Da qualche tempo non si hanno notizie del giovane coreano del Nord Kim Jong-un. Non è una questione di poco conto: il ragazzo presiede una dittatura che è una via di mezzo fra stalinismo e Confucio. Controlla un piccolo arsenale nucleare (una decina di testate, secondo il Bulletin of the Atomic Scientists di Chicago), ha la chiave di lancio di centinaia di missili convenzionali puntati sulla Corea del Sud ed è il comandante in capo di un esercito enorme e affamato, guidato da generali apparentemente esagitati.
Ma non dobbiamo preoccuparci. Dopo aver parlato con il rappresentante a Roma della Corea del Nord, ci rassicura il senatore Antonio Razzi: “Ho chiesto all’ambasciatore e mi ha detto che (il dittatore, n.d.r.) sta bene. Tutto a posto”. Siamo a cavallo. Anche a Seul adesso sono tranquilli.
Tendiamo a credere che Antonio Razzi sia la caricatura di se stesso. Una macchietta. L’imitazione di Maurizio Crozza è semplicemente un capolavoro della satira politica. Alla Zanzara di Radio 24 anche Giuseppe Cruciani ne ha fatto un esilarante quadretto, sollecitandolo con qualche domanda e lasciando parlare lui.
In realtà Antonio Razzi, abruzzese, senatore di Forza Italia, eletto già tre volte dal popolo italiano, è una cosa seria: una scandalosa immagine del Paese. Ha ammesso di aver sostenuto il governo Berlusconi per interesse materiale; è stato beccato a dire che occupava uno scranno del Parlamento solo per la conquista di una lauta pensione.
E poi la Corea del Nord. Alla Zanzara ha avuto anche il coraggio di dire che il libro “Fuga dal campo 14” era una menzogna perché in quel Paese che lui ha “girato in lungo e in largo” non esistono campi di concentramento. E che il protagonista di quel racconto è “un bugiardo”. Shin Dong-hyuk, figlio d internati, in quel campo è nato nel 1982. Ne è fuggito all’età di 23 anni e il suo racconto è stato raccolto da Blaine Harden in un libro tradotto in 27 lingue. In Italia è pubblicato da Codice Edizioni. Giornalista e scrittore, Harden ha lavorato per il New York Times, il Washington Post, Guardian, Economist, PBS e altre autorevoli riviste.
Ma per Antonio Razzi è tutta una balla, un’operazione per fare soldi screditando un regime che ogni anno gli regala un viaggio gratis fino a Pyongyang. Razzi ha un debole per chiunque lo paghi. Fa bene lui a non leggere mai libri, ha confidato a Giuseppe Cruciani. Un analfabeta per scelta ideologica.
Ma non ridete, è una cosa seria. Razzi è un nemico dell’Italia, la discredita; è come la conferma, la prova fisica di tutti gli stereotipi su di noi. Dovrebbe essere preso sul serio e isolato a cominciare dal suo stesso partito, Forza Italia.
Tuttavia mi rendo conto che descriverlo così, privilegiando il problema Razzi sulla versione comica, a mia volta gli attribuisco una gravitas che non merita. Che fare, dunque?
O’Pernacchio. Ricorderete l’ultimo episodio de “L’Oro di Napoli” di Vittorio De Sica. Il Professore, Eduardo De Filippo, spiega agli abitanti del suo quartiere come vendicarsi dell’arroganza di Don Alfonso Maria di Sant’Agata dei Fornari. Il duca ogni mattina passa con la sua auto scoperta, disturbando la vita quotidiana nei vicoli della vecchia Napoli. Il modo migliore, spiega il Professore, è un pernacchio potente e prolungato che venga contemporaneamente dalla testa e dal petto, che sia cioè intelligente e appassionato: “Perché è o’pernacchio che fa le rivoluzioni”. Il passaggio successivo del duca, l’invocazione del suo nome e la sonora derisione, è una delle scene più esilaranti della cinematografia italiana.
Facciamo così anche con Razzi. Lui non è nobile come Alfonso Maria di Sant’Agata dei Fornari, ma ugualmente parassita. Ricordiamoci di Edoardo De Filippo, ogni volta che lo vedremo passeggiare per i vicoli del potere, nell’antico centro di Roma. “Senatore – Antonio – Razzi……prrrrrrrr”.