Di tanto in tanto, quasi incidentalmente, si riparla di arsenali nucleari. Come fosse cosa da poco: a proposito, a parte la crisi economica, i giovani del mondo che non trovano lavoro, la Siria, gli egoismi europei, eccetera, vi ricordate delle bombe atomiche? No, non quelle ipotetiche che potrebbero costruirsi gli iraniani e infiammare il Medio Oriente. Intendo gli arsenali che già esistono, le 10mila bombe nostre e dei russi. Ecco, quelle. Bene: forse ve ne sarete dimenticati ma le abbiamo ancora.
Barack Obama è stato meno colloquiale davanti alla porta di Brandeburgo, dove altri suoi predecessori avevano già autorevolmente parlato. Ha fatto un discorso dei suoi, dedicato al mondo meraviglioso che verrà, che per forza dovrà venire ma del quale continuiamo a non vedere le avvisaglie.
“Intendo andare oltre l’atteggiamento nucleare della Guerra fredda”, ha detto Obama facendo più una confessione che una promessa. Quel mondo bipolare di ideologie in lotta mortale sarà finito. Ma Stati Uniti e Russia continuano ad avere una “nuclear posture”. Cioè a considerare le armi atomiche al centro della loro strategia difensiva. Come ai tempi del Dottor Stranamore. La Guerra fredda è terminata ma non c’è epoca della storia che non lasci le sue scorie in eredità alla successiva.
Proponendo di ridurre di un terzo gli
arsenali di Usa, Russia e quelli molto più piccoli degli altri membri del
Consiglio di sicurezza dell’Onu – il club nucleare “legittimo”: Cina, Francia e
Gran Bretagna – Obama si riferiva alle 2.202 testate balistiche americane e le
2.787 russe “operative”, capaci di essere usate subito e colpire da un continente
all’altro, uscendo e rientrando nell’atmosfera.
Se calcoliamo
anche le bombe in disuso, più gli ordigni dei “fuorilegge” India, Pakistan,
Israele e Nord Corea, esistono nel mondo ancora 19.500 bombe. L’”approssimazione” è del Bulletin of the
Atomic Scientists – 18 premi Nobel e altre teste d’uovo del pianeta – il quale
ricorda che oltre ai già nominati, ci sono altri 40 Stati che possiedono
materiale fissile per fabbricare una bomba. Una trentina hanno la capacità
tecnologica per assemblarne una e renderla operativa con un vettore o un
lanciatore: un missile, un sommergibile, un bombardiere, un supercannone.
La conseguenza tratta dagli scienziati del
Bulletin è che il mondo continua ad essere a “sei minuti dalla mezzanotte”,
cioè dall’armageddon nucleare che distruggerà il mondo. Nel 2010 a Praga, Usa e
Russia avevano firmato il trattato START II per ridurre a 1.550 ciascuno gli
arsenali strategici. Ma non è accaduto nulla.
Sono in tanti a tenersi strette le loro
bombe. Per Putin sono una ragion d’essere: senza, la Russia non è più una
superpotenza. Come in Campidoglio a Washington e al Pentagono, dall’altra parte
del Potomac: la bomba è sempre il simbolo supremo del macismo americano. Il
tempo passa, i bilanci si restringono e mantenere un arsenale, aggiornandolo
tecnologicamente, costa. Ma loro non sanno rinunciare al totem della bomba.
Nemmeno quando non serve averne così tante, Neanche quando, come arma, è sempre
meno utile con il mutare del nemico dalla caduta del comunismo all’11
Settembre.
La nuova proposta di Barack Obama
nell’allegorico scenario di Berlino, la ground zero della Guerra fredda, quando
Usa e Urss avevano più di 50mila testate, è nello spirito del Trattato sulla
non proliferazione: non puoi convincere gli altri, quelli fuori dal club
legalizzato da un’interpretazione della Storia, a non farsi la bomba, se tu che
la possiedi almeno non riduci il numero delle tue. Almeno fare finta che sei
sulla buona strada per arrivare, parole di Obama, “a un mondo libero dalle armi
nucleari”.
E’ immorale che cinque nazioni siano
autorizzate ad averle e gli altri no. L’intrinseca ingiustizia della regola è
un’istigazione a violarla: è un miracolo che fino ad ora l’abbiano fatto solo
India, Pakistan, Israele e Corea del Nord. Sono gli stessi membri permanenti e
nuclearizzati del Consiglio di sicurezza Onu a dimostrare che oltre le belle
proposte di Obama, nel mondo chi ha la bomba conta più di chi non ce l’ha. Senza,
Usa e Cina sarebbero potenze sdentate; la Russia non sarebbe una potenza;
Francia e Gran Bretagna non conterebbero nulla.