Sindrome d’Occidente

Se i repubblicani potessero presentare un candidato presidenziale diverso da Donald Trump, sconfiggerebbero facilmente Joe Biden. Se i democratici avessero un candidato più giovane, o se solo Biden avesse vent’anni di meno, non ci sarebbe partita per Trump.

In politica un processo ad excludendum come questo non è mai un segnale di solidità. Donald Trump e Joe Biden – è presumibile che, salvo grandi sorprese, l’anno prossimo i due contendenti siano loro – sono entrambi candidati deboli: il primo per gli eccessi, il secondo per senilità. Per spregiudicatezza o anzianità, nessuno dei due garantisce un futuro né offre un orizzonte visibile. Per l’America in particolare e l’Occidente in generale, questo invece sarebbe il momento di avere leader forti e convincenti. Oltre alla libertà dell’Ucraina è in gioco la qualità delle nostre democrazie.

Anche le dimissioni di Richard Nixon del 1974, in seguito allo scandalo Watergate, provocarono una grave crisi di credibilità degli Stati Uniti. Ma la Guerra Fredda ingabbiava il mondo in due blocchi inattaccabili dall’esterno e che nessuna crisi interna americana o sovietica poteva scalfire. Nel XXI secolo la geopolitica è un’altra cosa: più mobile, con molti protagonisti e un gran numero di nuove ambizioni.

La guerra in Ucraina è lo specchio di questo caos controllato. Un paese come l’India è uno stretto alleato americano ma si è astenuto dalla condanna dell’aggressione russa; così il Brasile e molti altri paesi ormai più che emergenti. C’è una spiegazione: per loro quello ucraino è un conflitto europeo. Solo per noi europei la Guerra Fredda era rimasta “fredda”, largamente incruenta. Era invece stata sanguinosa in America Latina, Africa e Asia: golpe, rivoluzioni, guerre. Per questi paesi il riequilibrio di una giustizia storica attraverso l’Ucraina ha contato più della palese immoralità dell’aggressione russa.

Poco alla volta, tuttavia, la stanchezza per una guerra sempre più sentita come estranea, è penetrata anche nel nostro “fronte interno”: in Europa e negli stessi Stati Uniti. Le eccezioni ungherese e slovacca, la crescita del populismo sovranista ovunque si vada al voto, incrina la compattezza dell’Unione Europea. Campo di battaglia per millenni, l’Europa occidentale ha poi mostrato un’istintiva e sana riluttanza a combattere. Si era chiesta se valesse la pena morire per Danzica nel 1939; e nel ’45 svendette a Stalin l’Europa orientale per non entrare in un’altra guerra.

Le contorsioni parlamentari sulla collina del Campidoglio, il congelamento degli aiuti militari a Kiev, Biden costretto a passare una giornata al telefono per rassicurare ucraini e occidentali, hanno un effetto ancor più devastante: sono cannonate alla credibilità americana di essere la guida del mondo libero.

Un manipolo di estremisti ha preso possesso del Partito repubblicano e dell’intera agenda parlamentare. Il Grand Old Party, così erano chiamati i repubblicani, un tempo era più moderno e internazionalista di quello democratico.

L’emergente ritrosia sull’Ucraina dimostra qualcosa di nuovo, forse è il segno di tempi diversi, ai quali ci dovremo attrezzare. Molti già la chiamano “sindrome ucraina”. In realtà la sindrome è dell’Occidente. Un declino fino ad ora lento, a volte impercettibile, iniziato una ventina d’anni fa, quando la Cina dimostrò che mercato e crescita economica potevano essere creati anche in assenza di democrazia politica. Da allora in poi abbiamo ignorato il segnale, dando per scontata l’immutabilità del potere occidentale. Per quanto benevolo pensasse di essere e spesso non era.

