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Chi dei due è un dittatore? Quello (Putin) che invade un paese ed è al potere da 25 anni con la repressione ed elezioni truccate? O quello (Zelensky) eletto da un voto democratico, che è stato attaccato e per questo non può indire nuove consultazioni?
Nel mondo alternativo di Donald Trump la risposta è evidente: il dittatore è Zelensky, aggressore e responsabile di tre anni di guerra devastante nel cuore d’Europa. Lo dice anche Giuseppe Conte: Trump “smaschera la propaganda dell’Occidente” a favore dell’Ucraina. Ma lui è irrilevante. Trump invece è il presidente degli Stati Uniti e il suo mondo virtuale ora è il mondo reale.
Il secondo anno di conflitto celebrava l’inclusione di Svezia e Finlandia nella Nato: avevano capito che per salvare l’Europa dalle ambizioni di Putin, dovevano rinunciare alla loro storica neutralità. Il terzo anniversario sembra invece il prodromo di una sconfitta. Non è un leader di Ungheria o Slovacchia a ripetere le idiozie della propaganda russa. Ora a parlare esattamente come Putin è il presidente degli Stati Uniti seguito dal ventriloquo più ricco del mondo, Elon Musk: “Il regime Mump”, li ha definiti lo storico Tymoty Snyder, autore del saggio “On Tyranny”.
In un certo senso il terzo anniversario di guerra segna un impensabile allargamento del conflitto: in pericolo non è più solo l’indipendenza ucraina ma la stabilità europea, i suoi valori democratici quando il garante di tutto questo sembra passato dalla parte del nemico. Giorgia Meloni ha sempre sostenuto la causa ucraina. Ora ambisce ad essere il tramite europeo con questi Stati Uniti. Ma a Washington Trump e Musk non cercano amici, vogliono vassalli simili ai pochi alleati della Russia: il loro modello è il bielorusso Lukashenko.
Ancor più di prima, ogni tornata elettorale nel continente diventerà una guerra fra quei valori e l’oscurità di un ritorno al passato. E’ preoccupante che le interferenze e le falsità propagate da Musk su X siano speculari a quelle dei troll al servizio di Putin.
“Coloro che non conoscono la storia sono condannati a ripeterla”, ammoniva Edmund Burke. E non sembra che Trump né Musk abbiano dedicato del tempo al suo studio.
Tuttavia l’attacco più pericoloso per l’Occidente e la democrazia non è sul fronte del Donbas o ai nostri sistemi elettorali. E’ in corso negli Stati Uniti rimasti senza opposizione, ad accezione di un pugno di giudici federali e statali.
I signori del web sono passati senza vergogna al nuovo potere; Hollywood, i milionari finanziatori delle cause sociali temono ritorsioni, come dirigenti e giornalisti delle tv. Associated Press, la storica agenzia stampa nata nel 1846, è stata esclusa dai briefing presidenziali nello studio ovale e dall’accesso all’Air Force One perché si rifiuta di chiamare d’America il Golfo del Messico.
A novembre Trump aveva vinto col 49,3%. Dov’è l’altra metà degli americani? Disorientati dalla sconfitta, i democratici sono scomparsi. Giusto per ricordare un altro conflitto che preoccupa la comunità internazionale, sembrano l’Autorità Nazionale Palestinese di Ramallah: inesistenti, mentre il mondo attorno a loro esplode.