Dall’ambasciata americana a Mosca, il 22 febbraio 1946 George Kennan scrisse al dipartimento di Stato un telegramma speciale. La guerra era finita da meno di un anno e a Washington si continuava a credere che l’Unione Sovietica fosse ancora l’alleato col quale era stato sconfitto il nazismo. Di solito i telegrammi, cioè i rapporti cifrati dei diplomatici sul campo, erano e continuano ad essere succinti per cercare di essere anche letti al ministero e non solo archiviati. Quello di Kennan, intitolato “Le fonti del comportamento sovietico”, fu così inusualmente lungo da essere ricordato come il “Long Telegram”.
Kennan non è entrato nella storia per questo ma per aver lanciato un allarme e spiegato la nuova “Grand Strategy” sovietica. Mosca non era più un alleato, l’obiettivo di Stalin era un confronto mortale con gli Stati Uniti e un’espansione nell’Europa occidentale fino alla vittoria del comunismo. Alla fine il sistema sovietico sarebbe imploso a causa delle sue contraddizioni, sosteneva Kennan. Nel frattempo consigliava di adottare una “politica di contenimento”.
Il seguito è parte della storia: Guerra fredda, corsa al riarmo atomico, conflitti regionali in Asia e Africa; ma anche equilibrio del terrore e proficua collaborazione alternata a momenti di crisi da Nikita Krusciov in poi, che hanno evitato una guerra fra le due superpotenze.
Sono stati necessari più di 40 anni ma alla fine l’Urss è implosa, sebbene la Russia di Putin non sia molto diversa e meno pericolosa. Sarà così anche con la Cina di Xi Jinping?
Quando il “Long Telegram” fu pubblicato dalla rivista Foreign Affairs, Kennan si firmo con una “X”.
Nel tentativo di ripetere la storia è apparso un altro telegramma, questa volta firmato “Anonymous”, reso noto da Atlantic Council, il think tank di Washington attivo sostenitore del primato americano e dell’Alleanza atlantica.
Il titolo è “The Longer Telegram” – perché è lungo più del doppio di quello di Kennan – “ Toward a New American China Strategy”. Cioè cosa devono fare gli Stati Uniti per affrontare il rapido e ambizioso espansionismo cinese.
Ritornato al Marx-leninismo classico e al culto della personalità sul modello maoista, Xi Jinping ha posto tutto sotto il rigido controllo del partito: anche l’economia privata. “La sua Cina assomiglia sempre più a una nuova forma autoritaria di stato di polizia”, premette l’anonimo presentato da Frederick Kempe, presidente di Atlantic Council, come un “ex funzionario governativo di alto livello con una profonda esperienza cinese”. Diversamente da quella di Deng Xiaoping, Jiang Zemin e Hu Jintao, i predecessori che aderivano allo status quo internazionale, Xi ha trasformato la Cina in una potenza revisionista: ha creato un “panorama strategico” totalmente nuovo e pericoloso per gli Stati Uniti e i suoi alleati: “Xi non è solo un problema per il primato Usa. Rappresenta un serio problema per l’intero mondo democratico”.
L’America dopo Trump si divide sull’impeachment dell’ex presidente, la riduzione del diritto di voto delle minoranze, lo stimolo pandemico da 1.900 miliardi. Ma sulla minaccia cinese, democratici e repubblicani sono risolutamente bipartisan. In fondo Trump aveva “suonato l’allarme” ma i suoi sono stati “sforzi episodici”, la loro realizzazione “caotica e a volte contraddittoria”. Prima di stabilire un comportamento, scrive Anonymous, l’America deve chiarire a se stessa quali sono i suoi obiettivi strategici riguardo alla Cina.
La dottrina del contenimento di Kennan non può essere applicata di nuovo. La Cina ha studiato la lezione dell’Urss. Serve dunque “una politica qualitativamente diversa e granulare” piuttosto che “un semplice contenimento dalle caratteristiche cinesi”: di sfida e collaborazione a seconda di cosa ci sia in gioco.
Il Pcc non farà la stessa fine del Pcus. Ma, è scritto anche sul “Longer Telegram”, nemmeno il partito cinese è un monolito: è diviso sulle politiche imposte da Xi e sulle sue ambizioni. Tuttavia il massimo che si possa sperare è che la Cina comunista torni al suo precedente status quo strategico e che Xi possa cadere per una crisi economica. Dalla fine della Rivoluzione Culturale “piena occupazione e crescita dei livelli di vita sono il contratto sociale non scritto fra il partito e i cinesi”.
L’attuale presidente e segretario generale del Pcc vuole conseguire “un ordine globale sino-centrico”, mantenere una “preponderanza militare” in Asia, cambiare il primato globale del dollaro, la preminenza tecnologica e finanziaria dell’America. Dietro all’ “amorfo concetto di una comunità dal comune destino per tutta l’umanità” si nasconde l’ambizione di “una nuova concezione gerarchica e autoritaria dell’ordine internazionale”.
La strategia cinese degli Stati Uniti, sollecita Anonymous, deve essere il mantenimento di tutti i suoi primati, “ancorata ai valori e agli interessi nazionali”: e soprattutto al suo sistema di alleanze. Solo così potrà mantenere la preminenza globale che Xi vuole insidiare. Ma entro un decennio al massimo i cinesi smetteranno di temere un conflitto militare con l’America. Per questo gli anni Venti di questo secolo “saranno uno dei decenni più pericolosi nella storia delle relazioni Usa-Cina”. E’ la logica di Tucidide: prima o poi la potenza in carica (l’America) e quella emergente (la Cina) “cercano di saggiarsi attraverso azioni unilaterali, reazioni spropositate o anche con la prevenzione armata”.
Mi sembra ovvio che il “Longer Telegram”, come già il “Long”, ci voglia dire che stiamo andando incontro a una nuova guerra fredda. Sperando che resti solo fredda in questo e nei prossimi decenni.