giorno anche la Cina inciamperà nella sua grande contraddizione. Il problema è capire quando. E qui torniamo alle osservazioni di padre Huc: la Cina ha tempo perché si ritiene senza tempo, essendo certa di essere nata già adulta, qualche millennio fa.

  Quando viaggiavo o vivevo nei Paesi illiberali, chiedevo sempre quando i loro capi pensassero di avviare qualche modello di democrazia. A Teheran mi rispondevano che la “democrazia islamica” esisteva già; nella Bagdad di Saddam Hussein parlavano di “democrazia araba”; a Cuba mi illustravano la loro “democrazia popolare”; a Mosca quasi mi arrestavano.

   In Cina, invece, riconoscevano che avevo ragione: “E’ vero”, dicevano. “Il nostro non è un Paese democratico. Prima dobbiamo sfamare il popolo, poi creare un mercato, una borghesia (sia pure “socialista”, come insistevano), una società economicamente più giusta”. Di democrazia, prevedevano, si sarebbero occupati entro un quarantennio. Frequentavo la Cina negli anni ’90 e all’inizio del nuovo secolo, quando era impegnata nella sua marcia piuttosto rapida verso il Wto. Di tempo per la democrazia, dunque, ne hanno ancora. Ma non le sfuggiranno, come in Estremo Oriente è già accaduto al Giappone, alla Corea del Sud e ora a Myanmar. 

Tags:
  • carl |

    @davideb
    Mah..Quello che lei ha posto mi sembra l’ennesimo dilemma di “lana caprina”..
    La storia narra che appena conclusasi la Rivoluzione d’ottobre/novembre e preso il potere politico, non per nulla Lenin prese anche quello bancario..:o) E a fare, bene e/o male, il “banchiere” fu lo Stato e per motivi di Stato, ecc…
    Io però mi riferivo, soltanto/unicamente, all’arte che – salvo in parte e per quanto riguarda la “governance” (una parolina chic..:o),nè?)- oggigiorno continuano a praticare solo in Cina.
    Quale arte? L’arte del programmare.. Quella, del resto, che ogni cervello ben esercitato possiede o può possedere ed esercitare al meglio. L’arte che gli psico-specialisti definiscono “simulazione mentale”, ovviamente non nel senso degenere che, col tempo e certe prassi, ha parallelamente acquisito.
    Mi limito a questa precisazione derivata dal Suo intervento e non ne farò più.

  • davideb |

    Verissimo, ma la democrazia socialista non mette in dubbio la supremazia del partito comunista cinese, come quella occidentale non mette in discussione il dominio delle banche. E tra le banche e un gran partito comunista le persone credo preferiscano il partito

  • carl |

    Come disse quel tale:
    “Prevedere, specie il futuro, è umanamente difficilissimo..”. Certo, l’uomo “evoluto” del XX/XXI secolo può pianificare..Oh pardon! Ad eccezione della Francia, da noi in occidente è “politically correct” dire tutt’al più “programmare”..Ma neanche quello si fa e men che meno in economia, finanza, ecc. Lo si fa solo per quanto riguarda la “vacanze” che si programmano anche un anno prima.. Le cose serie invece no., ci si barcamena, ci si arrabatta, si cerca di galleggiare.. Tanto..
    Comunque sappiamo che nella storia dell’economia c’è stato il fenomeno senza precedenti del Comecon, nel quale chi più aveva forniva agli altri le materie prime e non a prezzi di mercato.. Incredibile, ma vero.. Sappimao che con la fine dell’URSS è finito anche il Comecon. E ora anche la Russia fa pagare le materie prime a prezzi di mercato..
    In Cina programmano, anzi pianificano, ancora e forse in tal modo (a meno che la corruzione e/o un revival delle triadi ci mettano lo zampino) eviteranno i tanti e grossolani errori commessi ed accumulati dall’occidente anglo-sassonizzato.. Nel quale grazie ad Assange e sopratutto ad Edward Snowden sappiamo che c’è già un’intelaiatura Orwelliana (da “Fattoria degli animali” e “1984”..) per cui se i nodi venissero al pettine, se i problemi accumulati apparissero irrisolvibili, potrebbe anche paradossalmente accadere che i paladini della democrazia, della libertà di espressione ecc, i filantropi.. giungano alla conclusione che, come già accadde nella prima metà del secolo scorso, la carota vada sostituita con il bastone..
    E di candidati pronti a sporcarsi le mani ce ne sono di sicuro anche in questo nuovo secolo, e senza bisogno di andarli a cercare su “linkedin”..:O)
    Conclusione
    L’oriente sarebbe avviato verso la democrazia mentre in occidente..?
    Mah..?
    Insomma, come disse quel tale:”Prevedere è umanamente difficilissimo…”
    Tuttavia….

  Post Precedente
Post Successivo