Dal Muro di Berlino a Novorossiya

eurasiaTriturato dalla cronaca e da un malevolo revisionismo storico, il venticinquesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre, rischia di passare come un evento minore della nostra epoca. Peggio, negativo come un golpe di Pinochet.

Era tutto più facile quando c’erano l’Urss e il comunismo, dicono molti egoisti: noi di qua e loro di là, in un grande e ordinato compromesso di gestione mondiale. Continuo a pensare che sarebbe salutare se da qualche parte del mondo ci fosse un po’ di comunismo vero: ma qui parliamo di quello sovietico che è stato solo uno dei più inetti e repressivi sistemi di potere conosciuti.

Gli egoisti non tengono conto dei novanta milioni di europei dell’Est che 25 anni fa vivevano sotto il giogo di Mosca e non avevano accesso a nessun genere di mercato: quello socialista non esisteva. Né tengono conto che il pacifico equilibrio fra Occidente e mondo sovietico si reggeva sulle guerre per procura che combattevano altri in Medio Oriente, America Latina, Asia e Africa.

Un fremito di emozione attraversa tuttavia le menti e i cuori dei nostalgici ora che Vladimir Putin ha preso la scena europea, in uno scontro sull’Ucraina che a Mosca sembra per la vita o la morte. Novorossiya, la nuova Russia, come ormai le regioni separatiste sono state battezzate da Putin, è solo un inizio. Il suo revisionismo viene venduto come la lotta di un Robin Hood che vuole ridare al suo bistrattato Paese la ricchezza e la dignità che lo sceriffo di Nottingham americano e i suoi sodali, le hanno tolto. In un atroce complotto organizzato nonostante le promesse fatte ai russi, la Nato e la UE insieme si sarebbero allargate a dismisura. L’obiettivo? Isolare la Russia, impoverirla, lasciarla in una condizione al massimo da potenza regionale.

Nessuno, nemmeno al Pentagono, è così sciocco da ignorare che un Paese con nove fusi orari abbia cose da dire in svariate regioni del mondo. La realtà è un po’ diversa e molto più pericolosa. Nella denuncia dell’espansione a Est delle organizzazioni rimaste fino a 25 anni fa a Ovest del Muro, i sostenitori del revisionismo russo dimenticano che ai nuovi socio la Nato richiede la sottomissione dei militari al potere civile. E che la UE pretende l’adozione di leggi per il rispetto dei diritti umani, del libero scambio, della trasparenza del sistema giudiziario. Con qualche dubbio sulla Turchia, che è nella Nato ma non nella UE, non c’è Paese membro delle due organizzazioni che non sia palesemente democratico.

Quello separato di Unione europea e Alleanza atlantica non è stato espansionismo ma graduale e condizionato allargamento. Nel 1992 l’accesso della Polonia nella Nato era stato negato perché considerato prematuro. Due anni più tardi, in cambio del riconoscimento delle frontiere ucraine, la Russia aveva ricevuto tutte le armi nucleari delle repubbliche ex sovietiche (quelle strategiche stazionate in Ucraina erano 1.900). E nel 2008 in seguito a un’obiezione russa, la Nato aveva detto di no all’adesione di Georgia e Ucraina.

Essendo quello di Putin un revanscismo vero, figlio della storia sovietica e di quella zarista, nella sua visione del futuro il territorio e la potenza militare contano più di ogni altra cosa. Un paio di settimane fa a Roma l’Istituto Studi di Politica Internazionale, l’Ispi di Milano, aveva organizzato un interessante confronto fra i think tank europei e russi. In realtà più che un dibattito è stato un monologo russo su come risolvere la crisi ucraina a vantaggio della Russia. Perché è così che ragionano laggiù, oggi: non esistono programmi di riforme economiche, infrastrutture, servizi sociali su cui discutere. Solo riarmarsi, tornare alla geopolitica d’un tempo e la necessità quasi nevrotica del riconoscimento della potenza russa nel mondo.

Con i russi al convegno di Roma non c’era possibilità di valutare l’impatto a breve e lungo termine delle sanzioni economiche occidentali. Ma solo il sicuro effetto distruttivo che “certamente” avranno sulle nostre economie, non sulla loro. Un esperto ha ammonito che l’Europa rischia di perdere in Russia il mercato più grande dei suoi beni di consumo: al suo posto avrei trovato più preoccupante che nessuno di quei beni consumati dai russi sia prodotto in Russia.

Un’altra esperta moscovita ha distribuito una cartina per dimostrare nei numeri che il futuro non è nella Ue ma nell’Unione economica euro-asiatica creata dai russi. La cosa più importante per lei non era quanto noi esportiamo nel mondo ma la vastità geografica dell’unione putiniana alla quale aderiscono Bielorussia, Armenia e Kazakhstan: 20 milioni di chilometri quadrati contro i nostri quattro. Come sempre il territorio. Non le popolazioni, il loro benessere, quali opportunità avranno dentro quel gigantesco spazio geografico. Come scrive Henry Kissinger nel suo ultimo magnifico saggio (“World Order”, Penguin Press 2014, New York), “Qualsiasi cosa riguardi la Russia – il suo assolutismo, le dimensioni, le ambizioni globali e le insicurezze – si pone come un’implicita sfida al concetto tradizionale europeo di ordine internazionale costruito sull’equilibrio e la moderazione”.

