Uno spot televisivo repubblicano. Chuck Norris accanto alla moglie, bionda come dovrebbe essere ogni vera texana, guarda la camera e invita i 30 milioni di cristiani evangelici che nel 2008 non erano andati a votare, permettendo a Obama di vincere (sostiene Chuck). Dice Texas Ranger con la stessa inespressività che ha determinato la sua mediocre carriera di attore: “Non possiamo più stare in silenzio mentre il nostro Paese diventa socialista o qualcosa di peggio”.
Probabilmente gli unici socialisti che conosce Norris sono le comparse vietnamite di “Rambo 2 La Vendetta”. Non solo non ha idea del socialismo, non ha nemmeno idea di cosa sia Barack Obama, la sua idea di America e nemmeno quella reale che resterà incompleta se vincono i repubblicani.
Le due conventions hanno rivelato che i repubblicani non hanno un leader e i democratici si. Che i repubblicani non hanno idee nuove per riparare la crisi economica; e i democratici ne hanno dopo aver commesso degli errori, alcuni gravi, per aggiustare i danni che due mandati repubblicani avevano provocato e lasciato in eredità a Barack Obama. I repubblicani non hanno una politica estera perseguibile senza scatenare la terza guerra mondale, i democratici si.
Ma quello che ha più stupito è
quante bugie i repubblicani siano stati capaci di raccontare agli americani, ai
loro alleati e ai loro nemici. Il governatore dell’Ohio ha detto che il suo
Stato è risorto, senza menzionare quanto il governo centrale ha speso per
ridare vita all’industria automobilistica.
I megafoni di Wal Street hanno continuano a garantire che il modo
migliore per rilanciare il Paese è tagliare le tasse ai più ricchi, sapendo che
anche in America sono pochi i ricchi che investono rispetto a quelli che si
arricchiscono di più. Hanno accusato Obama di aver moltiplicato il debito e di
essere nemico di Wall Street, ignorando i
suoi 780 miliardi di dollari di stimolo alle banche.
Chi si propone di governare
l’America vuole spendere per la Difesa più soldi i quanti lo stesso capo di
Stato maggiore chieda; di continuare la guerra in Afghanistan fino alla
vittoria sapendo che data la realtà sul campo e i mezzi dell’America di oggi,
non c’è vittoria visibile in questa generazione. E demonizzano Barack HUSSEIN
Obama come farebbe solo la propaganda di un vero Paese socialista.
“Amano raffigurarmi come il Big
Government, il liberale tassa e spendi”, dice Obama in un’intervista
sull’ultimo numero di Time. “La verità è che questa crescita del governo
federale è la più lenta dai tempi di Dwight Eisenhower. La riforma fiscale che
invoco ci riporterebbe semplicemente ai tassi dell’epoca Clinton per la gente
sopra i 250mila dollari. Il che significa che le tasse saranno più basse con me
di quanto sono state con Clinton o Ronald Reagan. Non stiamo cercando niente di
radicale, qui”.
Quanto a bugie la convention
repubblicana è stata come un congresso del Pcus (Chuck Norris non lo sa, non
può capire). Certezze assolute, dubbi zero; il sol dell’avvenire del Tea Party
che ormai si è impossessato del partito vero come nemmeno Trozky si era sognato
di fare con quello sovietico; i cambiamenti climatici non esistono; Dio è al
centro della Nazione in un Paese fondato 236 anni fa per essere nella sfera
pubblica il più laico e tollerante della Terra; si può fare a meno dei cinesi,
picchiare duro con la Russia, stare cento anni in Afghanistan, armarsi e
riarmarsi perché il mondo è ai piedi dell’America per almeno un altro secolo.
Nel discorso alla convention
democratica Barack Obama ha ammesso di “non avere tutte le risposte” per il
futuro, di aver commesso errori nel primo mandato e di volerne fare un secondo
diverso. Ma la risposta più concreta al surreale mondo repubblicano (il partito
repubblicano di oggi, non quello di una volta) fatto di ultra-religiosi, nemici
della classe media e di uno Stato federale di tutti, è stata questa: “Noi
crediamo in qualcosa chiamata citizenship”, l’americano cittadino consapevole
di Barack Obama.