Vaccini e povertà

cina-africa-1Quando Tedros Adhanom Ghebreyesus, il capo dell’Organizzazione mondiale della sanità, l’Oms, aveva parlato di “catastrofico fallimento morale” nella distribuzione dei vaccini, non si riferiva a Letizia Moratti. Proponendo l’assegnazione dell’antidoto anti-Covid in base ai Pil regionali, la nuova assessora alla Sanità lombarda aveva solo reiterato una specie di qualità già individuata nel suo predecessore Giulio Gallera e nel presidente Attilio Fontana: quella di saper rendere la Lombardia antipatica anche a noi lombardi.

No, Ghebreyesus non si riferiva alla Sciura Moratti e il suo sguardo andava oltre i confini della nostra ricca regione. Secondo il Global Health Innovation Center della Duke University, Carolina del Sud, i paesi ad alto reddito si sono accaparrati 4,2 miliardi di dosi del vaccino, i tre quarti del totale globale degli ordini governativi; i paesi a basso reddito se ne sono assicurati 675mila.

Utile ricordare che nel primo mondo siamo solo un miliardo, un bel po’ di miliardi in più nel resto del pianeta. La settimana scorsa la Guinea Conakry era ancora l’unico paese africano ad avere somministrato il vaccino: 25 dosi di Sputnik, regalate dalla Russia in via sperimentale (cavie gratuite). E le Seychelles, in Africa ma non un paese povero, sono le uniche ad avere lanciato una campagna di vaccinazioni.

Prevedendo che sarebbe accaduto, l’anno scorso l’Oms aveva messo in piedi Covax, lo strumento col quale Gavi, l’alleanza dei vaccini di Nazioni Unite e Bill Gates, e Coalition for Epidemic Preparedness Innovations, avrebbero garantito la distribuzione di due miliardi di dosi entro la fine del 2021. Gratuitamente o a prezzi politici: ma nell’uno o nell’altro caso era necessaria la mobilitazione disinteressata dei paesi ricchi, troppo impegnati a pensare alle loro dosi per mantenere l’impegno con gli altri.

La promessa di Joe Biden all’Oms – la partecipazione americana al programma internazionale per garantire oltre due miliardi di dosi ai paesi poveri – attenua un po’ la cecità morale del Primo mondo. La grande corsa al vaccino, le denunce della Ue; Pfitzer e Moderna accusate di vendere a chi paga di più; il sempre più evidente scontro geopolitico su chi ha più vaccini dell’altro, fino al voyeurismo nazionale su quale regione ha più o meno dosi della nostra: tutto questo non è un bel vedere.

Se il governo italiano decidesse di regalare un tot di dosi, che so, al Burkina Faso, Salvini e Meloni risponderebbero che tanto vale far sbarcare migliaia di “clandestini” in Sicilia. Ma tutti noi non ne saremmo contenti, non solo loro due. Calcoleremmo quanto altro tempo la nostra categoria generazionale, sanitaria e regionale, dovrebbe aspettare; quanti altri rischi di contagio dovremmo affrontare. Forse con qualche celata vergogna diremmo a noi stessi che in fondo non è colpa nostra se nel Burkina Faso sono poveri.

Governo e opposizioni, in Italia e nel mondo, sanno già che i vaccini sono consenso: oggi più dei soldi del Recovery, dei ristori e dei condoni fiscali. Ma non è questa la sola partita che si gioca.

Come spiega al Financial Times Ghebreyesus, il direttore generale dell’Oms, “Più aspettiamo a garantire vaccini, test e trattamenti a tutti i paesi, più rapidamente il virus si espanderà, più il rischio delle varianti del Cvid crescerà, più aumenterà il pericolo che i vaccini di oggi diventino inefficaci. E più difficile sarà uscirne per tutti i paesi”.

Se pensiamo solo a immunizzare noi stessi e non anche gli abitanti del Burkina Faso, la nostra sarà una puntura di acqua fresca. O se vogliamo metterla come la Signora Moratti sul piano dell’utilità economica ma al contrario (cioè quasi meglio vaccinare prima i poveri), “Se quei paesi non hanno il vaccino, non riprenderanno, non assicureranno quei beni intermedi necessari alle economie avanzate e non garantiranno lo stesso livello di domanda per le esportazioni delle economie avanzate”. Parole di Sebmen Kelemli-Oscan dell’Università del Maryland e autore di un rapporto che dimostra quanto, alla fine, le relazioni fra paesi ricchi, emergenti o in via di sviluppo sia inestricabile. Gita Gopinath, capo economista del Fondo monetario, è stata ancor più sintetica nel suo rapporto al World Economic Forum, aperto a Davos: “La pandemia non finirà davvero per nessuno, fino a che non finirà per tutti”.

Last but not least, la geopolitica. Mentre attendiamo con ansia che Astrazeneca passi i rigorosi controllo europei – e nel timore che intanto non venda ad altri le nostre dosi – russi e cinesi regalano e svendono Sputnik e Sinovac al Terzo Mondo. Da Ebola al terremoto ad Haiti, una volta erano gli americani che avevano la parte del salvatore. Quando Joe Biden è entrato alla Casa Bianca ha scoperto che oltre a sottostimare il virus, il suo predecessore non aveva preparato neanche un piano nazionale di vaccinazione. Per un bel po’ sarà difficile che dall’America arrivi la cavalleria.

Come non devono preoccuparsi del parere della loro opinione pubblica quando decidono un lockdown, così russi e cinesi non hanno offerto alla comunità scientifica internazionale prove dell’efficacia dei loro vaccini. Ma siamo in emergenza e basta poco per fare propaganda efficace: conta l’effetto placebo. Prima l’acquisto del debito, poi le mascherine, infine il vaccino salvifico, taumaturgico anche se funziona poco. L’Africa è già cinese, poi toccherà agli altri.

http://www.ispionline.it/it/slownews_ispi/

Allego un commento sui rapporti fra amministrazione Biden ed Europa, uscito sull’edizione cartacea del Sole 24 ore.

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