Armare la democrazia

Il bilancio indiano per la Difesa nell’anno finanziario 2025/26 aumenterà del 9,53%. Due anni prima erano già stati spesi 83,6 miliardi di dollari – il 2,4% del Pil – e l’India era stato il quarto paese al mondo quanto a spese militari, dopo i soliti Usa, Russia e Cina. L’Arabia Saudita era stata la quinta: 75,8 miliardi, il 7,1 del Pil. Già nel 2022 gli indiani avevano speso più di 81 miliardi di dollari.

La Cina continua a mantenere segreto il suo arsenale nucleare ma gli Stati Uniti sono convinti che nel 2035 avrà 1.500 testate operative: avvicinandosi alla quantità dispiegata sia da Usa che da Russia (più di 1.700). Cresce senza sosta anche l’arsenale convenzionale cinese. Qualche anno fa il partito aveva stabilito che la Cina si auto- proclamerà superpotenza solo nel 2049, centenario della Repubblica Popolare. Xi Jinping ha deciso che la modernizzazione militare avverrà in tre fasi: nel 2027, 2035 e ’49.

Il presidente ha ordinato all’Esercito popolare di liberazione – le forze armate – di essere attrezzato per invadere Taiwan, appunto per il 2027: fra due anni, mese più, mese meno. E il partito deve essere “pronto per la tempesta”, senza specificare di quale bufera stesse parlando.

Il riarmo indiano e saudita non minaccia l’Europa. Nemmeno quello cinese: sebbene i porti nel Mediterraneo acquistati e le vie commerciali acquisite dal piano della Via della Seta potrebbero un giorno essere difesi. In fondo è così che nel XVIII e XIX secolo nacque l’impero britannico, prima commerciale, poi militare e politico. Tuttavia il notevole attivismo asiatico nel campo della difesa ci aiuta a capire dove va il mondo.

Già alla fine del 2020 Xi aveva annunciato al Comitato centrale del Partito comunista che “l’Oriente sta crescendo e l’Occidente declinando”. Forse no, ma aveva tutta l’aria di essere l’incipit di un programma imperiale. E’ utile ricordare quelle parole del presidente cinese ora che il secondo mandato di Donald Trump sembra confermare quella minaccia riguardo alla tenuta della civiltà occidentale.

Ma se indiani, sauditi e forse nemmeno i cinesi sono un pericolo imminente per l’Europa, la Russia di Vladimir Putin lo è. L’anno scorso i paesi europei avevano speso 457miliardi per la Difesa: era sembrata una cifra enorme, considerando che si trattava del doppio di quanto avevamo investito nel 2014, quando Putin si prese Crimea e province orientali Ucraine.

Secondo l’International Institute for Strategic Studies, l’IISS di Londra, nel 2024 la Russia ha speso 146 miliardi di dollari: il 35% di tutte le spese dello stato, il 40% più dell’anno precedente, il 6,7% del Pil nazionale. Ma se quei 146 miliardi vengono calcolati in termini di parità del potere d’acquisto – utilizzata in paesi come la Russia dove le spese nazionali sono significativamente più economiche del mercato mondiale – quei 146 miliardi diventano 461,6, secondo l’IISS.

E’ difficile dire se per l’Europa siano più preoccupanti le spese militari russe o le dichiarazioni spesso seguite dai fatti, di Donald Trump. A ogni opinione pubblica del vecchio continente non fa piacere riarmarsi. Ma in nessun paese il dibattito è così radicale e divisivo come in Italia. Nemmeno in Spagna che è ancora più lontana di noi dai confini russi: storicamente, fra i membri Ue la serietà di un problema si misura dalla sua distanza geografica.

La Russia non invaderà l’Italia ma può farlo in diversi paesi dell’Europa orientale che sono nostri alleati: condividono le stesse libertà e per averle hanno sopportato decenni di oppressione russa, prima zarista, poi sovietica. Questi valori non sono gratuiti: conquistarli e poi difenderli costa. Fra tali virtù che ci distinguono, c’è anche la solidarietà. Se Putin è un pericolo reale per i nostri alleati, lo è anche per noi.

