Quest’anno, ad autunno, Slow News compirà dieci anni. Non credo ci saranno celebrazioni, feste né botti. Solo il rimpianto di un altro decennio volato via, sprecato fra guerre, crisi, conflitti, ondate di profughi, estremismi religiosi e laici, sovranismi crescenti, forme palesi di neo-fascismo e puzza di antisemitismo.
Però una sana tradizione questo blog l’ha acquisita e consolidata: ricordare ogni anno il rapporto del Bulletin of the Atomic Scientists di Chicago che, grazie alla capacità analitica di questi ultimi, ci dice quanto siamo vicini alla mezzanotte nucleare: all’Armageddon, alla fine del mondo causata dalla cecità e dalle ambizioni degli uomini. E’ un’unità di misura teorica ma non così teorica.
Possiamo fare un respiro di sollievo: i saggi di quest’organizzazione creata nel 1945 da Albert Einsten e dagli scienziati pentiti che parteciparono al Progetto Manhattan, la prima bomba atomica sganciata su Hiroshima, hanno deciso che la situazione non è peggiorata rispetto all’anno scorso. https://thebulletin.org/doomsday-clock/current-time/
Peccato che quello fosse il punto più vicino al disastro da quando esiste il bollettino: cento secondi alla fine del mondo. Uno starnuto e saltiamo in aria. Nel 2019 e ’18 eravamo a due minuti; a tre nel 2016. E’ dal 2010 che il Doomsday Clock, l’orologio del giorno del giudizio, scende verso l’ora zero. Solo nel 1953 era arrivato a due minuti, a tre nel 1984, per citare gli anni peggiori della Guerra fredda. A quei tempi John Simpson, uno dei fondatori del Bulletin, era convinto che le lancette non si sarebbero mai allontanate oltre i 15 minuti dal disastro, ad essere molto ottimisti. Nel 1991, invece si arrivò a 17 minuti: “una nuova era” nel disarmo nucleare, durata tuttavia poco.
Già due anni fa gli scienziati avevano chiamato “new abnormal” l’incapacità globale di dare risposte alle minacce esistenziali che gli stessi uomini avevano creato. Ora che c’è anche il Covid, il difetto è diventato cronico. “Sebbene letale su scala massiccia”, dice il bollettino 2021, “la pandemia non è una minaccia esistenziale. Ma le sue conseguenze sono gravi e saranno durevoli. Si tratta comunque di una sveglia storica, una vivida illustrazione che i governi e le organizzazioni internazionali sono impreparate” a gestire la pandemia come lo sono sui cambiamenti climatici e la proliferazione nucleare.
“E’ profondamente deplorevole che la risposta globale alla pandemia in quest’ultimo anno abbia esplicitamente confermato molte delle preoccupazioni che esprimiamo da decenni”. Fino a qualche tempo fa l’unità di misura del Doomsday Clock erano gli arsenali, il controllo o la moltiplicazione delle testate nucleari. Da qualche anno, sono tre: il nucleare militare, appunto, i mutamenti climatici e le tecnologie distruttive. Creare armi convenzionali supersoniche, miniaturizzate e potenti quanto un piccolo ordigno nucleare, per esempio, è una minaccia quanto l’atomica. “Ciò che connette i tre problemi è la convinzione che, avendoli creati, gli uomini possano controllarli”, sostengono gli scienziati, raccogliendo le ultime speranze.
Corollari del nucleare, dell’ambiente e delle tecnologie negative, sono sempre di più le epidemie, il rifiuto delle verità scientifiche e “la continua corruzione dell’eco-sfera dell’informazione, dalla quale dipendono la democrazia e il processo decisionale pubblico”. Un’incontrollata disinformazione su Internet “può avere conseguenze drammatiche durante una crisi nucleare”.
Quando i sostenitori di Donald Trump hanno preso d’assalto il Campidoglio di Washington, gli scienziati di Chicago stavano ancora scrivendo il loro bollettino. Viste le immagini sconvolgenti, per essere ancora più chiari hanno aggiunto: “Il nucleare, i mutamenti climatici e la disinformazione giustificano lo spostamento delle lancette” verso l’ora zero.
La pandemia alla fine non è che un presagio, “un inequivocabile segnale che accadrà di peggio se leader e istituzioni non realizzeranno riforme ad ampio raggio. La prossima volta potrebbe essere molto peggio”. Good night and good luck, diceva Edward R. Murrow, alla fine delle sue celebri trasmissioni alla CBS. Erano i tempi del maccartismo. Saccheggiando quel maestro di giornalismo e indipendenza, anche a me piace spesso chiudere così, in questi tempi ugualmente cupi.
Http://www.ispionline.it/it/slownews_ispi/
Allego l’accesso all’annuario Ispi 2021 e un mio articolo sull’India pubblicato nell’ultimo Global Watch di Ispi.
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/il-mondo-al-tempo-del-covid-lora-delleuropa-29152
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/india-rischio-unoccasione-unica-29173