Vite parallele di Vlad & Bibi

Il momento più spassoso di una stagione di tragedie era stato quando, a novembre, Vladimir Putin aveva telefonato a Benjamin Netanyahu per rimproverarlo dei bombardamenti indiscriminati su Gaza. Un comportamento disumano, avrebbe protestato il russo. Fare e ricevere la chiamata era probabilmente stato un reciproco atto dovuto e non è esagerato immaginare che ne abbiano riso insieme.

Vite parallele di Vlad & Bibi (è comune che gli israeliani diano un soprannome ai loro capi, meno che a Mosca sia consentito farlo con Putin). Entrambi sono i protagonisti assoluti delle due grandi guerre che stanno preoccupando il mondo: causa di massacri, sofferenze, instabilità politiche e incertezze economiche.

Entrambi sono i più grandi sostenitori di Donald Trump fuori dai confini americani. Una vittoria del repubblicano a novembre sarebbe come riscuotere una polizza assicurativa: una garanzia di impunità e continuità politica e bellica. Putin aveva rotto ogni rapporto con Joe Biden il giorno dell’invasione ucraina. Netanyahu definitivamente solo pochi giorni fa, riaffermando che uno stato palestinese non nascerà mai. Ma da tempo i suoi rapporti con la Casa Bianca erano tesi.

Fra i leader occidentali -così lui si percepisce –

Netanyahu è l’unico a non essere mai andato a Kyiv (nemmeno i suoi predecessori Bennett e Lapid). Israele è anche l’unico paese a non aver dato all’Ucraina armi offensive cinetiche ed è molto parco riguardo a quelle difensive. E’ anche l’unico dove invece gli oligarchi di Putin vanno e vengono, investendo senza ostacoli. Molti di loro sono di religione ebraica e hanno automaticamente diritto al passaporto israeliano.

Nelle numerose elezioni di questi anni in Israele, a pochi giorni dal voto Bibi è sempre stato ricevuto al Cremlino fra rulli di tamburo, come di solito si fa con i pochi alleati della Russia. Fosse stato ebreo e avesse avuto il passaporto israeliano come Roman Abramovich e Oleg Deripaska, Putin avrebbe votato per lui. L’unico pregio dell’autocrate di Mosca è di non essere mai dato segni di antisemitismo: non è poco per un nazionalista russo.

C’è anche un importante vantaggio strategico per Israele, garantito dall’amicizia fra i due leader. Nonostante la Russia continui a presidiare i cieli di Damasco, quando l’aviazione israeliana lo ritiene necessario, bombarda basi e installazioni iraniane in Siria. L’Iran è uno stretto alleato di Mosca, produce i droni usati sull’Ucraina. Ma a Netanyahu, Putin lascia sempre fare. E viceversa riguardo alle alleanze in Medio Oriente.

Israele, in fondo, è stato fondato dai russi: Golda Meir e i genitori di Yitzhak Rabin erano nati in Ucraina, Ben Gurion e il padre di Netanyahu nella Polonia annessa all’impero zarista, Shimon Peres in Bielorussia. Negli anni Trenta a Tel Aviv il russo era più diffuso dell’ebraico.

Vlad e Bibi sostengono entrambi modelli antiquati per i loro paesi: il primo sta tentando di ricostruire una Russia imperiale zarista; il secondo una Grande Israele biblica promessa da Dio. In realtà lui non è mai stato religioso: porta la kippah le poche volte che è costretto a entrare in una sinagoga per una cerimonia ufficiale. Finge di essere diventato timorato di Dio perché lo sono i suoi alleati di governo: è il potere, non la fede, a guidarlo.

Il mantenimento del potere a qualsiasi prezzo è un’altra grande similitudine fra i due leader. A costo di invadere un paese sovrano; a costo di continuare una guerra oltre il necessario. Perché non c’è Bibi senza guerra né guerra senza Bibi.

Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu nei loro paesi godono entrambi di un consenso popolare in due modi molto differenti. Putin semplicemente con la brutale repressione di una dittatura che s’inventa finte elezioni presidenziali (il prossimo marzo). Per Netanyahu la cosa è più complessa.

Bibi è il politico più impopolare d’Israele: 15%. Ma, dicono anche i sondaggi, altrettanto invisa al paese è l’idea di uno stato palestinese. E nessuno quanto Bibi è ostile a questa eventualità. Alla fine della guerra, quando Biden cercherà d’imporla, la caparbietà di Netanyahu potrebbe rivelarsi vincente, nonostante gli israeliani lo detestino.Tutto sarebbe più facile se nel frattempo Trump fosse tornato alla Casa Bianca. Vlad & Bibi ne sarebbero estremament rallegrati.

 

  • habsb |

    “Putin aveva rotto ogni rapporto con Joe Biden il giorno dell’invasione ucraina. Netanyahu definitivamente solo pochi giorni fa, riaffermando che uno stato palestinese non nascerà mai. ”

    Estremamente discutibile !
    I rapporti tra Putin e Biden sono morti non appena Biden è stato eletto, quando gli hanno fatto leggere un famoso discorso in qui qualificava il leader russo come un volgare assassino. Cosa rarissima in tutti gli annali della storia per qualsiasi leader di grandi potenze mondiali.
    I rapporti tra Netanyahu e Biden, invece, sono saldissimi e al bello stabile. Se Biden volesse veramente rompere i rapporti con Netanyahu (ad esempio per forzare una soluzione a due stati, non solo con belle parole che non costano nulla) non invierebbe le sue navi militari a difendere Israele, non gli cederebbe miliardi di dollari in armi, non fornirebbe preziose informazioni grazie alle reti satellitari, non bombarderebbe i vicini ostili a Israele. Rompendo veramente i rapporti con Netanyahu, la soluzione a due stati si farebbe in 24 ore.
    Cosi’ come rompendo i rapporti con Zelinski, la pace in Ucraina si farebbe in 24 ore, come promesso da Trump

  • carl |

    Stavolta l’articolo straripa di ciò che in Francia definiscono “politique politicienne” e che, in realtà, è praticata ovunque, specie in occidente, ma non solo.. Infatti anche i cosiddetti autocrati non disdegnano di ricorrervi, non ultimo perchè anch’essi sanno che ‘sto mondo su tutto e tutti incombe la precarietà.. E, pertanto, bisogna valutare attentamente ogni mossa.. E se in occidente si tiene sopratutto conto del fatto che la democrazia è non solo “il peggior sistema di governo, salvo..ecc.”, e che tanti elettori sono, sul piano psichico, delle “banderuole” in preda all’aria e alla manipolazione che tira.. Nelle autocrazie i facenti funzione pur non dovendo tener conto di ciò che inficia il metodo democratico, essi debbono comunque attentamente valutare sia la psiche umana che quelle poche, sommarie ed arbitrarie regole che in qualche modo persistono nei rapporti internazionali.. La prima essendo quella di evitare gli eccessi, a meno che non riguardino e/o accadano in aree molto limitate e marginali come, ad esempio, Gaza..
    Infine, essendo stato citato il concetto di religiosità, così come non credo che Putin sia un convinto “ortodosso” perchè a volte è stato visto accendere moccoli in un edificio di culto, ciò vale anche per quanto riguarda la religiosità di questo o quel personaggio appartenente al popolo ebraico, nonostante indossi la kippah, vada in sinagoga, menzioni la Bibbia, ecc. e lo stesso vale per lo zucchetto, ecc. di questo o quel membro del policromo, cerimonioso e suggestivo clero catto-romano. Insomma, credo che al pari di coloro che veracemente si esercitino in una vera e propria razionalità, filosofia e scienza (specie di quelle sue branche definite “dure”) anche la religione sia, o possa essere, una cosa seria.

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