Riscossa democratica?

democracyEscludere Cina, Russia, Afghanistan, Myanmar, l’Etiopia e il Sudan di oggi, non è stata una scelta difficile. Nemmeno l’Ungheria. Ma se il paese di Viktor Orban è fuori dal consesso democratico, perché la Polonia che ignora la giustizia europea e nega le sue passate responsabilità antisemite si? La spiegazione è semplice: Varsavia è in prima linea nel confronto con la Russia, Budapest no.

Convocare un “Summit for Democracy” era una promessa di Joe Biden ed è stato un atto di coraggio realizzarlo. Ma prima dei suoi eventuali risultati positivi, forse fra qualche anno, un vertice aperto solo ai paesi democratici non può che sollevare una dose di scetticismo: non quello scontato e interessato di russi e cinesi ma di coloro che da uno a 10 credono di essere parte del mondo democratico. Chi decide chi lo è? E qual’è la giusta definizione di democrazia, quali sono i limiti entro i quali un paese può dichiararsi tale?

Il caso ungherese e polacco provano che geopolitica e considerazioni strategiche sono stati un importante metro di giudizio. Anche il Vietnam comunista è un partner importante delle democrazie asiatiche nel confronto con la Cina. E’ stato escluso perché è un paese comunista e anche perché non c’è il rischio che diventi un alleato di Pechino: almeno per qualche secolo ancora.

Per quale altra ragione se non geopolitica, al summit c’è il Pakistan, nominalmente democratico ma conteso fra militari e Islam radicale (spesso i primi fanno anche parte del secondo)? Freedom House ha recentemente declassato l’India – altro invitato – da paese “libero” a “parzialmente libero”. Lo stato hindu che Narendra Modi sta progressivamente creando, contrasta con il fondamentale rispetto delle minoranze. Ma l’India è anche sempre più fondamentale nel fronte delle democrazie consolidate (Usa, Giappone, Australia, Gran Bretagna, Corea del Sud) nel contenimento della Cina.

Anche Israele – unico mediorientale a partecipare al summit – è una democrazia etno/religiosa, dopo aver modificato la legge fondamentale nel 2018. Ma nessun paese della regione si avvicina ai livelli democratici israeliani: non c’è regime arabo che conceda ai suoi concittadini arabi gli stessi diritti che lo “Stato degli Ebrei” garantisce agli israeliani di religione ebraica.

Nemmeno la potenza organizzatrice del vertice è come la moglie di Cesare. Ancora secondo Freedom House, la Mongolia di oggi viene prima degli Stati Uniti quanto a libertà politiche e diritti civili. Non tanto a causa dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio: Joe Biden aveva vinto le elezioni ma ancora non governava. Più grave è che nonostante il potere esecutivo ora sia nelle sue mani, in 19 stati a maggioranza repubblicana siano state approvate leggi che riducono i diritti di voto dei cittadini.

In fondo non c’è alleanza per salvaguardare e promuovere la democrazia che non abbia delle falle. La Nato era nata per questo scopo e vi si aderiva per cooptazione, non come il Patto di Varsavia per imposizione. Ma fra i paesi fondatori c’era il Portogallo del dittatore Salazar, poi la Turchia dei generali golpisti e la Grecia dei colonnelli fascisti. Eppure la Nato ha vinto la Guerra Fredda contro l’impero sovietico senza sparare un colpo, contribuendo a diffondere democrazia.

Pur nello scetticismo generale, è evidente che la democrazia abbia bisogno di fare un tagliando in ogni regione del mondo. E che serva una leadership forte e determinata che si confronti con l’altrettanto eterogeneo fronte delle autocrazie.

Nelle intenzioni di Joe Biden non saranno due giorni di colloqui on-line fra un centinaio di paesi a dare un senso al fronte delle democrazie. Il vertice vuole dare il via a “un anno di azione”. Controllare cosa sarà accaduto alla fine del 2022 nei paesi ammessi al summit, rischia di essere complicato. Il meccanismo messo in piedi dagli americani rischia di essere come i vertici sul clima che non raggiungono mai gli obiettivi sbandierati in quello precedente.

Una buona unità di misura più semplice per controllare passi in avanti e indietro è l’Africa. Solo 17 paesi sui 54 sub-sahariani partecipano al summit. Ma è un altro il dato più importante che ora c’entra poco con lo stato della democrazia nel continente ma molto riguardo al futuro delle sue libertà sanitarie, civili e politiche: solo l’8% degli africani è stato vaccinato. E su questo, la lotta alla pandemia, si misurerà l’eventuale predominio delle democrazie sulle autocrazie.

Vaccinare gli africani – gratis – con una catena di solidarietà globale, magari liberalizzando in qualche modo anche i brevetti delle grandi aziende farmaceutiche multi-miliardarie, sarebbe un’arma fondamentale per battere non solo il virus ma anche la concorrenza di russi e cinesi. Un fatto così concreto come la liberazione dalla pandemia farebbe comprendere quale sia la vera differenza fra il nostro mondo libero e il loro autoritario.

Http://www.ispionline.it/it/slownews_ispi/

Allego un commento sul vertice Russia-India pubblicato sul sito di ISPI

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/india-russia-quel-legame-speciale-e-la-nuova-geopolitica-mondiale-32581?fbclid=IwAR1z9Nt4zqcTzEaPKlQS98iJt3XNIobIbRbpjuXgFzPoyjB2imA_JoRMOKE#.YbM8UFWOFjo.facebook

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