Nel nostro piccolo anche noi milanesi sabato e domenica daremo una prova di grande democrazia, come stanno facendo gli americani con le loro primarie. Non voglio fare il baùscia (fanfarone in milanese, e anche un sinonimo di interista; noi milanisti siamo i “mutandoni” per via del calzoncino bianco). Le nostre sono solo primarie per un sindaco, e lo sono di un solo partito perché i salvin-berlusca-meloniani, in ordine di consenso, preferiscono scegliere il loro candidato nel salotto di Arcore.
Però Milano è importante per la politica italiana: se non alla California con i suoi 55 voti elettorali – quelli che alla fine servono per arrivare a un presidente – la paragonerei alla Florida con 29 o all’Ohio con i suoi 18 voti elettorali. Gli ultimi due sono swing states, non hanno una tradizione di voto allo stesso partito: ora i loro elettori scelgono un repubblicano, ora un democratico. La California, invece, è democratica da sei elezioni, dal 1992.
Sfortunatamente – lo dico da elettore del Pd – Milano è una swing city: fino a cinque anni fa governava Forza Italia. E questo è un punto fondamentale del ragionamento che voglio fare.
I quattro candidati del Pd milanese sono tutti meritevoli. Sala significa Expo. Francesca Balzani non la conosco ma la garanzia è di essere stata la vice di Giuliano Pisapia del quale ho avuto l’onore di firmare il primo manifesto elettorale e alla cui campagna avevo dato un piccolo contributo di partecipazione. Pierfrancesco Majorino è giovane, è stato un eccellente assessore alle politiche sociali e ha fatto più di quanto fosse in suo potere per dare una risposta all’emergenza dei profughi siriani nella nostra città. Non conosco nemmeno Antonio Iannetta ma dello Uisp (l’Unione Italiana Sport per Tutti) del quale è presidente, da ragazzo ho vinto alcune gare di nuoto.
Politicamente o idealmente, penso di essere più vicino a Balzani e Majorino. Ma domenica mattina tornerò nella mia città del cuore per votare Sala. Lo farò con le stesse ragioni per le quali voterei Hillary Clinton e non Bernie Sanders, se fossi un democratico americano (vedi blog precedente, “Il grande sogno americano”). Durante uno dei dibattiti democratici prima dei caucus nello Iowa, Hillary aveva detto qualcosa che mi aveva fatto pensare: “Io sono progressista. Ma sono una progressista che vuole vedere le cose fatte”. Mi sembra un compromesso accettabile fra ideale e realismo.
Non voglio che Milano torni nelle mani del centro-destra come non vorrei vedere gli Stati Uniti governati da un estremista repubblicano: lo dico da italiano, di un paese alleato degli Usa le cui scelte continuano a influire sul nostro futuro. Letizia Moratti non era come Ted Cruz o Trump. La Sciura (signora e by the way interista, come sfortunatamente è anche Pisapia) aveva qualche problema a presentarsi nelle periferie. Ma non aveva governato malissimo. Ricordo quando veniva a Davos al World Economic Forum a perorare con passione la causa dell’Expo a Milano.
Ma oggi il centro-destra in città è la destra di Matteo Salvini. Lui sì è un Cruz e un Trump in sedicesimo. Anche se ad Arcore sceglieranno un candidato berlusconiano, la giunta la controllerà lui, le decisioni più importanti per la città verranno prese attraverso la sua bile. Dopo cinque anni di Giuliano Pisapia, può Milano finire nelle sue mani?
Non sono sicuro che Francesca Balzani e Pierfrancesco Majorino possano impedirlo, come Sanders non fermerebbe i neocon e ultra-cristiani repubblicani in America. Non pensate che i salvin-berlusca-meloniani si presentino col pallido Alessandro Sallusti, se le primarie Pd le vincesse Balzani o Majorino. Troverebbero un candidato molto più forte, che so, un noto imprenditore, che fino ad ora non si è manifestato, considerando Sala un concorrente imbattibile.
Milano non è una città di sinistra, nella sua storia repubblicana è stata molto più di centro-sinistra che di sinistra o di destra. Pisapia è di sinistra, ma aveva quella chimica che piace ai milanesi, orizzontale alle loro idee politiche: era un noto e stimato professionista, una personalità conosciuta dalla città molto prima che Giuliano diventasse deputato.
Credo che Sala abbia più d’una di queste qualità. E parafrasando Hillary, è meglio avere un’amministrazione di centro-sinistra con qualche decisione di sinistra, che Salvini e niente di tutto questo.
P.s. Non so a che squadra tenga Beppe Sala. Fra tanti pregi, la mia città ha il difetto di avere avuto troppi sindaci baùscia. Lo era anche il piccolo grande Carlo Tognoli. Come tutti sapete, invece Salvini è milanista e già si sente anche nostro stratega. Ma gli sono riconoscente. Da quando alterna la maglietta del Milan a quelle a lui care della segnaletica geopolitica, ho trovato una via d’uscita alla sindrome da sconfitta che ha ogni tifoso: se il Milan vince come domenica con l’Inter, ha vinto la mia squadra; se perde, ha perso quella di Salvini.
Allego i due commenti scritti sul Sole 24 Ore, il giornale e il sito, dedicati all’assassinio di Giulio Regeni
Giulio e Valeria come i nostri figli
Risparmiateci verità di comodo