Dato il tema principale di questo blog, l’idea era di scrivere sull’espulsione brutale della politica estera dalla campagna elettorale. Ma prima di questo, il Citoyen che è in me arde d’indignazione (l’immagine è piuttosto retorica ma aiuta) per la qualità del dibattito sul voto in assoluto: con o senza la politica estera.
Berlusconi dice che…Monti risponde e aggiunge che Bersani…il quale polemizza con Berlusconi che se la prende con Bersani…. E poi di nuovo: Berlusconi dice che…Monti risponde e accusa….. Così ogni giorno da quando il Paese è entrato in clima di campagna, con i giornali che non perdono una sola delle inutili battute, le enfatizzano, le provocano: “Presidente Monti, il presidente Berlusconi dice che lei…Cosa risponde?”. Lo sventurato rispose, naturalmente. Monotonamente sempre.
Poi Ingroia dice cose incomprensibili: ma nessun giornalista glielo fa notare. Vendola è un pericoloso comunista “che farà perdere voti a Bersani”: ma nessuno manda un inviato in Puglia a vedere se negli otto anni della sua presidenza sia nata una Comune di Bari o le masserie del Tavoliere siano state collettivizzate.
Maurizio Crozza, la sola mente lucida in mezzo a questo caos, l’unica voce fuori dal coro, come lo avrebbe definito Indro Montanelli, sostiene che “non ci vogliono convincere, ci vogliono sfinire”. Non credo si riferisse solo ai politici. Parlava anche di noi, del giornalismo che stiamo offrendo in questa campagna. Siamo come i fuochisti delle locomotive a vapore: radio, televisioni e giornali buttano tutto nella fornace, a palate, senza guardare se è carbone o polvere da sparo, senza selezionare, cercare di discernere la notizia dall’autoreferenzialità.
Quello che conta per le testate non è la
qualità della notizia ma la notizia che serva per essere citati. Da testimoni
ci trasformiamo in comprimari. Qualche mattina fa il GR1 faceva la radiocronaca
in diretta di un’intervista che Monti stava rilasciando a Omnibus. In compenso
“Radio Anch’Io”, sempre del GR1, è il più citato dei talk show radiofonici. Il
politico intervistato è ancora lì che parla ma Ansa e Agi già mandano in
circuito quattro lanci. Il che sarebbe il lavoro di noi giornalisti, se il
politico dicesse qualcosa. Ma è sempre “Berlusconi dice che Monti il quale dice
che Bersani che dice di Berlusconi….”. Le battute rilanciate dalle agenzie sono
le stesse del giorno prima. Ma non importa. Come la Mongolia alle Olimpiadi,
l’importante è partecipare.
Le televisioni poi, sono un delirio assoluto.
Dall’alba ai talk show di ultima fascia, dal cappuccino al cicchetto, ci
martellano con il candidato di turno d’importanza decrescente dal prime time in
giù. Se nei palinsesti di queste settimane ci fosse lo Zecchino d’Oro, anche il
Mago Zurlì- un mio mito – sarebbe costretto a invitare un politico a cantare.
Forse il paragone non è calzante ma una volta se il Corriere faceva
un’intervista ad Arafat, lasciavo passare tre mesi prima di provare ad averne
una anche io. Cosa mai avrebbe avuto da dire di nuovo Arafat?, era l’obiezione
logica. Anzi, professionale. Pensate cosa può raccontare Casini alla sesta
intervista in 36 ore.
Discernere, scegliere, respingere, dividere
quello che si pensa sia notizia da quello che si crede non lo sia, non è
presunzione pedagogica della Stampa, ancor meno censura. E’ il senso profondo
del nostro lavoro, è civiltà, libertà, libero mercato. Comprandoci,
ascoltandoci, guardandoci o cliccando, il lettore deciderà chi fra noi, per
lui, ha scelto bene. Liberiamoci dunque della nostra mediocrità.
Al prossimo post la politica estera in questa
triste campagna elettorale.