Tre guerre, forse quattro, e un bombardamento

    2-Hezbollah-Israel-war_634460249370191055_mainimgUn bombardamento per tre conflitti. Israele continua a negare. Lo ha sempre fatto nei casi che riguardano la sua sicurezza: le missioni aeree, l’eliminazione all’estero dei nemici, l’arsenale nucleare. Anche se saltano fuori prove inoppugnabili, loro negano. Posto tuttavia che l’attacco israeliano al convoglio e al centro di ricerca ci sia stato – lo confermano tutti gli altri, compreso Washington – gli scenari locali potrebbero subire brusche e pericolose accelerazioni.

  Israele non si è mai posto il problema delle conseguenze, quando di mezzo c’è bitakhon, la sicurezza. I suoi esperti analizzano e prevedono, naturalmente. Ma l’eliminazione dell’obiettivo individuato resta l’oggetto primario. Poi lo stato ebraico e il suo apparato militare si adattano a quello che accade dopo. Il dopo in questo caso è piuttosto sfaccettato: l’attacco al convoglio stimola tre conflitti in un colpo solo.

La guerra civile siriana. Subita l’aggressione sul suo territorio, il regime potrebbe avere interesse a usare Israele per deviare il conflitto interno verso una nuova guerra santa al sionismo, sempre popolare nel mondo arabo. Ma la risposta israeliana sarebbe devastante e il gioco altamente rischioso. La guerra in Siria è così avanti, così radicata nel Paese che le opposizioni potrebbero trasformare Israele in un alleato tattico contro Bashar Assad.

La guerra civile libanese. Hezbollah vuole rafforzarsi il più possibile, prima
che in Siria crolli il regime alleato. Dopo sarà logisticamente più difficile ricevere
le armi dall’Iran. Il bombardamento israeliano dimostra che già lo è. Ma
interesse della milizia sciita libanese è anche evitare il contagio siriano in
Libano. In questo momento Hazbollah controlla il governo, la sicurezza, le
frontiere a Est con la Siria e a Sud con Israele. La crisi siriana è un
problema anche per questo: il contagio e l’esplosione di una nuova guerra in
Libano, cambierebbe questo stato di grazia. Se l’Iran è un alleato strategico,
ideologico e religioso, Bashar è dopo tutto sacrificabile.

La guerra fra Israele ed Hezbollah. Il conflitto alla frontiera non è finito nell’agosto
del 2006. E’ stato solo congelato da un cessate il fuoco, garantito dai caschi
blu dell’Unifil. Coraggiosamente ma inutilmente: se i due nemici decidessero di
riprenderlo, non avrebbero alcun mezzo per dissuaderli. Il regolamento dei
conti, insomma, è solo rinviato. Forse mai come adesso l’arsenale missilistico
di Hezbollah è stato così rifornito quantitativamente e qualitativamente. Se
l’altra notte Israele ha colpito è perché probabilmente in quel convoglio
c’erano armi contraeree capaci di mettere in discussione la superiorità
strategica inviolata da quarant’anni, dalla guerra del Kippur: l’assoluto
controllo israeliano dei cieli. La ripresa del conflitto del 2006 non è
nell’interesse di Hezbollah per le ragioni già riportate rispetto ai rischi di
una nuova guerra civile in Libano. E non sarebbe utile a Israele, perché
ricorderebbe all’intero mondo arabo in agitazione, che in Cisgiordania ci sono
sempre delle terre palestinesi occupate. Ma esattamente per le stesse ragioni,
viste da un’altra angolatura (Hezbollah per dominare il Libano dopo una
vittoria e Israele per approfittare di un mondo arabo distratto dai suoi
problemi), potrebbero decidere che il momento è buono per chiudere i conti.

   Quest’ultimo conflitto ne sottintende un
altro. Il più devastante, fra Israele e l’Iran con il suo nucleare. Il tempo di
finire le elezioni e Netanyahu aveva già riposto la minaccia di Tehran al primo
posto delle preoccupazioni del governo che formerà. L’Iran non starebbe a
guardare l’assalto israeliano ai fortini hezbollah e Israele non perderebbe
l’occasione di aggirare le reticenze americane e bombardare i siti nucleari.   

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  • ddp |

    grazie Ugo Tramballi:
    ripiombo nell’angoscia…

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