Cosa pensavano i palestinesi di Gaza

 (Photo by DAWOOD NEMER/AFP via Getty Images)

Nonostante il nome impegnativo del suo dicastero, quello della Tradizione Ebraica, il ministro di estrema destra Amichai Eliahu, aveva dichiarato che un’atomica su Gaza “sarebbe una delle possibilità”. Bibi Netanyahu, il premier, l’aveva sospeso dall’incarico. Ma Eliahu esprimeva un sentimento diffuso fra gli israeliani: i due milioni e 300mila palestinesi di Gaza sono colpevoli quanto Hamas.

Il numero impressionante dei morti e la brutalità dell’operazione israeliana, sono una prova di quel comune sentire: i gazawi, gli abitanti della striscia, e Hamas sono la stessa cosa. Un giornalista troppo impressionabile e poco documentato li ha definiti “Peggio dei nazisti”.

Sembrerà dunque strano che il 73% dei palestinesi di Gaza sia invece a favore di un accordo di pace con Israele; e che solo il 20 preferisca la folle soluzione militare perseguita da Hamas. Almeno così stavano le cose fino al 6 ottobre, il giorno prima dell’aggressione islamista ai kibbutz di frontiera e degli oltre 40 giorni di bombardamenti israeliani.

Quel giorno era stato l’ultimo di un sondaggio dagli inaspettati risultati, condotto da Arab Barometer https://www.arabbarometer.org . Il risultato è la prova del fallimento politico di Hamas.

Arab Barometer è un istituto rigoroso. La co-fondatrice, Amaney Jamal, è preside della Princeton School of Public and International Affairs. Il risultato del sondaggio ha avuto risonanza nell’Ezra Klein Show, il podcast sulla piattaforma del New York Times, e su Foreign Affairs, il bimestrale pubblicato dal Council on Foreign Relations, una delle più autorevoli istituzioni atlantiste.

Il sondaggio era stato condotto fra il 28 settembre e il 6 ottobre. Alla domanda su quanto a Gaza la gente abbia fiducia in Hamas, il 67% ha risposto di non averne alcuna (44%) o poca (23). Il 72 pensa che il governo di Hamas nella striscia sia largamente (34) o mediamente (38) corrotto.

A Gaza e nei Territori occupati di Cisgiordania, non si vota da decenni. L’ultima volta era accaduto nel 2006 e Hamas aveva vinto col 44.5%. L’Autorità palestinese di Abu Mazen, Israele e Stati Uniti, ignorarono il risultato. Con un golpe sanguinoso, l’anno successivo Hamas prese il potere a Gaza. Anche questa per gli israeliani è una prova di colpevolezza dei gazawi, ignorando che in 17 anni sia plausibile cambiare idea.

Due anni fa si era finto di convocare finalmente nuove elezioni. Temendo di perdere di nuovo, Abu Mazen spalleggiato da Israele, trovò una scusa e non si votò. Tuttavia durante la campagna elettorale si fecero dei sondaggi. Il risultato fu che i palestinesi di Gaza non avrebbero votato per Hamas, quelli di Cisgiordania non lo avrebbero fatto per Fatah, il partito di Abu Mazen: entrambi avrebbero votato contro chi li governava. I palestinesi hanno sempre avuto leader mediocri.

Chiesto nel sondaggio di Arab Barometer da quale presidente vorrebbero essere governati oggi, solo il 12% dei palestinesi di Gaza voterebbe per Abu Mazen (il 67 ne vorrebbe le dimissioni); il 24% per Ismail Haniyeh, il leader politico di Hamas; il 32 per Marwan Bargouti, il pragmatico esponente di Fatah, da 20 anni in un carcere israeliano, diventato un eroe per la gente e un problema per chi è al potere a Gaza e Ramallah. E per gli israeliani: temono possa diventare un Mandela palestinese.

Affamati e impoveriti, per i gazawi la causa della loro condizione dovrebbero essere le sanzioni imposte da Israele. Al contrario la maggioranza, il 31%, accusa il governo di Hamas, il 26 l’inflazione e solo il 16% il blocco israeliano. “Dai giorni del sondaggio è possibile che questa percezione possa essere cambiata”, spiega Amaney Jamal su Foreign Affairs. “Israele ha tagliato acqua, cibo, carburante ed elettricità, facendo sprofondare Gaza in una grave crisi umanitaria”.

Prima che Israele scatenasse l’inferno, il 54% degli abitanti di Gaza era favorevole alla soluzione dei due stati, come previsto dagli accordi di Oslo. Già due anni fa ne era convinto il 58%. Non solo: il 48% ha affermato che “la democrazia è sempre preferibile a ogni altro tipo di governo”. Solo il 26 pensa che “in determinate circostanze sia preferibile un governo non democratico”. Più o meno la stessa percentuale degli americani, l’anno scorso in un simile sondaggio.

 

 

  • Fabio |

    Un sondaggio di Awrad (Arab World for Research & Development) eseguito il 14 novembre ha dato risultati ben diversi. In sostanza 3 palestinesi su 4 (di Gaza e della WB) approvano l’azione del 7 ottobre, guardano con favore a Hamas (anche se gradirebbero un governo di unità nazionale dopo la guerra), si dicono certi della vittoria palestinese e rifiutano la soluzione a due stati. https://www.awrad.org/files/server/polls/polls2023/Public%20Opinion%20Poll%20-%20Gaza%20War%202023%20-%20Tables%20of%20Results.pdf

  • carl |

    Stavolta il “pezzo” è pieno zeppo di % che vorrebbero rappresentare il sentire degli abitanti di Gaza e dintorni.. Ma personalmente ho la netta impressione che nel mondo, e dunque anche da quelle parti, di che cosa pensi la gente di solito la politica, i decisori e compagnia bella se ne facciano, per così dire, un baffo, limitandosi a distribuire loro qualcosa da aver l’aria di politicamente “croccare”… D’altronde in occidente l’importante è che la gente faccia (e possa) far girare l’economia, anche eventualmente consumando col “credito al consumo”…
    Ecco perchè stavolta mi pongo e pongo un paio di concreti interrogativi post conflittuali.
    1) che il tanto declamato “iron dome” è risultato poter essere “bucato” da nugoli di razzi a volo parabolico, ossia non teleguidati.
    2) che negli anni dell’IRA, il R.U. per controllare il Nord Irlanda dovette dislocarvi un enorme q.tà di soldati di professione. E pensare che i membri dell’IRA erano determinati, senza scrupoli, ecc. ma di certo non fanatici, nè fanatizzati.

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