La guerra in Medio Oriente e la guerra nelle nostre città

ParisProprio venerdì venivano buone notizie dall’Iraq. Per la prima volta un’offensiva militare curda, appoggiata dagli alleati dal cielo e da terra, aveva tolto all’Isis una città strategicamente importante. E’ la prova che il Califfato non è un nemico temibile sul campo di battaglia: basta che i mille soggetti che dichiarano di combatterlo, lo facciano.

Ma ciò che è accaduto a Parigi dimostra un’altra cosa che già temevamo. L’Iraq, la Siria, l’Egitto, il Libano non sono l’unico campo di battaglia di questa guerra: il terzo conflitto mondiale, insidiosamente già incominciato, come sostiene papa Francesco. Il fronte passa anche per le nostre città, le strade, i luoghi della normalità della nostra vita. Ora militarizza anche gli stadi.

Da mesi discutiamo del ruolo dell’Arabia Saudita, della Turchia, del Qatar e di altri paesi della regione che fino a poco tempo fa avevano armato e permesso che fossero finanziate organizzazioni estremiste islamiche. La loro violenza e i loro scopi erano difficili da discernere dal gruppo diventato nemico par excellence, l’Isis. Favorevoli e contrari disputano se dopo l’accordo sul nucleare, l’Iran sia un infiltrato pericoloso o un partner prezioso per stabilizzare il Medio Oriente. Poi è arrivata anche la Russia della quale non è ancora chiaro se sia in Siria per combattere l’Isis o difendere solo il regime di Damasco.

E’ tempo che Stati Uniti, Europa e Russia, creino le condizioni per quella collaborazione necessaria a spingere tutti gli alleati dalla discutibile fedeltà alla lotta comune, a creare un vero fronte contro il cancro dell’Isis. Per quanto possa avere il sapore di un ritorno delle vecchie potenze globali e della guerra fredda, quelle nuove regionali hanno dimostrato di essere completamente incapaci di andare oltre i loro limitati interessi e pensare a un ordine regionale, a una struttura di sicurezza collettiva degna di questo nome.

Ma anche se Stati Uniti e Russia saranno capaci di fare un “reset” mediorientale delle loro dispute globali, nemmeno questo basterebbe per incominciare a sentirci più sicuri nelle nostre città. Il grande campo di battaglia mediorientale e quello nuclearizzato a Parigi, potenzialmente possibile ovunque, sono due tragedie complementari che tuttavia agiscono su piani diversi. Forse è solo un caso che l’incredibile offensiva terroristica parigina sia compiuta quando sul campo, in Medio Oriente, l’Isis sta entrando militarmente in crisi. Ma sentendo la difficoltà di sostenere la controffensiva in Iraq e Siria, il califfo scatena i suoi dormienti fra le comunità d’immigrati di seconda e terza generazione. E potrebbe continuare a farlo anche quando Raqqa fosse liberata.

Questa parte europea della guerra non la possono vincere gli eserciti. Nemmeno se Stati Uniti, Russia ed europei decideranno di far calcare agli scarponi della fanteria la sabbia del Medio Oriente. La potenza militare in questo caso non c’entra, sebbene prima ci sarà una vera mobilitazione, prima finirà lo stato islamico.

Sul nostro fronte si vince con l’attività dei servizi segreti, con stati forti e una Ue efficace, con la compattezza delle opinioni pubbliche nazionali ed europea nel suo insieme. Gli stati possono essere forti senza applicare leggi speciali, senza commettere l’errore degli americani dopo l’11 settembre, quando abbassarono il livello dei valori democratici che li avevano resi forti. Ma dobbiamo abituarci alla straordinarietà e sapere che alcune certezze della nostra vita dovranno essere modificate. Quali e per quanto, dipenderà anche da noi cittadini.

  • carl |

    Innanzitutto, a mio sommesso ed insignificante parere, bisogna usare equilibratamente i termini.Guerra è stata quella del 15-18, del 39-45, del Vietnam, ecc.E lo sarà (inimmaginabilmente) l’eventuale terza..E non quelli cui si riferisce Francesco I che, tutt’al più, sono i suoi prodromi.. bensi quella cui si riferì Einstein (che accennò pure ad una quarta…:o). La guerra è ben altro che delle scaramucce, degli attacchi limitati/localizzati”mordi e fuggi” o “mordi e muori”, i cui esiti letali sono indubbiamente moltiplicati dal fatto che le armi individuali non sono più quelle ad avancarica…
    Nel suo nuovo pezzo, dott Tramballi, lei cita alcuni dei nodi irrisolti, ma vi intravedo sopratutto quegli altri nodi che fanno sì che un bastone sia definito “nodoso”..Mentre che per mirare a risolvere i problemi (anche solo quelli mediorientali) sul tappeto è giocoforza aggiungere del carotene, della metaforica carota..No? Infatti in ogni negoziato, vero o apparebte/finto che sia, suole esserci un tira e molla e alla fine le parti si vengono incontro (anche in quelli finti e preconcordati).A meno, ovviamente, che non si abbia raggiunto e superato il punto di non ritorno.Speriamo di no, o diciamo che non è detto che lo sia stato. In ogni caso quand’anche si volesse/potesse ancora raggiungere un accordo, bisognerà comunque preventivare l’agire ulteriore di patogene minoranze attive e ostinate che nella storia hanno sempre avuto (per lo più malamente)un ruolo primario e trascinante, fossero esse delle sedicenti elites ai vertici delle varie piramidi, opuure gruppi di base, rivoluzionari, anarchici, ecc.
    Purtroppo il fatto è che al presente l’irrisolto nodo mediorientale ha generato milioni di profughi ed emigranti in gran parte, finiti via terra o via mediterraneo, sul gobbo dell’Europa nostra. Infatti con gli USA c’è di mezzo l’oceano per cui..Ma il fatto è che pur avendo una produzione di dollari iperfacile e abbondante non hanno minimamente accennato ad un possibile Q.E. di tipo Marshall…:o)
    Infine un accenno alla Russia che solo dei”ciechi” (come quelli che ogni tanto scova l’INPS….o)possono dire di non percepire che non intende essere espulsa dal Mediterraneo..Che può essere visto come la Germania/Berlino del dopoguerra ove USA,URSS,UK e F se l’erano spartiti e messo radici di comune accordo…

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