Da Gaza a Kyiv via Washington

(Immagine di The Economist)

Fra il giorno della liberazione trumpiana, i miliardi di dollari bruciati dalle Borse in ogni angolo del pianeta e i salutari ripensamenti che comunque confermano la preoccupante imprevedibilità di Donald Trump, il mondo va avanti. Non è necessariamente una buona notizia: la guerra di Bibi Netanyahu a Gaza e quella di Vladimir Putin sull’Ucraina, continuano.

Non solo i due non si fermano: diventano più brutali e aggressivi come se volessero approfittare dell’inaspettata distrazione di una crisi economica globale esplosa e poi apparentemente sospesa. Più che ipotesi sono fatti di cronaca: Israele ormai controlla il 20% della striscia di Gaza, svuotandola dei suoi abitanti. Anche la città di Rafah, al confine con l’Egitto, sta per essere evacuata.

Non è chiaro se Trump ancora creda alla Riviera di Gaza, posto lo abbia mai fatto davvero. Ma l’interpretazione che Netanyahu da’ della realtà è che la striscia possa essere svuotata dei suoi abitanti: non tanto per ricostruirla quanto per annetterla, soddisfacendo i suoi alleati di governo, estremisti nazional-religiosi il cui manuale politico è la Toràh.

Nella recente visita di Netanyahu a Washington, in realtà Trump non aveva dato le risposte che l’alleato israeliano si attendeva: ha persino scoperto che l’amministrazione americana sta aprendo una trattativa con Teheran sul suo programma nucleare. L’idea di Netanyahu resta il bombardamento. Ma come ha clamorosamente dimostrato sulla questione dei dazi universali imposti e poi congelati, gli annunci di Donald Trump hanno una scadenza, come lo yogurt e i medicinali. Quello che dice il presidente degli Stati Uniti è sempre degno di nota ma se è Trump a dirlo, non va necessariamente preso alla lettera.

Così la guerra di Netanyahu non si limita a Gaza. C’è la Cisgiordania quotidianamente attaccata; l’occupazione di una parte rilevante del Sud della Siria; i bombardamenti in Libano che spesso colpiscono Beirut. La motivazione è garantire la sicurezza del paese: quasi sempre intesa come una necessità immediata, da raggiungere con gli ingenti strumenti militari a disposizione; quasi mai anche come un investimento sul futuro, accompagnato dalle armi della diplomazia e della politica. A Gaza Netanyahu si è rifiutato di proporre un “day after” l’eventuale vittoria militare. Il trionfo della guerra del Sei giorni, nel 1967, fu folgorante. Ma il suo risultato, la conquista dei territori palestinesi, continua da cinquant’anni ad essere la causa primaria dell’insicurezza del paese.

Rispetto a Netanyahu, Vladimir Putin mostra una maggiore capacità di sfruttare le “originalità” di un personaggio come Donald Trump. Fra il presidente russo e quello americano, è notoriamente il primo ad essere il più abile, il vero politico. I bombardamenti sull’Ucraina sono ora più numerosi e mortali. Forse è l’avvisaglia di una grande offensiva di primavera; probabilmente i russi stanno solo utilizzando il tempo che Donald Trump e i suoi negoziatori continuano a regalare a piene mani a Putin.

Se non la Storia, il tempo ora è certamente a suo favore. Pratap Bhanu Mehta, un grande accademico indiano della politica, sostiene che il nazionalismo russo mostrato da Putin, è il prodotto di un risentimento secolare, “dell’esperienza di un perenne divario fra l’immagine che il paese ha di sé e il suo potere effettivo”. Bhanu Mehta è un altro esempio del segno dei tempi. Ha una cattedra a Princeton: è stato cacciato dall’Università Ashoka di Delhi dal sempre più aggressivo sistema di governo di Narendra Modi, un altro aspirante autocrate. Ora anche sulle accademie americane si stanno abbattendo le censure trumpiane.

Bibi Netanyahu e il suo governo coltivano modelli biblici: Gaza viene assediata e il suo popolo ridotto alla fame e alla sete come i filistei. Miliziano di Hamas, donna, vecchio o bambino, ogni palestinese ucciso nella striscia è automaticamente un terrorista. Vladimir Putin nutre l’idea che la ripetizione di un imperialismo da XIX secolo, la conquista territoriale, abbia ancora una sua efficacia.

In campagna elettorale Donald Trump prometteva che i due conflitti, Gaza e Ucraina, li avrebbe risolti in 24 ore. Ora invece anche lui, pensando alla conquista di Canada e Groenlandia, precipita nella Storia, convincendosi che l’America rivivrà quel “destino manifesto” che due secoli fa la portò alla conquista dell’Ovest. Il passato sembra dunque essere il nostro futuro.

 

  • habsb |

    “Vladimir Putin nutre l’idea che la ripetizione di un imperialismo da XIX secolo, la conquista territoriale, abbia ancora una sua efficacia.”

    difficile essere d’accordo.
    Imperialismo è occupare territori di altri popoli. La Russia cerca invece solamente di rimpatriare le popolazioni russe che per un accidente della Storia si sono ritrovate in casa d’altri.
    Popolazioni che hanno espresso più volte le loro preferenze in referendum approvati da osservatori internazionali. E che non oppongono alcuna resistenza all'”occupazione” russa

  • carl |

    ERRATA CORRIGE: la conquista del Paese di Canaan non avvenne 1/2000 anni fa, bensì oltre 3000.

  • carl |

    Comincerei dai miliardi dollari “bruciati”… Mentre invece, tra chi si azzardi ad entrare nel “girone borsistico”, sicuramente perdono o guadagnano soltanto coloro che vendano e/o comprino nel momento sbagliato. Infatti, aspettando che l’altalena cessi può anche darsi che non ci lascino le penne, o ne bruciacchino soltanto alcune..
    Per contro sono d’accordo sul fatto che Netanyahu & Co. coltivino per così dire “modelli biblici” di 1/2000 anni fa.. Infatti, nel “libro di Giosué”, dalla presa di Gerico fino alla conquista di Canaan, si legge che in ogni città conquistata dagli ebrei tutti furono passati a fil di spada, fossero uomini, donne, giovani o vecchi.. Lessi a suo tempo che sembra che il gen, Patton fosse convinto di essere stato in precedenza un legionario romano.. Chissa? Forse Nethayahu ritiene di essere un Giosué 2.0…
    Infine un accenno al titolo di un libro recensito ieri su Le Monde “Ipnocrazia.Trump, Musk e la costruzione della realtà”.. In cui per l’appunto si accenna ad una nuova “techne” politico-gestional-governativa per mezzo della quale si starebbe andando oltre la manipolazione e la distrazione di massa.. Viene precisato che l’autore Janwei Xun sarebbe fittizio.. Il che fa venire in mente quel “leggendario” Sakamoto additato alle folle come il creatore delle criptomonete.. E che a sua volta mi ricorda la battuta di un collega d’ufficio che creò dal nulla un nominativo giapponese e cioè: Kakapoko KiFa Pokomoto.

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