Non ci sono trattati né annunci di qualche genere. Quello fra Barack Obama e Xi Jinping nell’oasi californiana di Palm Spring voleva essere solo un incontro informale. Ma è proprio questa l’importanza storica dell’evento: la sua casualità. Il capo degli americani e il capo dei cinesi – per dirla con semplicità – hanno cercato di fare amicizia. Nei prossimi mesi capiremo se ci sono riusciti.
Prima di Xi nessun presidente cinese aveva accettato la proposta di un incontro così, in maniche di camicia. Una volta Jiang Zemin aveva anche indossato un cappello da cow boy ma solo come divertissement all’interno di un vertice ufficiale. Insomma, i cinesi avevano sempre tenuto le distanze, preferendo la cena di gala della Casa Bianca alle pacche sulle spalle.
Certo, l’idea di migliorare i rapporti per aggirare e isolare la Russia, come negli anni Settanta fecero Nixon e Kissinger con Mao e Zhou Enlai, c’è. Ma allora era l’idea. Ora è solo uno dei motivi dell’incontro, e non fra i più importanti. Putin vende ai suoi l’idea che la Russia sia fondamentale. Invece è solo importante, non più necessaria. E lo è solo per il petrolio e per l’arsenale nucleare: non per demografia, produzione industriale, ricerca o tecnologia. Stati Uniti e Cina sono invece i più grandi produttori di economia del mondo, hanno cose, hanno futuro: sono il futuro, sia pure in un mondo più multipolare rispetto al passato.
Per questo la Storia è a Palm Spring. Non nel
massacro siriano; non nello scisma senza fine tra sciiti e sunniti e ancora
meno nella questione fra israeliani e palestinesi. La Storia non è nemmeno nel
tentativo goffo, micro-nazionalista della visione bottegaia con la quale noi
europei affrontiamo i problemi dell’Unione. E spero che gli italiani si siano
ormai convinti di essere l’estrema periferia del mondo sviluppato: quella che
non ha nulla di nuovo da offrire al mondo, salvo notizie di colore come le
vicende giudiziarie di Berlusconi.
La settimana scorsa, nell’edizione del 5
giugno il Financial Times aveva pubblicato un interessante grafico
sull’avvicendamento storico dei 10 Paesi che più sono cresciuti dal dopoguerra a oggi. Dal 1982 all’87 gli Usa
avevano incrementato del 29,8% la loro economia, il Giappone del 10,3, la Cina
del 9,9, la Gran Bretagna del 4,2. C’era anche l’Italia (2,9) e la divisione
della crescita globale era 69% a favore dei Paesi avanzati e 31% di quelli in
via di sviluppo.
Dal ’92 al ‘97, sparita definitivamente
l’Italia, l’America cresceva del 24,2% e la Cina del 18,9. Divisione globale della
crescita: 54 a 46 per i Paesi sviluppati.
Dal 2002 al 2007 la crescita mondiale era
invece 67% Paesi in via di sviluppo, 33 noi. L’economia cinese saliva del 23,6
e l’americana nel 12,6. Le previsioni 2012/2017 dicono: Cina 33,6 e Usa 13.9;
emergenti 74, avanzati 26%.
I dieci Paesi che nel 2013 cresceranno di più
– dal 32,1 all’8,4% – saranno il Sud Sudan, la Libia, Sierra Leone, la
Mongolia, il Paraguay, Timor Est, l’Iraq, Panama, il Gambia e il Mozambico.
Per tuttoquesto è meglio che nel mezzo di
questa grande rivoluzione socio-geo-eco-politica, Obama e Xi facciano amicizia.
Che non ci siano ombre e le rivalità riassunte in un campo di gioco dalle
regole chiare e concordate, affinché sia garantita la sicurezza dello sviluppo
globale. Perché nei prossimi decenni la Storia saranno loro.
P.S. Allego il commento sul ricovero di Mandela, uscito l'8 di giugno sul sito del Sole-24 Ore. So che non ha nulla a che fare con il futuro del mondo, piuttosto con il suo recente passato. Ma è un passato al quale, credo, dobbiamo molto della qualità del nostro futuro. Se sapremo fare buon uso dell'eredità di Madiba.
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-06-08/lasciamolo-morire-pace-111937.shtml