American Halloween

AMERICAN HALLOWEEN

hallowRon DeSantis, il governatore repubblicano della Florida, ha fatto passare una legge che riduce l’accesso al voto degli elettori. La cerimonia della firma, dopo la quale per tradizione i governatori rispondono alle domande della stampa, non è avvenuta però a Talahassee, la capitale amministrativa della Florida. Nel tentativo di seminare la stampa e le critiche, DeSantis è andato all’hotel Majestic vicino all’aeroporto di Palm Beach, 415 miglia a Sud Ovest.

Ma la stampa americana non molla mai l’osso. Per tenerla lontana, il governatore ha organizzato la cerimonia in un’inusuale camera d’albergo in diretta con “Fox & Friends”, un talk show famoso per vomitare tutti i parafernalia del trumpismo: presidenziali truccate, democratici comunisti, l’assalto al Congresso del 6 gennaio era poco più di una scampagnata, false notizie su neri, gay, migranti, ecc…

Qualche mese prima anche il governatore repubblicano della Georgia Brian Kemp aveva firmato la sua “vote suppression law”, restando ad Atlanta ma facendolo a porte chiuse nel suo ufficio. Unica stampa invitata, sempre Fox. Quando la deputata democratica della Georgia Park Cannon ha bussato, chiedendo di assistere, è stata arrestata dalla polizia.

A fine settembre i deputati locali repubblicani in tutto il paese avevano introdotto più di 400 leggi che riducono l’accesso al voto dei loro concittadini. Come in Georgia e Florida, in altri 17 stati a guida repubblicana sarà più difficile votare.

Dopo tutto questo, dopo quattro anni di Donald Trump, di razzismo conclamato e leggi liberticide, di un’America progressivamente più simile alla Turchia di Erdogan che ai suoi valori costitutivi, ci si dovrebbe aspettare il crollo del Partito repubblicano. Invece no, nell’importante Virginia i democratici subiscono una pesante sconfitta.

Questo è il vero Halloween americano. Non quello della zucca, del dolcetto o scherzetto dei bambini travestiti da streghe e vampiri. L’Halloween di quest’anno è vero horror politico. Nemmeno i prodromi di golpe del 6 gennaio, le palesi responsabilità quanto meno morali e politiche dell’ex presidente e della sua squadra, hanno convinto gli americani e il partito repubblicano che fu di Lincoln, Heisenhower e George Bush padre, a liberarsi del fantasma di Trump. Se foste un ayatollah di Teheran, fareste un accordo con gli americani per rinunciare al programma nucleare, sapendo che fra tre anni Donald Trump o un suo clone potrebbe governare di nuovo?

Si possono cercare molte attenuanti alla sconfitta della Virginia, che tuttavia per certi versi la aggravano. Un anno dopo l’elezione presidenziale e dieci mesi dopo l’insediamento, Joe Biden ha commesso una sequela di errori indicata dal crollo verticale dei consensi su scala nazionale; la Virginia è piena di basi militari e i soldati non dimenticano la disordinata fuga dall’Afghanistan; oggi chi voterebbe con convinzione un partito diviso fra conservatori e liberal, che non fa passare la grande riforma sociale rooseveltiana di Biden, invece condivisa dalla maggioranza degli americani?

Infine, come accade nelle nostre elezioni amministrative, la personalità del candidato governatore spesso conta più dei programmi politici. Ma questo è il problema: nella sua campagna il nuovo governatore repubblicano Glenn Youngkin non si è identificato con Donald Trump. Ma dell’ex presidente ha usato tutta la retorica: il voto presidenziale rubato, il razzismo, il sessismo, proponendo una forma di trumpismo senza Trump come a indicare che la diffusione del morbo non è stata fermata.

In Georgia Brian Kemp ha chiamato “Election Integrity Act” la sua legge liberticida. Di solito negli Stati Uniti più elettori votano, più alte sono le probabilità che i democratici vincano. Per questo i repubblicani tentano da anni di rendere difficile l’accesso alle urne. Dopo la sconfitta di Trump è diventata un’ossessione: eliminare il voto per posta, le carte d’identità negate, il no alle congregazioni religiose di organizzare un seggio domenicale, costringendo invece la gente ad attendere per ore davanti alle sezioni: in America si vota il martedì e spesso il diritto di farlo è determinato dal datore di lavoro. In Georgia e in altri stati sarà vietato anche vendere bevande sul marciapiede a chi è in coda ai centri elettorali.

L’integrità alla quale si riferisce la legge di Kemp è giustificata dalla convinzione che più gente vota, più facile è barare come dimostrerebbero le ultime presidenziali scippate a Donald Trump. In realtà non è stato per nulla dimostrato, anzi. Dopo che in Arizona i repubblicani avevano ottenuto un ennesimo riconteggio, gli scrutatori hanno ammesso che, si, un errore c’era stato: in effetti Biden aveva ottenuto più voti di quanti gli fossero stati attribuiti al primo scrutinio.

La bugia dell’ “electoral fraud” trasformata in legge da molti stati repubblicani, è una versione del XXI secolo delle leggi chiamate Jim Crow del XIX: il nome deriva da una vecchia canzone caricaturale sui neri. Quando i sudisti (allora democratici) persero la Guerra di Secessione, furono costretti ad adottare le leggi federali dei vincitori del Nord che vietavano la schiavitù. Ma nelle loro norme statali si limitarono a trasformarono lo schiavismo in segregazione.

Oggi il sistema elettorale è stabilito e garantito dalla Costituzione federale. Gli stati non lo modificano, si limitano a controllarne l’accesso: in teoria per impedire i brogli (che non ci sono); in pratica per consentire ai repubblicani di rimanere al potere a dispetto di una società sempre più multietnica e urbanizzata che il partito fatica a conquistare. Perfino in Texas le grandi città votano democratico.

Negando la libertà a uno degli assalitori del 6 gennaio al Campidoglio, la giudice distrettuale Amy Berman Jackson ha spiegato che “la fandonia secondo la quale le elezioni sono state rubate viene ripetuta quotidianamente sulle maggiori testate giornalistiche e nei corridoi del potere dei governi statali e di quello federale. Per non menzionare le quasi quotidiane grida dell’ex presidente”. La giudice Jackson è repubblicana. C’è dunque qualche speranza che il Gand Old Party torni ad essere quello che era: un partito con una sana e democratica visione del conservatorismo; e che Halloween resti un allegro horror riservato ai bambini d’America.

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