Siria, missili e cannoniere

Marina russaChe emozione, le cannoniere come ai vecchi tempi! Quando le grandi potenze europee mandavano un paio di navi davanti alle coste dell’indigeno riottoso: a volte si sparava un paio di colpi ma nella gran parte dei casi bastava mostrarsi come galli cedroni per ottenere  lo scopo e continuare a esercitare “il fardello dell’uomo bianco”.

  Come in quei vecchi tempi, Vladimir Putin avrebbe deciso di mandare una flottiglia nel Mediterraneo per mostrare i muscoli: il pretesto è la Siria di Bashar Assad, quello che non ha particolari problemi a massacrare e gasare la sua stessa gente; l’obiettivo i nemici di Bashar, da Washington al Qatar. Vladimir Vladimorivich ha dell’essere potenti un’idea piuttosto antiquata. Non tanto quella dell’epoca della Guerra fredda. Più indietro: all’età imperiale e coloniale.

  Non c’è niente di male, eccetto la visione piuttosto sopravvalutata della potenza russa. Se le navi torneranno nel Mediterraneo sarà per un’allegra e limitata escursione che non deve intimorire nessuno. Sprecheranno tanta nafta ma è una delle poche cose che la Russia produce in abbondanza. Né Tartus, in Siria, oggi ha i mezzi per essere la base di una grande flotta per un lungo periodo.

  Insieme alle cannoniere, Putin ha però deciso
di offrire alla Siria qualcosa di molto più serio. Una partita di missili
terra-mare Yakhont, tra i più moderni al mondo per affondare navi nemiche fino
a 400 chilometri dalla costa; e una di S-300, antiaerei terra-aria. Poiché le
opposizioni siriane non hanno una Marina, questa arma russa è rivolta ai loro
amici: un deterrente per chiunque da fuori volesse intervenire militarmente
contro il regime di Damasco, protetto da Mosca. Il pericolo, in realtà, non
sussiste. Qatar e sauditi non hanno i mezzi per farlo, Francia e Gran Bretagna hanno
la tentazione ma non la sufficiente volontà, gli Stati Uniti hanno mezzi in
abbondanza ma volontà zero.

  La novità dello Yakhont e degli S-300, una
specie di Patriot russi, che rafforzano l’arsenale missilistico del regime, già
dotato di SA-17, efficacissimi ordigni antiaerei terra-aria (sempre russi), è
un buon pretesto per riesaminare l’idea della “no fly zone” sulla Siria. In
questi giorni ne hanno parlato il ministro degli Esteri Bonino e della Difesa
Mauro, come soluzione per uscire dall’attuale stallo militare.

  Interdire i cieli della Siria alla sua
aviazione non significa semplicemente pattugliarli. Occorre eliminare la difesa
contraerea, colpire preventivamente le basi e gli aerei nemici, bombardare
arsenali e riserve di carburante. In Libia fu un lavoro piuttosto facile.
Nonostante questo, nel primo attacco del marzo 2011 contro una forza armata
enormemente inferiore a quella siriana, furono lanciati 112 missili Tomahawk su
20 obiettivi diversi. Per sperare di avere successo, ha spiegato l’anno scorso
il capo di Stato maggiore Martin Dempsey al Comitato per la Difesa del Senato
di Washington, la “no fly zone” sulla Siria richiederebbe “un esteso periodo di
tempo e un grande numero di aerei”. E diversamente dalla Libia, dove “guidarono
da dietro”, gli americani dovrebbero stare in prima linea. Con le ultime novità
tecnologiche offerte dalla Siria, costringere a terra le forze armate del
regime, sarebbe ancora più oneroso.

  Per Israele, tuttavia, SA-17 e Yakhton non
sono un’ipotetica minaccia come per noi, ma un pericolo evidente e immediato.
Sono quelle armi capaci di cambiare le regole del gioco giocato fino ad ora a
favore dello Stato ebraico: superiorità tecnologica, aerea, navale e dunque
strategica. Più delle eventuali armi chimiche, era per distruggere gli SA-17 in
viaggio dalla Siria agli arsenali libanesi di Hezbollah, che Israele è
intervenuta tre volte in poche settimane.