L’accordo fra americani e ucraini su una possibile tregua, è una magnifica notizia. Ma non basta per spingere a ritenere superfluo ReArm Europe: nemmeno se i russi vi aderissero. L’interruzione delle ostilità è solo una pausa: come la tregua di Gaza, non risolve le cause del conflitto.

Che si chiami ReArm o DeFend Europe non cambia nulla, a meno che non si cerchino pretesti. Il mondo non è quello che vorremmo fosse, non possiamo ignorarlo. Ancor meno credere che Vladimir Putin non sia quello che realmente è: un dittatore pericoloso. Piaccia o no, e anche se sembra un paradosso, la deterrenza rimane uno strumento di difesa della pace.

E se ReArm avesse avuto la presunzione di finanziare un esercito continentale che non esiste, i tempi sarebbero stati troppo lunghi. Ma è ovvio che l’obiettivo debba essere quello. Oggi l’Europa ha sei volte il numero di sistemi d’arma degli Stati Uniti: troppi carri armati, artiglierie, navi diverse da un paese all’altro con costi inutili. ReArm è un essenziale passo verso il vero obiettivo della nostra difesa comune.

  • carl |

    @habsb
    Lei volutamente sorvola sul fatto che io non ho la minima intenzione di prendere parte all’ennesima diatriba in merito a questo e/o quello.. E quella sull’automazione coesiste con quelle sul cambiamento climatico, l’A.I. ecc..
    Infatti, sono consapevole di lasciare il tempo che avrò trovato e di conseguenza nel mio piccolo mi limito ad osservare e ragionare su come sono andate, stanno andando e (per quanto umanamente possibile) come è probabile che andranno, o finiscano per andare, diciamo, le cose..
    Nel suo embrione di analisi Lei nel Suo commento mi limito a dire che Lei ha totalmente omesso di notare che il “progresso tecno-scientifico” è stato accompagnato da guerre sempre più micidiali distruttive ed globali, che hanno avuto anche tutto un seguito di effetti “congiunturali”…
    E, purtroppo, non ci sono segni di cambiamento nell’andamento delle cose. E men che meno nella gestione dell’economia la cui complessità è, peraltro, anche del tutto inimmaginabile al grosso della “truppa”, democraticamente o autoritariamente gestita che essa sia.. E anche questa “non conoscenza/percezione” ha non poca importanza, effetti, ricadute, ecc.
    Ma, per una vera e propria analisi a 360° di questo nostro tempo e delle sue (prob) prospettive,
    ci vorrebbero non solo dei veri politici ma anche libri/rapporti/trattati, ecc. altrettanto autorevoli, oltre che comprensibilmente ed intelligentemente elaborati che, purtroppo, non vedo… E non mi dica di andare dall’oculista..:o)

  • habsb |

    egr. sig. Carl

    Le rispondo con i dati: i primi 4 paesi al mondo per utilizzazione di robot industriali sono nell’ordine : SudCorea, Singapore, Germania e Giappone. Hanno tutti dei tassi di disoccupazione intorno al 3% , ossia fra i più bassi del pianeta.

    L’efficacia dei loro processi industriali robotizzati permette loro di raggiungere un’alta qualità dei prodotti, venduti in tutto il mondo. E i redditi cosi’ ottenuti possono finanziare altre attività.
    Mancano in Italia e negli altri paesi occidentali i programmatori informatici, gli infermieri, gli idraulici e tante altre figure professionali certamente più utili e remunerative della tuta blu che stringe bulloni.

