Come trasformare due paesi felicemente neutrali

flag_of_sweden_and_finlandAggredendo l’Ucraina voleva spaventare l’Europa e fermare l’allargamento della Nato. Quello che già entro l’estate Vladimir Putin potrebbe avere sono due paesi in più nell’Alleanza Atlantica: direttamente ai confini del suo impero solitario.

Forse tre: perché se Finlandia e Svezia abbandonano la loro storica neutralità, sarà difficile che in quel che resta del negoziato di pace, l’Ucraina si accontenti di essere il solo paese europeo neutrale ad affrontare il gigante russo che l’ha aggredita così brutalmente. Anche Austria e Irlanda sono fuori dall’Alleanza ma la geografia li pone ad abbondante distanza di sicurezza da Mosca e dalle sue smodate ambizioni.

La propaganda russa s’inventerà la solita narrativa farsesca di vittorie e obiettivi raggiunti: ma per Vladimir Putin è un’altra grave sconfitta. Finlandia e Svezia non sono due paesi piccoli, deboli, insicuri, usciti dallo smembramento del sistema di potere sovietico, dai valori democratici ancora deboli. Al contrario, sono fra i più civili, avanzati e liberali d’Europa. A Helsinki e Stoccolma la qualità della vita è fra le più alte del mondo.

La Svezia ha abbandonato da secoli le sue ambizioni di grande potenza; la Finlandia non le ha mai avute. Prima dell’aggressione russa all’Ucraina, la loro condizione di paesi neutrali e quasi sempre social-democratici era estremamente comoda. “Nazioni da caschi blu”, dicevano al Palazzo di Vetro a New York: hanno sempre fornito alle Nazioni Unite truppe per le missioni di peace keeping nelle zone calde di ogni continente, perché nessuno al mondo poteva lamentare contenziosi o conflitti con Finlandia e Svezia.

La neutralità non è mai stata un limite ma probabilmente un vantaggio nello sviluppo delle loro democrazie. Nè ha mai impedito la creazione di un solido sistema di sicurezza nazionale, di primo livello per armamento, qualità e numero di donne e uomini in divisa. Finlandia e Svezia non sono nella Nato ma con l’Alleanza hanno rapporti intensi, fanno esercitazioni congiunte, hanno sistemi d’arma compatibili.

Senza l’obiezione dei segretari generali del Pcus, di Boris Eltsin e perfino di Vladimir Putin, i due paesi erano di fatto nella Nato. L’unica differenza era nel non poter beneficiare dell’articolo 5: stabilisce che in caso di attacco straniero i paesi membri corrono in soccorso dell’alleato aggredito.

Se ora una chiara maggioranza di finlandesi e svedesi è pronta a rinunciare a decenni di neutralità così comoda e vantaggiosa, significa che una aggressione straniera (cioè russa) non è più così ipotetica. Molti sostengono che la guerra in Ucraina cambierà il mondo. Le conseguenze non saranno così universali. Ma sull’Europa avranno un effetto che in qualche modo ricorderà l’implosione dell’Unione Sovietica all’inizio degli anni ’90.

Ancora non sappiamo quando e come cesserà il conflitto, ma alla fine l’assetto europeo si sarà modificato. Due simboli del pacifismo europeo e mondiale – paesi storicamente mediatori e non parte nei conflitti – stanno prendendo seriamente in considerazione l’ipotesi di entrare nella più grande e potente alleanza militare che esista.

E’ accaduto qualcosa che solo un paio di mesi fa sarebbe stata impensabile: né più né meno impensabile di un’aggressione militare contro un paese sovrano come l’Ucraina. Putin ha decisamente smosso le acque europee ma non pensava che i risultati sarebbero stati questi.

In realtà la trasformazione non riguarderà solo la geografia politica, militare ed economica del vecchio continente. Finlandia e Svezia sono anche due potenze artiche: in quella regione il nuovo grande gioco globale è già iniziato da tempo. I mutamenti climatici stanno trasformando l’Artico in una via d’acqua rapida, percorribile e affollata quasi quanto un canale di Suez.

In questi anni gli Stati Uniti avevano mostrato uno scarso interesse verso le opportunità strategiche, sia economiche che militari, dell’Artico. Al contrario, russi e cinesi le avevano colte. Confermando la visione obsoleta del loro ruolo nel mondo, i russi si sono impegnati nel creare basi militari; i cinesi porti e stazioni commerciali che eventualmente, un giorno, potrebbero essere trasformati in installazioni militari. Ora in quelle acque non più ghiacciate come un tempo, con Svezia e Finlandia insieme a Norvegia, potrebbe esserci anche la Nato.

Commento pubblicato sul Sole24Ore il 15 Aprile

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  • carl |

    Non so come il mondo post Ucraina cambierà, ma non ci piove sul fatto che nulla sarà come prima…
    Passo all’art.5/NATO che, scherzando, ritengo sia un plagio del motto dei 3 o 4 moschettieri..:) “Uno x tutti e tutti x uno”.. Ma, nella malaugurata ipotesi che si giungesse a doverlo applicare sul piano concreto, cosa potrebbe accadere? Nessun dubbio che dall’altra parte dell’Atlantico giungerebbe l’ordine ai G.I’s ancora presenti nell’UE di giustificare il “reddito di soldatanza” di cui hanno fruito per decenni e decenni.. Ma e gli euro-fanti ? Mi è già accaduto di chiedere (nel caso arrivasse ad esistere un’euro-armée) chi commanderebbe ? E quanti assoldati delle varie nazionalità, identità, lingua e quant’altro, obbedirebbero senza batter ciglio ad un comando centrale di dubbio riconoscimento, accettazione e via dicendo, qualora diramasse ordini perigliosi assai …?
    Quanto alla guerra in corso, essa ha evidenziato l’estrema vulnerabilità (anche convenzionale) di carri armati e navi di superficie che a me, non specialista, parve dimostrata già oltre 40 anni dai missili Exocet e dall’impari (anzi Maramaldesco) scontro di un sottomarino nucleare inglese e l’incrociatore argentino Belgrano..Vien da chiedersi se anche nelle Scuole di guerra, ove si campa di studi e logica bellica, viga il sistema di baronie cooptate…?

  • habsb |

    egr. dr. Tramballi

    come Lei dice giustamente, quei due paesi erano di fatto già nella NATO. In caso di guerra NATO contro Russia non vi era alcun dubbio sul loro posizionamento.
    Dunque la loro adesione formale è un non-avvenimento.

    Chiediamoci piuttosto quali siano le condizioni che porrebbero termine ad una guerra che col suo corollario di assurde sanzioni pone una gravissima minaccia logistica e securitaria alla vita in Europa.
    Un ritiro russo è impensabile, senza aver consolidato e fatto riconoscere i guadagni territoriali, che d’altro canto non saranno mai ammessi da un governo ucraino che ha mostrato una grane ostinazione.
    Solo la fine delle massicce forniture di armi da parte dell’Occidente potrebbe condurre ai negoziati di pace.
    Speriamo allora nelle prossime elezioni US di mid-term, dove è atteso un trionfo repubblicano con cambio di colore di entrambe le camere e forse anche impeachment di Biden (la cui quota di popolarità è scesa sotto il 30%). Cio’ potrebbe portare a un cambio radicale di politica estera, attualmente molto interventista e guerrafondaia, con un ritorno al pacifismo di Trump.
    Se Trump è riuscito a mettere d’accordo arabi e israeliani, perché non russi e ucraini ?

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