L’uomo che odiava la Primavera

ImagesCALXTWZR“Gli unici arabi capaci di ottenere vittorie nell’era delle sconfitte della Nazione Araba”, si diceva di Hezbollah. Lo si diceva quando la vittoria o la sconfitta si giudicava con il solo metro del confronto con Israele. Oggi per un numero crescente di arabi l’unità di misura è la loro stessa libertà dai regimi che li avevano oppressi e che in alcuni casi come in Siria, continuano a farlo.

  E’ per questo che il movimento sciita libanese, il partito di Dio, è preoccupato. Fino a che riguardavano i dittatori amici dell’Occidente, i “traditori” che avevano fatto la pace con Israele, le Primavere andavano bene. Quando è iniziata anche in Siria, la rivolta si è trasformata in complotto dei nemici della Nazione Araba: gli americani e gli israeliani. Come aveva detto l’altra estate Hassan Nasrallah, le Primavere “sono il Medio Oriente che abbiamo sconfitto nel 2006 e che sta ritornando”. Il capo supremo di Hezbollah si riferiva alla guerra che sei anni fa aveva scatenato con una certa leggerezza. In realtà non l’aveva vinta: aveva impedito agli israeliani di vincerla al prezzo della devastazione di mezzo Libano.

  Mentre il regime siriano sparava ad altezza d’uomo sulla sua popolazione, Nasrallah denunciava “i sette no di Netanyahu a uno Stato palestinese”. Anche l’Iran è preoccupato di ciò che sta accadendo a Damasco ma è un Paese e ha il petrolio. Hezbollah è una milizia e ha solo la Siria: padrino e retroterra del suo potere locale, arsenale della sua forza militare, intermediario essenziale fra le grandi ambizioni iraniane e quelle del partito di Dio sciita libanese.

   Hezbollah potrebbe vivere benissimo senza la Siria ma dovrebbe accontentarsi di essere solo un partito libanese. Invece servendosi della “resistenza” a Israele e accumulando un arsenale più potente di quello misero dell’esercito regolare, è padrone del Libano ed è un attore regionale. Non avendo alcun interesse sui costi, è l’unico che può fare un’altra guerra agli israeliani.

  La mentalità che sorregge il partito di Dio di fronte alle Primavere arabe è spiegata da Khaled Saghieh, direttore del quotidiano libanese al-Akhbar. Hezbollah “non possiede un programma riformista in Libano. E’ pronto a sacrificare molti dei principi del processo democratico, qualora tali principi dovessero essere in contrasto con quelli che esso considera gli interessi della resistenza”.

Esattamente come il suo nemico principale, Israele, Hezbollah pensa che le Primavere arabe siano una minaccia e non un’opportunità. Per questo è più pericoloso della Siria. La tentazione di riportare il mondo arabo alle sue origini, a Israele come solo problema della regione, scatenando una nuova provocazione, è forte. Il giorno in cui Bashar Assad avrà l’acqua alla gola (ancora non ce l’ha), Hezbollah avrà urgenza, ideologia e armi per provarci ancora.

  L’agenzia di rating Moody’s ha di nuovo attribuito all’economia libanese un “B-1”, come negli anni passati: non è molto ma è il massimo che possa ottenere un Paese arabo non petrolifero. Deboli finanze pubbliche ma un forte sistema bancario privato che sostiene un prolungato boom edilizio senza essersi indebitato. La crescita è vulnerabile, dice Moody’s, condizionata da “potenziali shock politici interni e internazionali”. Ma intanto si costruisce e Beirut è bella come sempre. I libanesi hanno sempre amato compiacersi del momento che vivono, sapendo di farlo tutte le volte sul filo di un rasoio.

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    la panoramica descritta è preoccupante, ma con un finale moderatamente ottimista, colorato da un arcobaleno libanese

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