  Quel che serve non è una “no fly zone” ma una
seria conferenza di pace: il successo è difficile quanto interdire i cieli
della Siria ma se funzionasse, sarebbe più utile. E’ per avere più forza
diplomatica che Putin usa cannoniere e missili: è il tradizionale modo di fare
dei russi, piuttosto rude.

  Alla conferenza dovrebbero partecipare tutti
i protagonisti: quelli sul campo, i Paesi più coinvolti della regione, più Usa,
Russia ed Europa. E si dovrebbe trovare il coraggio di invitare anche i
soggetti più scomodi, in quanto tali, alla fine più importanti dopo regime e
opposizioni siriane: l’Iran, Hezbollah e Israele. So di parlare di sesso degli
angeli: miracoli in Medio Oriente non se ne fanno da un paio di millenni. Se
andrà bene ci sarà una conferenza con partecipazione e risultati più limitati.
Ma è sempre meglio della “no fly zone”. 

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  • Luciano |

    Putin fa benissimo a mandare una flotta in appoggio alla Siria e a fornire le armi più moderne. Potrebbe e dovrebbe fare molto di più. Si sta ripetendo uno scenario già visto in Iraq e in Libia, col rischio che la Russia – giustamente – perda la pazienza. E le armi e i mercenari che Usa, Europa e Turchia mandano continuamente in Siria? Non una parola di tutto ciò?

  • mario |

    Ginevra, 6 mag. (TMNews) – I ribelli siriani hanno fatto uso di gas sarin nel conflitto in corso nel Paese. Lo ha affermato l’ex procuratore del Tribunale penale internazionale e membro della Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sulle violazioni di diritti umani in Siria, Carla Del Ponte.

  • Stefano |

    Articolo falso e tendenzioso. Reprimere una rivolta è conforme al diritto internazionale, ingerire negli affari interni di un paese no.
    I ribelli gassano, foraggiati dalle monarchie del golfo.
    LUNGA VITA A BASHAR ASSAD!

  • ddp |

    grazie Ugo Tramballi

  • carl |

    Dot.Tramballi stavolta faccio anch’io un digressione”missilistica” e mi dica se sbaglio..A quale proposito?E’ presto detto.Tempo fa lessi che tra i tanti armamentari (tra i quali spiccano 100/200 ordigni nucleari),sottomarini ristrutturati, vettori misslistici, satelliti, ecc.lo Stato ebraico stava mettendo a punto anche una versione del suo missile “Jericho” che sarebbe stata in grado di raggiungere i 6500 km. “Min..ia!” pensai leggendo la notizia. Ma chi hanno sulla lista nera a simili distanze ?
    D’altra parte se consideriamo la sua estensione territoriale, la sua popolazione doc, il suo PIL e gli altri parametri cui usualmente ricorrono gli analisti di geo-politica, Enbè! sembrerebbe che lo Stato in questione ambisca annoverarsi tra le cosiddette “grandi potenze” dell’orbe..! Se sbaglio mi corregga. Stravedono o sono “orbi”? Loro (cioè coloro che li rappresentano e governano) sicuramente direbbero che stravedono e che sono particolarmente devoti a Darwin…
    Concludendo, non Le chiedo come andrà o rischia di andare a finire, perchè sò bene che neanche Lei ha la sfera di cristallo, quarzo o plastica..:o)
    Sorrido, ma conformemente a quell’interpretazione freudiana (l’unica che condivido senza riserve) che vede nell’umorismo, nell’ironia, ecc.spesso anche un segno, un’ammissione di impotenza per quanto concerne la realtà circostante e che deriva dalla percezione della difficoltà (se non dell’impossibilità) di una sostanziale miglioria della stessa. Per cui non rimarrebbe che ridere, sorridere, ironizzare, ecc.
    Ed infatti la nostra è un epoca nella quale l’umorismo, l’ironia, il cabaret, ecc. specialmente a livello popolare ma non solo, sono molto diffusi e spesso vertono anche su cose, problemi gravi e pure seri, come direbbe Flaiano..

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