PERCHE’ SLOW NEWS SERVE ANCORA

NY-Times-Logo_250 Il nome potrebbe ingannarvi: slow news in contrapposizione alla rapidità della notizia, il vecchio giornalismo di carta contro quello del web. Sono un giornalista del XX secolo, non posso negarlo, ma non vecchio al punto da essere così ottuso e da avere tempo per dedicarmi a battaglie di retroguardia.
Sono qui, in rete, perché convinto non se ne possa fare a meno. Potrei dire che credo nella rete ma è un’affermazione troppo stupida: è come quando si dice “credo nella pace” o “credo nella penicillina”. Non si può non stare dalla parte di qualcosa di utile, ormai necessaria. Inoltre una nuova generazione di giornalisti si sta facendo le ossa nei siti ed è giusto avere rispetto del loro lavoro. Ogni volta che un giornalista della carta stampata si cerca spazio nel web è anche un segno di riconoscimento nei loro confronti. Le grandi firme e i direttori di domani sono già al lavoro nei siti.

 Tuttavia, senza dimenticare quello che scrive il mio amico Michele Mezza nel suo ultimo libro (“Sono le news, bellezza!”, Donzelli, 2011, l’imminente fine della stampa su carta, drammaticamente documentata), sono duro a morire. Qualche giorno fa al Festival di Internazionale, a Ferrara, ho visto “Page One: A Year Inside the New YorkTimes”. E’ il documentario girato nel 2010 da Andrew Rossi. Una specie di “Salvate il soldato Ryan” del giornalismo cartaceo. Il messaggio del film è che il giornalismo di qualità è un termometro dello stato di salute di una società civile. Ma il giornalismo di qualità costa. E noi di soldi ne abbiamo sempre meno.



Credo non verrà mai meno la necessità dell’analisi e del ragionamento, dell’inchiesta e del reportage. Di un giornalismo che continui a macinare informazione su un binario più lento di quello del Frecciarossa. La slow news, appunto. Un giorno il web farà anche questo: quando il mercato avrà fatto le sue selezioni naturali e quando sarà trovata la formula che risolva la voragine fra informazione gratuita e costo del giornalismo qualitativo.
Nell’attesa il web offe notizie in tempo reale e garantisce pluralità di voci. In realtà anche nel vecchio giornalismo tentavamo di essere il più veloci possibile: è nella natura di questa professione, qualsiasi veicolo di diffusione si usi. Quello che nella sua immediatezza la rete non assicura è la verifica delle fonti e dunque la correttezza dell’informazione.
Nell’attesa è in moto un corto circuito. Un esempio. Il primo giorno della rivolta libica la tv al-Arabiya diffonde la notizia di 10mila morti a Tripoli. I siti la riprendono immediatamente, anche quelli dei giornali ufficiali. La mattina dopo e per molti giorni ancora, nonostante la smentita tutti gli inviati dei quotidiani mandati in Libia devono mettere nelle loro corrispondenze quella bugia, sapendo che lo è (si chiama paura del “buco”). Qualche tempo dopo una giovane collega, ammettendo l’errore all’”Infedele” di Gad Lerner, dice: “Abbiamo sbagliato, anche i giornalisti a volte sbagliano”. Diecimila morti in un giorno solo? Non occorre la tessera dell’Ordine per capire che è una cifra sospettosa. Nemmeno nel D-Day, il 6 giugno 1944, con 500mila soldati in Normandia, ci sono stati tanti morti. Ma non c’era tempo per riflettere. La notizia su Tripoli era su tutti i siti e non si poteva più ignorare. Bisognava darla: meglio pubblicare una notizia falsa che non averla.
Questo è un blog di politica estera. Volevo chiamarlo Diplomacy. Ma sono un giornalista di esteri, non un accademico della materia. E oltre alle vicende internazionali mi interessa il modo in cui informiamo. Perché nel bene e nel male il modo in cui informiamo condiziona la diplomazia oltre che le idee dei lettori.

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  • nadia |

    La falsa notizia di 10mila morti a Tripoli ha permesso/giustificato il bombardamento della Libia e la guerra civile ancora in atto. Quelli che hanno dato la notizia, ( notizia a prima vista falsa ) dovrebbero riflettere sulle conseguenze della loro superficialità !
    Ben vengano le Slow News e il ritorno di un giornalismo di qualità.

  • renata |

    grazie!! avevo fame di “mondo”

  • riccardo accetta |

    era ora che slow news venisse alla luce!!!perche’ non anche in inglese?potrebbe interessare a molte persone.

  • Matteo |

    La notizia falsa data da al-Arabiya all’inizio delle rivolte in Libia è ripresa anche nell’interessantissimo opuscolo di Augusto Valeriani “Twitter Factor” che prosegue il ragionamento su notizie, immediatezza e contenuti.

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