Tranquilli. Il nostro debito pubblico, la sincope dell’euro, le montagne russe dell’economia americana, le scemenze che riescono a dire i candidati alle primarie repubblicane, sono bagatelle. Nel 2012 siamo di un minuto più vicini all’apocalisse nucleare: l’anno scorso eravamo a sei, ora a cinque. Evviva.
Ce lo segnala il Bulletin of the Atomic Scientists, creato nel 1945 dagli scienziati del Manhattan Project, dopo il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki. Gli stessi uomini che avevano aperto il “Vaso di Pandora nucleare”, iniziarono subito a mobilitarsi contro la proliferazione del mostro. Fra alti e molti bassi, la battaglia non è mai stata interrotta. Nel post del 5 novembre avevo già scritto del Bulletin e di quanto vasto sia ancora l’arsenale mondiale delle armi nucleari. Allora eravamo a sei minuti dalla mezzanotte nucleare.
“ Per approssimazione, il mondo ha ancora 19.500 armi atomiche”, dicono gli scienziati americani. Ma non è per questo che a gennaio, come ogni anno, hanno verificato la situazione e deciso di portare la lancetta del “Doomsday Clock” a soli cinque minuti dall’apocalisse. Quel “potenziale esplosivo uguale a un milione di soli” c’era anche prima. Quello che è accaduto dopo, nonostante le speranze dell’anno scorso è che “il cammino verso un mondo libero dalle armi nucleari non è affatto chiaro e le leadership stanno fallendo”. E’ per questo che abbiamo perso un altro minuto. E perché il Trattato sul bando dei test nucleari è ancora incompleto; perché Usa e Russia non si mettono d’accordo sull’inutilità delle loro gigantesche difese missilistiche vent’anni dopo la fine della Guerra fredda. E anche perché c’è “una insufficiente trasparenza, pianificazione e cooperazione fra i nove Stati” che possiedono l’arma. (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord).
E c’è l’Iran. Ma non solo. Continua il Bulletin: “L’ambiguità sul programma energetico nucleare iraniano è l’esempio più prominente di questo problema irrisolto. Si deve ancora capire quanti altri Paesi cercheranno di ottenere energia nucleare senza avere incentivi per resistere alla tentazione delle sue applicazioni militari”.
Ma se siamo solo a cinque minuti dall’Armageddon non è solo per le bombe atomiche. C’è stato Fukushima. Gli scienziati del Bulletin sono tutti liberal contrari all’arma ma non all’energia atomica. Sostengono la necessità di sviluppare e investire sulle fonti alternative perché un giorno rendano obsoleto carbon fossile e nucleare. Ma credono che oggi il problema delle centrali sia quello di renderle sicure, non di smantellarle tutte. E che il problema ambientale siano le centrali e le infrastrutture tradizionali previste entro il 2020 che se bruceranno carbon fossile per 50 anni, porteranno i mutamenti climatici a “un punto di non ritorno”. La loro posizione non mi dispiace: ero un nuclearista perplesso al referendum del 1987 e un anti-nuclearista altrettanto perplesso a quello dell’anno scorso.
Durante la Guerra fredda, quando Usa e Urss moltiplicavano in modo insensato i loro arsenali, l’americano George Kennan sosteneva che “nessuno è abbastanza saggio né abbastanza fermo da avere il controllo sopra il volume di esplosivi che oggi abbiamo in questo Paese. Le armi nucleari – concludeva – non dovrebbero esistere affatto”. Kennan era un uomo fortunato: doveva preoccuparsi solo di quelle.