Not that bad, Mr. President

Oby  Fatti due calcoli, gli strateghi americani hanno incominciato a ragionare sull’idea di tagliare una gamba della Triade nucleare: l’uso per terra, per cielo e per mare del sistema strategico atomico. Forse, si sono detti, possiamo eliminare i sommergibili nucleari; oppure salviamo l’intera Triade ma diamo un bel taglio agli arsenali.

  E’ noto che l’obiettivo di Barack Obama– ma sarebbe più realistico chiamarlo sogno – è limitare le testate nucleari strategiche a 500. Il nuovo trattato Start (Strategic Arms Reduction Treaty) con la Russia ne prevede 1.500 per parte; a Berlino, a giugno, il presidente aveva rilanciato a 1.000/1.100, con la possibilità, appunto, di arrivare un giorno alla metà di quella cifra.

  Il solo pensare di segare una delle gambe della Triade – i missili sui sommergibili o quelli sui bombardieri intercontinentali oppure quelli delle basi terrestri – è semplicemente rivoluzionario. Significa affrontare il tabù dei tabù strategici del vertice militare e della destra americana. E non è solo una questione di bilancio: c’è anche dell’idealismo. Nella “Nuclear Posture”, l’atteggiamento strategico dell’amministrazione Bush, nel 2001, ancora si ritenevano necessarie 1.700/2.200 testate operative.

  “Mantenete le sanzioni su Cuba”, implorava qualche giorno fa Jaime Suchlicki dell’Università di Miami. Temendo questo pericoloso sovrapporsi di tagli economici e rivoluzione geo-politico-strategica, Suchlicki, uno dei più ostinati sostenitori della linea dura con Cuba, metteva le mani avanti. La stretta di mano fra Obama e Raùl Castro al funerale di Nelson Mandela, non ha che confermato le sue paure.

  I sondaggi dicono che il presidente ha raggiunto il punto più basso nel consenso popolare da che è alla Casa Bianca. E’ più per questioni di politica interna che internazionale. Ma anche in quest’ultima le critiche sono forti: l’idea prevalente che il mondo si è fatto è di una grande, generale e pericolosa ritirata della superpotenza americana. Ma è una ritirata o qualcosa di più articolato e rivoluzionario? E’ una fuga o, al contrario, lo storico tentativo di riscrivere, guidandone il processo, il modo di esercitare il potere e la diplomazia?

    “Il genio di voi americani è di non fare mosse stupide in modo chiaro ma di farle stupide in modo complicato”, disse una volta Gamal Nasser a Miles Copeland, uno dei capi della Cia alla fine degli anni Cinquanta. Dal colpo di stato in Iran contro Mosaddegh, ai ripetuti tentativi di destabilizzare l’Egitto di Nasser, dall’ostilità verso Israele a un’alleanza quasi gregaria, dai bombardamenti agli interventi diretti in troppi Paesi arabi, mezzo secolo di politica mediorientale americana è stato un insieme di decisioni stupide e complicate. Quasi sempre hanno aiutato a cristallizzare l’instabilità permanente della regione.

  La decisione finale di non bombardare più la Siria, portando tuttavia a casa lo smantellamento del suo arsenale chimico, è un modo diverso dai soliti comportamenti americani nella regione. La trattativa sul nucleare iraniano non è solo il lodevole tentativo di impedire che a Teheran costruiscano l’arma. Nell’accordo provvisorio che ha permesso di continuare il negoziato con un notevole grado di speranza, gli Stati Uniti riconoscono all’Iran il diritto di avere “un programma di arricchimento definito dalle parti”. Non si nega più all’Iran ma, al contrario, si riconosce come principio, il diritto di avere un programma nucleare a fini pacifici. E’ il tentativo di una diplomazia che non avvia una trattativa per vincere ma per risolvere.

  Alla lista aggiungerei l’ostinazione di John Kerry nel perseguire una missione impossibile: ridare vita al negoziato fra israeliani e palestinesi e raggiungere un accordo fra le parti sullo status finale. Non sulla pace definitiva subito ma, più realisticamente, sugli accordi che israeliani e palestinesi devono raggiungere ora per dirsi finalmente in pace domani.

   In conclusione, non direi che Barack Obama sia un presidente opaco: il suo bilancio per ora non è così male. A dispetto dei sondaggi, stanno accadendo cose. Naturalmente si entra nella Storia se poi le cose accadono, non se solo si pensano. Ma già il tentativo merita il premio della riconoscenza.   

 

 

 

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  • carl |

    Egr.dott. Tramballi non so da dove lei abbia tratto la notizia che gli strateghi statunitensi (quali?) stiano esaminando (Nei loro uffici? Dove?) quale delle mega-gambe missilistiche tagliare (terra, aria, mare).. In realtà l’unica gamba che ancora può dare delle garanzie di reggere e di continujare ad essere dissuasiva all’interno del concetto di MAD (Mutua Distruzione Assicurata..) è quella dei missili imbarcati sui sottomarini.. Ma, a parte gli idrofoni sparsi da decenni in certi punti degli oceani per percepire il rumore dei motori dei sottomarini, ci sono ricerche in corso per cercare di riuscire ad individuare in altri modi la posizione dei settomarini al fine di distruggerli prima che lancino le loro micidiali bordate..
    Come ho già detto in altra occasione è anche per via dei sottomarini che non ho mai capito l’importanza attribuita al piazzamento di missili sul suolo cubano nel 1962.. Sottolineata dalla realtiva fiction hollywoodiana.. I quali essendo piazzati su rampe di superficie sarebbero stati facilmente neutralizzabili..Non così quelli imbarcati sui sottomarini che potevano avvicinarsi alla costa USA molto più vicino delle 90 miglia che dista Cuba..

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