Poche cronache sull’arresto dell’ufficiale di Marina italiano che passava informazioni ai russi, hanno resistito alla tentazione di scrivere: “…sembra di essere tornati ai tempi della Guerra Fredda…”. Oltre ad essere piuttosto banale, la considerazione rivelava ingenuità, ignoranza o entrambe: in pace, in guerra o nella loro via di mezzo – appunto la Guerra Fredda – le spie non hanno mai smesso di lavorare.
Anche la Guerra Fredda non è mai finita del tutto: forse ha avuto una fase di stanca nel decennio di decadenza eltsiniana tra la fine dell’Urss e l’avvento di Vladimir Putin. Che era uomo del Kgb. Ma anche in quell’epoca le spie hanno continuato a spiare. Il furto d’informazioni è un’attività praticata da quando esistono società umane organizzate, prima ancora che prendessero il nome di stato. E non è praticata solo fra nemici ma anche fra amici. Nel 1986 Jonathan Pollard, analista dell’intelligence della Marina americana, fu scoperto a spiare per conto del Mossad israeliano.
Della nostra ultima vicenda Italia-Russia, quello che ci dovrebbe colpire non è che una spia faccia il suo mestiere in territorio avversario; né che ci sia un traditore per scelta ideale, ideologica, denaro, amore o noia. Tutti quelli scoperti hanno sempre avuto un immediato e silenzioso rimpiazzo. Stupisce piuttosto che di questa vicenda ne sia stata data rilevanza mediatica: anche notevole con nomi, volti, indirizzi d’ufficio e di casa, dettagli e perfino immagini dell’operazione e della contro-operazione.
Le reazioni di parte russa sono state di stupore: non perché a Mosca non fossero informati della missione delle loro spie ma per la visibilità che ne è stata data. Se due paesi non sono palesemente in guerra, successi, fallimenti e tradimenti restano segreti nella grandissima parte dei casi.
Se è accaduto il contrario – c’erano già stati episodi simili in Bulgaria e Olanda – è perché siamo di nuovo in una vera guerra fredda: cold war, kholodnaya voynà. Rispetto alla Guerra Fredda originale, questa nuova rivisitata non merita ancora le maiuscole che solo la Storia può rilasciare.
Dopo la presidenza Trump, quattro anni di tentato isolazionismo e soprattutto di misteriose zone d’ombra nei rapporti fra lui e Putin, è il momento di quella che gli americani chiamano retribution: punizione, vendetta. I rapporti della Cia nelle mani di Joe Biden, sono piuttosto chiari su quanto Mosca avesse interferito sul risultato delle elezioni del 2016. Forse sanno anche cosa si dissero i due presidenti al summit di Helsinki del 2018, quando Trump pretese di avere un colloquio con Putin senza testimoni tranne gli interpreti: non era nelle regole che di un incontro a un così alto livello non ci fossero minute.
A quel vertice sembrava che l’avversario degli Stati Uniti non fosse la Russia di Putin ma l’Europa. Le cose ora sono cambiate. E’ sulle sue storiche alleanze che punta l’America di Biden, un’arma che Russia e Cina non possiedono in misura così imponente. Gli alleati in Asia, in Europa intesa come Nato e Ue, e ogni singolo paese europeo: tutti sono stati richiamati alla mobilitazione, abili e arruolati. In un certo senso il clamore dato all’operazione di contro-spionaggio italiana è come quando Biden disse in un’intervista di ritenere che Putin fosse un assassino: non sono i singoli atti o parole che contano ma il messaggio che contengono nella sua accezione più ampia.
Rispetto alla Guerra Fredda originale, questa nuova guerra fredda ha alcune diversità rilevanti. Oggi il mondo è più globalizzato; è interconnesso nelle telecomunicazioni, la tecnologia, i commerci, le catene distributive; le grandi tematiche come i virus e i mutamenti climatici richiedono di essere affrontate collettivamente.
Inoltre non ci sono più solo Washington e Mosca: c’è un quartier generale anche a Pechino, ormai più potente e insidioso della Russia. Mi auguro che presto si distingua anche l’Unione Europea in questo contesto internazionale che sta diventando sempre più quadri-polare: un altro elemento che distingue la Guerra Fredda, bi-polare, da questa a lettere minuscole.
Buona Pasqua a tutti. Anche alle spie di tutto il mondo. E in fondo anche ai traditori, senza i quali lo spionaggio non saprebbe che pesci pigliare.