    Questi dibattiti hanno luogo da secoli, ogni volta che un’invenzione minaccia una rendita di posizione.
    Nell’ottocento il telaio meccanico e l’eletricità, osteggiati da tessitori e carbonai. Nel novecento gli autoveicoli, odiati da cocchieri e barrocciai e poi i trattori, che richiedono ormai meno agricoltori
    Ma queste invenzioni non hanno portato alla disoccupazione di massa, anzi, il progresso risultante ha permesso di occupare tante persone che prima vegetavano nelle campagne o nei tuguri cittadini.

    Non dimentichiamo poi che anche nel nostro piccolo, noi privati cittadini non abbiamo esitato a congedare il personale domestico di servizio che lavava, puliva, cucinava, grazie ad elettrodomestici sempre più efficaci. Per non parlare del computer che ci aiuta nella contabilità di casa.
    Con quale diritto allora chiediamo alle imprese che ci fanno vivere di rinunciare all’automazione che abbiamo plebiscitato nelle nostre abitazioni ?

  • carl |

    @habsb
    Ho l’impressione che anche Lei in merito alla robotica, ecc. ci veda soltanto, o sopratutto, il “progresso tecnologico”…
    Mentre, pur senza entrare nella diatriba pro/contro, inviterei sia Lei che altri eventuali “habitués” del blog a fare, ad esempio, anche più di una pensatina in merito a ciò che ha fatto seguito allo sviluppo della “meccanizzazione” in ambito agricolo, ove dal 50% (e in certe nazioni anche il 70%) di occupati nel settore nell’occidente nostro si è arrivati a un raggrinzito 2-3% di addetti..
    Inotre, e sempre per quanto riguarda la diffusione di automazione e robotica, inviterei tutti a pensare se sarà semplice (e “automatico”..) trovare/offrire un’occupazione alternativa nel famoso terziario e quaternario avanzato che, peraltro, sono anch’essi destinati ad una sempre maggiore automazione/robotizzazione specie, ma non solo, a dei cinquantenni ex metallurgici e ad ex di altri settori che saranno sostituiti (certuni forbitamente dicono “soltanto affiancati”..) da bracci elettro-meccanici ed altri marchingegni capacissimi di svolgere azioni anche estremamente più precise delle loro (al mm.) e, ovviamente, non aderenti al “robosindacato”.. e, va da sè, anche disponibili (cioè programmabili) per lavorare senza fiatare 24 h su 24 e 7 gg su 7 alla sola condizione che non manchi l’elettricità…

  • habsb |

    sig. Carl
    il robot è una macchina come un camion, un’autovettura, una lavatrice o un computer;
    Certo che le lavatrici hanno tolto un impiego a milioni di lavandaie, e i camion ai barrocciai.
    Tutta gente che oggi fa lavori più utili e più piacevoli

  • carl |

    @habsb
    Ancora un’ultima risposta, perchè l’esempio da Lei citato, e cioè quello di un “robot”, a sommesso parere di chi scrive, può creare malintesi e dissensi..
    In ogni caso lungi da me l’intenzione di partecipare “gratuitamente” alla diatriba tra coloro che vedono negativamente l’adozione dell’automazione e robotizzazione nelle fabbriche, e coloro che se ne dichiarano entusiasti..
    Accenno invece al crescente ruolo che indubbiamente sono destinati ad assumere nelle guerre i cosiddetti “robot killers”, e cioè con licenza di uccidere.. Nonostante le voci che reclamano una regolamentazione etica mirante ad impedirne la realizzazione..
    Ed infatti così come, per quanto riguarda la manipolazione genetica, qualche anno fa nella nota rivista medica “The lancet” fu pubblicata la convinzione che: “..tutto ciò che in genetica si rivelerà fattibile sara fatto…”, lo stesso vale per la robotica bellica..
    Per non parlare del ruolo dei robots in una futuribile società dispotica.. E si può facilmente immaginare che ancor più dei subordinati umani (come “H.Arendt scripsit”) , non succederà mai che quelli robotici obiettino ad un ordine impartito loro informaticamente, qualunque esso sia…

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