Il nazismo in un tubetto di crema: come ti banalizzo l’antisemitismo

Isra settlementsSono molte le minacce alla sicurezza che di questi tempi preoccupano legittimamente Israele. Tuttavia il governo Netanyahu non perde occasione – a volte con una certa ossessione – di prendere d’assalto l’Unione europea e le sue “linee guida” contro i beni prodotti nei Territori occupati, in vigore da pochi mesi. Definirle un boicottaggio economico è palesemente eccessivo. Eppure gli israeliani volutamente le confondono con il movimento internazionale BDS (Boycotts, Disinvestment and Sanctions).

Come Lars Faaborg-Andersen, l’ambasciatore UE a Tel Aviv, ha tentato di spiegare ripetutamente ai suoi interlocutori, “I prodotti degli insediamenti continueranno a entrare nel mercato europeo. Semplicemente, non è permesso scrivere ‘Made in Israel’ sulle etichette”. Infatti cambiano solo quelle. E nonostante questo, commercianti e consumatori continueranno ad essere liberi di vendere e comprare quei prodotti. Nulla di questo poco sarà fatto verso ciò che è prodotto dentro i confini d’Israele, riconosciuti dalla comunità internazionale.

Ciononostante l’offensiva israeliana è continua, aggressiva, travisa i fatti e perfino la storia. Come l’accusa inaccettabile che le “linee guida” equivalgono al boicottaggio nazista dei negozi e dei beni degli ebrei, negli anni Trenta. Una “distorsione della storia e un modo per sminuire i crimini nazisti e la memoria delle loro vittime”, ha ricordato Faaborg-Andersen. Il problema non è solo la pretesa israeliana che il mondo non metta in discussione il loro presunto diritto a occupare i Territori palestinesi. C’è qualcosa di più preoccupante, di psicanaliticamente malato, nel vedere l’antisemitismo nell’etichetta di una crema per le mani, prodotta con i sali del Mar Morto.

L’uso a basso prezzo dell’accusa di antisemitismo è comune anche negli Stati Uniti: da tutti i repubblicani e da una consistente parte di democratici. “Leggi discriminatorie applicate solo agli ebrei sono ora scritte nelle leggi europee, per la prima volta in più di mezzo secolo”, ha gridato in campagna elettorale Marco Rubio, con la solita retorica. “Ci serve un presidente che non abbia paura di chiamare tutto questo col suo nome: antisemitismo. Io sarò quel presidente”. Non lo sarà, se gli americani avranno fortuna.

Per ignoranza o utilità politica, tutto questo trambusto non tiene conto di un precedente. Da molti anni gli Stati Uniti applicano una legislazione molto simile a quella europea, senza che israeliani né repubblicani facciano uso del solito insulto. La “guidance” era stata scritta dal dipartimento al Tesoro nel 1995, è stata aggiornata due anni dopo e continua a essere in vigore. L’avevano decisa nel periodo pieno di illusioni degli accordi di Oslo, per dare un aiuto economico all’Autorità palestinese appena nata”. Gli israeliani non obiettarono.

“I beni che sono prodotti nella West Bank e a Gaza…non devono contenere le parole ‘Israele’, ‘Made in Israel’, ‘Territori occupati-Israele’ o parole dal significato simile”. E ancora: “Il dipartimento di Stato è convinto che i beni etichettati come provenienti da ‘West Bank’ o ‘Gaza’, forniranno ai consumatori americani importanti informazioni indicanti la loro origine”. Come lo vogliamo chiamare, antisemitismo yankee?

 

Come d’abitudine, pubblico un paio di commenti sulla crisi siriana e la tragedia di Giulio Regeni, usciti in questi giorni sul Sole 24 Ore

SIRIA

http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2016-02-13/i-grandi-condannati-cooperare-081338.shtml?uuid=AC2gKkTC&fromSearch

 

EGITTO

di Ugo Tramballi

Qualcuno ricorderà Mohammed Saeed al-Sahhaf, meglio conosciuto come Alì il Comico. Nel 2003 era il ministro dell’Informazione di Saddam Hussein. Gli americani erano già dentro Bagdad ma lui continuava a raccontare alla stampa di tutto il mondo che le truppe irachene stavano respingendo e decimando il nemico. Riuscito miracolosamente a fuggire, fu scritturato nel talent di una tv degli Emirati dove ancora vive.

Senza volerlo, al-Sahhaf era riuscito a regalare qualche minuto quotidiano di comicità nella tragedia dell’inutile invasione americana dell’Iraq: voleva essere l’inizio della democratizzazione forzata del Medio Oriente ma fu l’inizio della fine del Medio Oriente. Se dimenticassimo per un istante l’arresto, le torture, l’agonia e la morte insensata di Giulio Regeni, anche i ministri, i generali di polizia e gli ambasciatori egiziani che sono intervenuti sul caso, sarebbero stati capaci di farci ridere.

