Non c’era ragione che Benny Gantz convocasse urbi et orbi una conferenza stampa per non dire quello che si aspettano i familiari degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas, l’amministrazione Biden, l’Unione Europea, gli arabi del Golfo, l’Onu e il resto del mondo. Piuttosto, la domanda che tutti si facevano è perché abbia aspettato tutto questo tempo.
E’ un altro colpo alla credibilità di Bibi Netanyahu. Il mese scorso Gantz gli aveva dato tre settimane di tempo per elaborare un “day after”, un programma per il dopo: cosa accadrà quando finirà la guerra? A chi sarà affidato il governo di Gaza, chi organizzerà davvero gli aiuti e chi avvierà la lunga ricostruzione?
Scadute le tre settimane Netanyahu, il primo ministro, non ha offerto alcun progetto, restando nell’ambiguità dentro la quale vive confortevolmente da mesi. In realtà tutta la sua carriera politica è stata costruita nell’ambiguità. Bibi non ha mai risposto a Joe Biden, il presidente della potenza più importante, titolare dell’arsenale militare dal quale Israele si arma a piene mani, il primo ed essenziale alleato: anche il presidente americano aveva fatto la stessa richiesta. Non poteva che ignorare anche Gantz che conta molto meno.
La crisi nella quale è sprofondato Israele – incapace anche militarmente di finire la guerra, indurito moralmente al punto di uccidere decine di bambini per eliminare due terroristi – si aggrava sempre di più. Mai lo stato ebraico era stato così isolato nel mondo.
Ma la partenza di Gantz non aprirà una crisi di governo. Si è dimesso solo da un’istituzione di emergenza creata per consigliare il capo del governo sui passi della guerra. Non è il governo eletto dagli israeliani.
Come nelle democrazie complete, anche in quella etnica ebraica un governo entra in crisi quando perde la sua maggioranza parlamentare. L’attuale amministrazione è formata con il contributo decisivo dei partiti nazional-religiosi, gli estremisti del suprematismo ebraico, coloro che vorrebbero rioccupare Gaza e ricostruirne le colonie. Non hanno alcun motivo per uscire da un governo guidata da un uomo che continua ad assecondare tutte le loro folli pretese.
Netanyahu deve resistere anche alle polemiche che si scateneranno con la partenza di Gantz solo per poco più di un mese. Nella seconda metà di luglio la Knesset, il Parlamento, chiuderà per la pausa estiva. Riaprirà dopo la serie di festività d’inizio autunno, quando sarà anche passato il primo anniversario di questa guerra. Poi, nel primo martedì di novembre ci saranno le elezioni americane. E se vince Donald Trump, come si augura anche Vladimir Putin per la sua guerra, nessuno fermerà Netanyahu.
Benny Gantz, come gli altri membri cooptati in questo gabinetto di guerra, avrebbe dovuto andarsene da tempo. E’ stato un militare coraggioso, un paracadutista decorato, un capo di stato maggiore delle forze israeliane. Ma sul piano politico quegli attributi non sono stati quasi mai mostrati. La ragione principale della sua incertezza nel prendere le distanze dalle follie di Netanyahu, è tuttavia un’altra. Gantz sa che la maggioranza della società israeliana continua ad essere favorevole alla continuazione della guerra. Per loro non si apre una crisi di governo quando i soldati combattono al fronte.
Non sarà facile liberarsi di Bibi Netanyahu. Per lui e i suoi alleati di governo, la guerra è l’ossigeno che permette loro di restare al potere. Giocano sulle divisioni elettorali americane, sull’inconsistenza della politica estera europea. Si nutrono di una società israeliana che va sempre più a destra, che prende in considerazione l’idea di aprire un fronte anche al Nord, contro Hezbollah libanese. L’altro giorno la parte araba di Gerusalemme è stata presa d’assalto da migliaia di israeliani violenti esaltati, scesi armati dalle colonie. Gaza, Gerusalemme, la Cisgiordania: è tutta loro perché è Dio che lo dice. E’ questo l’elettorato israeliano che sta lentamente erodendo e soppiantando la parte migliore del paese. Una specie di Isis con uno stato, una forza armata, una polizia, istituzioni civili e un popolo – i palestinesi- da eliminare.