 

 

 

  • habsb |

    egr. dr. Tramballi
    “in realtà la sindrome è dell’Occidente. Un declino fino ad ora lento, a volte impercettibile, iniziato una ventina d’anni fa”

    Se di declino di puo’ parlare (molto relativo per un Occidente che puo’ permettersi di regalare centinaia di miliardi al regime corrotto di Kiev) è soprattutto un declino di leadership, che viene da lontano.
    Il piu’ grave errore della storia americana recente, è stato quello commesso dai testardi Kennedy e Johnson in Vietnam, impegolandosi in un’invasione che non poteva essere portata a termine. Questo “aborto” ha avuto tre gravissime conseguenze
    1° gli USA hanno perso l’aureola di “supereroe buono” che aveva aiutato russi e europei a sconfiggere il nazismo, e vari altri paesi poveri a infrangere le catene del colonialismo europeo. In Vietnam nessuno ha mai avuto il minimo dubbio su chi fossero i cattivi delle bombe al napalm e i buoni che lottavano per la propria indipendenza
    2° gli USA hanno perso l’immagine di forza armata irresistibile, di fronte a un Vietnam certo aiutato ma mai entrato nel club ristretto delle prime potenze militari
    3° il dollaro USA, stampato notte e giorno per sostenere lo sforzo bellico, e poi da Johnson per le sue riforme sociali, non poté più già sotto il successore Nixon essere convertito a tasso fisso in oro: e questo distrusse quello che era stato per decenni il fondamento del sistema economico e finanziario mondiale.
    Non più obbligati a convertire dollari in oro, i vari gabinetti USA continuarono a creare nuovi dollari ben oltre i bisogni dell’economia reale: fu l’esplosione della grande inflazione monetaria mondiale degli anni 70 che tolse ogni competitività alle industrie di base occidentali, regalando alla CIna Popolare il dominio sulla manifattura mondiale di beni.

    L’Occidente perse allora il suo dominio economico e poi pian piano anche tecnologico. Gli resta ancora per qualche decennio quello finanziario e militare, ed è su questo che un partito trasversale o bipartisan chiamato in genere “Neocon” si basa nel vano tentativo di restaurare il potere sul mondo che gli USA conobbero negli anni 50

    Yugoslavia, Iraq, Libia, Siria tutti paesi bombardati o occupati senza mandato ONU
    Gli USA sono oramai la più grande minaccia alla pace mondiale.
    Come stupirsi della perdita di immagine e di leadeship ?

  • carl |

    In questi giorni anche su “Le Monde” ho potuto leggere accenni ad una decrescente affidabilità degli USA… D’altronde, dopo aver invaso con non poche “boots on the ground” il Nord Vietnam, l’Irak e l’Afghanistan, quei “boots” non hanno forse finito per alzare i tacchi..? Chissà? Forse anche Zelensky potrebbe finire per lasciare Kiev in elicottero..
    Certo nell’UE ci sono alcune “guarnigioni” di G.I’s ed anche depositi “underground” con decine e decine di marchingegni nucleari, ma si sa che gli USA dispongono anche dei mezzi per un loro eventuale e rapido trasloco.. Chi vivrà vedrà..
    D’altra parte è arcinoto che spesso accade che tante notizie di geopolitica ed economia che assomigliano al noto :”Al lupo..al lupo..!” il giorno o la settimana dopo si dissolvono come certe nebbioline mattutine e/o vengono sostituite da altre di tenore opposto.. E così via…
    E chiudo con un più facile pronostico e cioè che il Suo prossimo articolo riguarderà il M.O… Sebbene anche il rinnovato conflitto scoppiato tra lo Stato ebraico e questo o quel gruppo palestinese è e rimane pur sempre assai asimmetrico.. No?
    Verrebbe tuttavia da chiedersi se, il fatto che detta asimmetria si sia un tantino ridimensionata, consenta al gabinetto in carica di ordinare allo “tsahal” di compiere “rappresaglie” ritenute “adeguate” e nonostante il fatto che esse possano comportare il sacrificio degli ostaggi..? Speriamo di no, dato che sarebbe un altro indice di infelice decrescita democratica..

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