Siamo onesti. Anche ai più rigorosi custodi delle regole democratiche, anche fra chi ha sostenuto con parole e opere la Primavera di piazza Tahrir, fa piacere che esistano i militari egiziani. Sotto-sotto, naturalmente. Un pensiero inconfessabile, quasi se ne ha orrore. Qualcosa che non si racconterebbe mai a un figlio. Lo capisco, lo sto provando anche io e mi sento in colpa.
Eppure….Se i militari non avessero tramato e ingannato con regole imposte da loro stessi, più per avere il controllo che per promuovere la democrazia, oggi il Parlamento e il presidente della repubblica sarebbero nelle mani dei Fratelli musulmani. Completamente controllata da loro sarebbe anche la Commissione costituzionale, incaricata di scrivere le nuove regole del Paese. Tutto attraverso un percorso elettorale democratico. In Tunisia sta accadendo e va tutto bene: i problemi li creano i salafiti estremisti, non i Fratelli musulmani al potere.
Ma l’Egitto è diverso. La Tunisia è un piccolo Paese nel quale sono i giovani diplomati che non trovano lavoro: se l’economia si rimette in moto, saranno il motore della crescita. L’Egitto è enorme, ha 90 milioni di abitanti metà dei quali analfabeti: occorre una generazione perché le cose incomincino a cambiare. L’ipotesi che Dio abbia la soluzione, alla fine è una tentazione comprensibile. E l’Egitto ha una geopolitica che non possiamo ignorare. E’ un alleato dell’Occidente e ha fatto la pace con Israele: gli israeliani non la stanno meritando ma se un governo egiziano islamista la mettesse in discussione, l’effetto destabilizzante per la regione non sarebbe inferiore alla Bomba iraniana.
Noi che crediamo all’autodeterminazione dei popoli restiamo stupiti da questo ragionamento che gira nella mente, rodendo la nostra coscienza: è inaccettabile, ci diciamo con civile ribellione. Però quell’inconfessabile indulgenza per il ruolo dei militari, quel realismo pieno di concrete giustificazioni…..
Se cercate negli archivi, anzi nel web, troverete sui Fratelli musulmani egiziani materiale così vasto e controverso da soddisfare tutti: chi crede nella loro ineluttabile evoluzione democratica, chi nella loro incompatibilità con la democrazia, chi dubita e non sa darsi risposte.
Ci sono i fratelli che perdono tempo con il divieto dei bikini mentre l’economia affonda; e chi l’economia la crea con successo, mostrando idee più da liberista del partito repubblicano americano che da mullah di villaggio. Ci sono dei radicali e dei moderati. Spesso, non sapendo adattarci a culture diverse dalla nostra (anche quando fingiamo di essere aperti e comprensivi), tendiamo a considerarle in maniera sbagliata. Un hijab è un segno di estremismo, la definizione di islamico è sinonimo di al-Qaeda, musulmano si confonde con islamista.
C’è una verità dalla quale non possiamo sfuggire: ovunque sia stato possibile votare liberamente, le Primavere arabe hanno prodotto maggioranze islamiste. Vuol dire allora che le Primavere sono sbagliate e che i dittatori di prima dovevano restare per lenire le nostre preoccupazioni? Evidentemente no. Però se in Egitto i militari alla fine garantissero una transizione graduale, permettendo alla società civile, cioè al sistema democratico, di crescere, la soluzione sarebbe perfetta. Ma esistono militari di questa natura in Medio Oriente? Ed esistono islamisti che di questa gradualità ne approfitterebbero per crescere democraticamente? Tendo per natura ad essere ottimista ma la risposta non ve la so dare. Principalmente faccio il testimone.