La prima archiviazione poliziesca del caso come incidente stradale. Poi il ministro degli Interni “infastidito” dalle “insinuazioni” della stampa italiana sul coinvolgimento degli apparati dello stato. La cosa apparentemente più comica è stata la promessa del ministro, un generale, di trattare il caso “come se Giulio fosse un egiziano”. Voleva rassicurare. Invece, come poi dimostrato, era una minaccia. Il giovane italiano ha fatto la stessa fine di centinaia e centinaia di coetanei egiziani, spariti nelle carceri.

Poi c’è stato l’ambasciatore egiziano a Roma, minaccioso: continuando così voi italiani metterete a repentaglio le relazioni economiche con l’Egitto. Infine il ministro degli Esteri con la perla del paragone con le migliaia d’immigrati egiziani, vittime quotidiane della malavita italiana. “Se dovessi insinuare che ogni attività criminale è legata al governo italiano, sarebbe molto difficile condurre relazioni internazionali”. Oltre ad essere offensivo con gli italiani, Sameh Shoukry, il ministro, lo è stato anche con i suoi connazionali. Chiunque la conosca, sa che al Cairo non c’è criminalità e che i pochi banditi di strada non torturerebbero la loro vittima, come è accaduto a Giulio. Nel caos creativo del traffico del Cairo si muore poco anche d’incidente stradale. Le principali cause di decesso sono i terroristi e l’uso indiscriminato della lotta al terrore che applica la polizia.

Poi sono arrivati gli americani a raccontarci come sono andate le cose. Ma per quanto il New York Times sia il primo giornale al mondo, i suoi segugi non avrebbero trovato tre ufficiali pronti a raccontare come sono andate le cose se qualcuno al governo – dove c’è ancora gente con il senso della giustizia – non glieli avesse fatti trovare.

E’ da qui che bisogna ripartire per avere giustizia e riprendere quella collaborazione politica, economica e culturale che fino alla tragedia di Giulio aveva distinto i rapporti fra Egitto e Italia. C’è ora un’ombra sui cinque miliardi d’interscambio, sulla grande scoperta del mega-giacimento di Zohr fatta dall’Eni e carica di opportunità future, sull’impegno di migliaia d’imprenditori italiani in Egitto. Non è difficile fugarla. Basta ammettere una verità scomoda ma ormai ineludibile. Come diceva qualche giorno fa Pier Ferdinando Casini, noi italiani “siamo pazienti ma non ingenui”.

  • carl |

    Molte le minacce incombenti sulla Stato ebraico..?
    Ma perchè non vedere invece il famoso bicchiere mezzo pieno..:o)?
    Con lo stato quasi d’assedio, o cmque di eccezione, in Egitto e la Siria (parafrasando Calvino) ridotta a “Stato dimezzato”, come il letterario visconte..Beh, a me sembra che di fatto lo Stato ebraico abbia ottenuto come minimo un rinvio, un differimento, una proroga… No? E invece da quel che ho letto pensano perfino ad un maxi-muro..
    A meno che non si tratti di una misura “keynesiana” mirante a garantire occupazione..
    Quanto all’ambasciatore Andersen, non racconta fiabe, ma usa eufemismi. Ad es.quando parla di “insediamenti”..
    Infine non mi è chiaro se, nell’articolo, sia l’ambasciatore o Lei ad usare l’espressione “..C’è qualcosa di(..) psicanaliticamente malato..”. Infatti anch’io sono convinto o, diciamo, persuaso che i trattamenti di cui sono stati oggetto molti ebrei da parte del nazismo abbiano potuto generare gravi traumi. E non solo nei sopravissuti, ma anche ad una maggior o minor percentuale delle generazioni successive, compresa l’attuale. E come è noto a quella attuale è stato dato, o consentito, di arrivare a disporre dell’arma “ultima”..Il che, a sommesso parere dello scrivente, è ancor più grave della libera disponibilità e vendita di armi corte e lunghe negli States due secoli dopo la loro insurrezione..
    Se bisogno ve ne fosse, aggiungo che comunque anche se non ci fossero stati gli aiuti ed i sostegni esterni necessari per costruirsi da sè bombe nucleari e relativi vettori, lo Stato ebraico avrebbe sicuramente provveduto a procurarsene sul “libero mercato”..Impossibile?
    Mah..La mano invisibile, se si paga bene, è anch’essa corruttibile…
    Infine, per quanto attiene sia l’Egitto che l’infausta ed ingiusta sorte del giovane ricercatore, ha sentito anche Lei cosa ha scritto (e anche dichiarato telefonicamente stamane l’Ambasciatore Romano a “Tutta la città ne parla”…?)
    Ma qui devo per forza di cose autofermarmi, perchè me ne verrebbero da inanellare di ragionamenti..

  • diocer |

    Mah ! La Comunità Europea avrebbe potuto risparmiarsi tali stupidi provvedimenti, avendo ben altri problemi di cui si dovrebbe preoccupare. Ma tanto è, vuol dire che comprerò di preferenza i prodotti in oggetto, anche se marchiati.
    Saluti

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