Se l’anniversario della caduta del Muro segnerà il consolidamento di una nuova barriera più a Est, fra Vecchia e Nuova Russia comunque nata vecchia, forse la colpa non è del 1989 europeo. Per dirla con Montesquieu, gli eventi della storia non accadono mai per caso. Con o dopo Putin, prima o poi anche i russi lo capiranno.

  • svetlana |

    Autore che aveva letto Robin Hood prima di avventurarsi di scrivere sulla Russia ed Ucraina avrebbe dovuto sfogliare anche la storia russa. Demonizzazione di Putin nella stampa occidentale è vergognosa e molto cheap che dimostra totale ignoranza della storia senza la quale non è possibile per voi occidentali di capire i fatti di Ucraina. Est ucraino ribelle fu chiamano NOVOROSSIA non da Putin ma da Katerina seconda nel 700.

  • andrea |

    Tempo fa lessi una articolessa di un sedicente analista che si rallegrava (bontà sua) del fatto che Putin avesse perso l’Ucraina. Il fatto, ben più gravido di conseguenze geo-politiche,che in realtà siamo noi ad aver perso la Russia, è evidentemente troppo ovvio, per interessare certe raffinatissime teste d’uovo. Se la Nuova Guerra Fredda esistesse davvero, sarebbe virtualmete già vinta. Non da noi, stavolta.

  • jp |

    Mi permetto di fare due osservazioni. Mi sembra veramente ingenuo pensare che gli USA e l’Europa siano interessati al benessere del popolo ucraino mentre laggiù (in Russia) contino solo “tornare alla geopolitica d’un tempo” e “la necessità del riconoscimento della potenza russa nel mondo”. In Ucraina ci sono state, da una parte, manifestazioni e proteste, sfociate poi in un vero e proprio colpo di stato, basate su motivi più che legittimi, e, dall’altra, il successivo non-riconoscimento di tale colpo di stato nelle regioni del Donbass basato su altri motivi, legittimi anch’essi. Tale conflitto ovviamente non poteva rimanere confinato a livello locale (anzi, in realtà fin dall’inizio non è stato un conflitto solo locale!) perché l’Ucraina è considerato, da un lato, un interesse strategico fondamentale della Russia e, dall’altro, perché, di fatto, rientra nella strategia di espansionismo o allargamento perseguita dalla NATO nei confronti della Russia. Il sostegno di queste grandi potenze è legato essenzialmente a motivi geo-politici, altro che le popolazioni, il loro benessere e le loro opportunità! Inoltre il fatto che “non c’è Paese membro delle due organizzazioni che non sia palesemente democratico” vuol dire ben poco: sicuramente non ha impedito i bombardamenti, seppur democratici, ma è una magra consolazione, sulla Serbia, non gli interventi in Iraq e Afghanistan, non, più recentemente, il precipitare la Libia nel caos..

  • carl |

    A me sembra che
    a)gli eventi della storia, ed in particolare quelli peggiori sono sempre stati attribuibili ai decisori, alle sedicenti”élites” di volta in volta di turno.. No?
    b)anche S.Romano, almeno sulla carta, ritiene diciamo non positivo l’espansionismo della NATO (leggi mondo egemone) reiventata e ristrutturata dopo il 1990. Ed anche che la politica estera anglosassone non collima sempre e comuqnue con quella europea
    c)a Vicenza – a 70 anni dalla fine della guerra e a 20 dalla dissoluzione dell’URSS – c’è stato un raddoppio della base mlitare usa che ha come compito (esplicitato anche nella denominazione AFRICOM)di “occuparsi” del’Africa.. Anche ma non tanto inviando mezzi e personale a contrastare l’ebola..che peraltro fino a poco tempo fa era un fatto mortale, ma marginale rispetto/nell’insieme dei problemni africani..
    d)nel dibattito dopo una conferenza di un noto esperto in geopolitica VM.P. dissi che molte popolazioni africane scenderebbero a ballare nelle strade e nelle piazze se disponessero dei sistemi d’istruzione, sanitari, previdenziali,ecc. di cui disponevano i cittadini russi fino agli anni 90..
    Cosa rispose il relatore? Qualcosa di equivalente a “si, ma mia nonna suonava le nacchere..:o)”.
    Un relatore, tenendo il microfono per il manico,può anche rispondere così.. tanto nessuno in sala avrà qualcosa da obiettare..

  • Pierpaolo |

    Quello di Berlino è caduto, ma ci sono ancora altri muri che devono cadere.

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