Qualche giorno fa è morto il professor Augusto Camera. Non solo chi ha avuto la fortuna di frequentare il liceo classico statale Giosuè Carducci di Milano, dovrebbe sapere chi fosse. Camera-Fabietti, “Elementi di storia”: quanti di voi hanno studiato su questo libro?
Sia Camera che Renato Fabietti, morto giusto dieci anni fa, insegnavano al Carducci di Milano. Così Salvatore Guglielmino (“Guida al Novecento”), scomparso vent’anni fa. Nella seconda metà del secolo XX ho frequentato la sezione E: nessuno dei docenti che ho citato è stato un mio insegnante diretto ma ognuno di loro, attraverso i testi che hanno scritto e la loro presenza fisica al Carducci, mi hanno influenzato. E in ogni caso anche nel mio corso ho avuto alcuni maestri di grande levatura. Se c’è qualche cosa di buono in me, se sono stato capace di diventare un citoyen, lo devo in buona parte a loro.
In questi tempi di riforme e di polemiche sulla scuola, di sfiducia, di sospetto, di fuga dei cervelli con pochi rimpatri, la morte del prof Camera ha creato un piccolo miracolo. Dopo averne dato notizia, la mailing list della nostra “Associazione Carducciani” mailinglist@carducciani.org , è stata invasa dai messaggi degli ex studenti. Partendo dal prof Camera, ognuno ha ricordato anche i propri insegnanti. Per ciascuno di noi è stato un pretesto: siamo tornati in quella che forse è stata la stagione più divertente della nostra vita. Nonostante per molti di noi avesse coinciso con un’epoca di grande violenza politica, gli anni Settanta.
Ma non è stato solo un esercizio di nostalgia. Ogni messaggio era la prova che se il nostro sistema scolastico non è mai stato una macchina efficiente, qualcosa di valido e importante lo ha creato. Senza ricordi solidi personali e collettivi, è difficile diventare cittadini.
Forse non sarei diventato giornalista senza la constatazione del professor Giuseppe Tramarollo, il mio insegnante al ginnasio, che è l’incipit di questo blog (lo trovate in alto a destra): “Caro Tramballi, lei è un buon venditore di fumo, le consiglio di fare il giornalista”, mi disse alla fine di un’interrogazione di latino. Ma il prof Tramarollo, un vecchio repubblicano mazziniano, sempre in giacca e farfallino, e che ci dava del lei, ha dato molto di più ai suoi studenti, generazione dopo generazione. Come il prof Aldo Boniti le cui grandiose lezioni sulla Commedia (te lo do io Roberto Benigni!), erano solo una parte del suo impagabile insegnamento civile. Come il prof Mario Zambarbieri per il quale tenere lezioni di greco antico non era una professione ma una ragione di vita.
Questi sono stati i miei educatori. Non credo esista definizione migliore. Non tutti i miei vecchi compagni hanno partecipato alla catena di testimonianze per la morte del prof Camera. So per certo che per alcuni di loro è stata una scelta politica e secondo me hanno sbagliato. Camera e Fabietti avevano una visione “faziosa” della storia che insegnavano, erano marxisti. Lo so bene. Io ero – e in fondo sono sempre rimasto – un liberale gobettiano (Piero Gobetti, “La rivoluzione liberale”, un liberal ante litteram). Dissentivo da molte interpretazioni dell’epoca contemporanea che dava “Elementi di storia”. Non ero un marxista, come figlio di una profuga fiumana non avrei potuto esserlo. Ed effettivamente il Camera-Fabietti trattarono con grande superficialità ideologica la tragedia dei giuliano-dalmati.
Ciononostante, il punto è che quei professori mi hanno aiutato a pensare, criticare, protestare, a ritenere di avere delle cose da dire e di avere il diritto di farlo. Anche a trasformare in professione la mia capacità di vendere fumo.