La pace di chi?

Una sola entità può fermare il quotidiano massacro di Gaza. Non i paesi arabi moderatamente interessati al destino dei palestinesi; inutile dire che nemmeno l’Europa ha mezzi né incrollabile volontà. La Russia ha la sua guerra; e i cinesi badano a restare lontani dalla palude mediorientale se non per comprare idrocarburi. Presto Pechino ne avrà meno bisogno: già garantisce l’80 e il 60% della produzione mondiale di pannelli solari e turbine eoliche.

Il solo che potesse imporre la fine del conflitto e un futuro per i palestinesi, era il presidente degli Stati Uniti. L’ha fatto e il pessimismo cosmico su un conflitto centenario, si è trasformato in un ottimismo forse prematuro. L’operazione è ardua e Donald Trump è lo stesso presidente che fino a ieri aveva proposto di cacciare gli abitanti della striscia per l’impresa immobiliare di Gaza Riviera; che in parole e opere ha sempre accolto le richieste israeliane; che aveva nominato ambasciatore a Gerusalemme il pastore battista Mike Huckabee per il quale un popolo chiamato palestinese non esiste.

A Washington c’è chi sostiene che per le sue inesauribili e mutevoli dichiarazioni, Trump assomigli al libico Muammar Gheddafi. La differenza è che quest’ultimo era irrilevante riguardo ai destini del mondo, l’americano è il leader della più potente delle nazioni. Come è già accaduto nel conflitto ucraino o sui dazi all’Europa, prima o poi Trump potrebbe cambiare idea.

Per il momento restano la ventina di punti che possono fermare la guerra di Gaza, garantirne la sicurezza, prevedere la ricostruzione e offrire in un futuro ancora lontano uno stato per i palestinesi. Nella conferenza stampa di lunedì non è stata citata la Cisgiordania: non perché i territori occupati siano un regalo a Netanyahu in cambio della rinuncia alla striscia: il piano presentato riguarda Gaza e la sua ricostruzione. Qualche giorno fa il presidente americano aveva già detto che la striscia né la Cisgiordania potranno essere annesse da Israele. E’ per questo che alla Casa Bianca Netanyahu non ha voluto rispondere alle domande dei giornalisti.

Le difficoltà del piano sono altre. Resta da vedere che Hamas ammetta una sconfitta, disarmando e rinunciando al folle intento di distruggere Israele; e che Benjamin Netanyahu con il suo governo di estremisti abbandoni il proposito biblico di annettere Gaza e la Cisgiordania. Per il premier questo significa restare senza governo: i partiti dei coloni dalle visioni messianiche se ne andrebbero. Tuttavia le opposizioni sarebbero disposte a garantire una maggioranza. Poi ci saranno le elezioni alla fine del 2026 e tutto o nulla potrà cambiare. Nella conferenza stampa alla Casa Bianca, l’altra sera, non c’era quasi nulla che Netanyahu condividesse delle proposte di Trump. Ma Bibi è un principe della dissimulazione e della sopravvivenza politica.

Quello che resterà come il “Piano Trump” assomiglia molto alla proposta egiziana di qualche mese fa, in collaborazione con Giordania e Qatar e approvato dalla Lega Araba. C’è anche qualche elemento di Gaza Riviera. Ogni guerra è un grande affare: dopo la distruzione c’è una ricostruzione. Il business americano non guadagnerà solo da questo. Trump avrà la riconoscenza sunnita, soprattutto dei ricchi arabi del Golfo: non solo idrocarburi ma anche terre rare e altri minerali necessari all’industria del futuro.

Oltre a Tony Blair – l’ex premier britannico inviso agli arabi per aver partecipato con George Bush all’invasione dell’Irak – pacificazione e ricostruzione saranno affidati a un esecutivo, composto da tecnocrati palestinesi. Non per ora all’Autorità di Ramallah il cui compito ora sarà di riformare il suo potere corrotto e gerontocratico.

In Attesa della risposta di Hamas, rimasto senza una leadership significativa sia nella striscia che in esilio; aspettando di vedere se e come Israele si ritirerà da Gaza e quali cambiamenti ci saranno nel quadro politico israeliano, il “Piano Trump” resta pieno di ostacoli e di pericoli. Una resa di Hamas, per esempio, non sarebbe la sola garanzia per la stabilizzazione della striscia, necessaria alla sua ricostruzione. Oltre al movimento islamico e al socio minore della Jihad, quel che resta di Gaza è controllato anche dalle famiglie tribali e dalle mafie del florido mercato nero. Anche loro hanno armi e interessi da tutelare.

Ma non esiste un’alternativa migliore al piano americano. Piaccia o no, è la proposta più vicina – o meno lontana – per porre fine all’orrore al quale assistiamo da due anni.

 

  • carl |

    Alcuni interrogativi.
    Comincerei dalla fine :”..L’orrore al quale assistiamo da due anni.” Per non parlare degli altri orrori che sicuramente accadono in un mondo di 8000 milioni di abitanti, ma dei quali non sempre veniamo informati. E come potremmo con dei notiziari che quotidianamente ci sciorinano tutt’al più 8/10 o, al massimo, una dozzina di notizie tra nazionali, internazionali e fatti di cronaca nera, o di altro colore?
    Quanto all’orrore di Gaza, mi chiedo quanti strascichi susciterà e lascerà dietro di sè…? Da parte di gruppi organizzati (infiltrati o meno che siano), da parte di cosiddetti “cani sciolti” ed altri ed eventuali.. A meno che dal conflitto ucraino non si finisca per passare ad uno generale che farebbe dimenticare totalmente anche il ricordo dell’orrore della Striscia, dato che sarebbe l’intero pianeta a trasformarsi in una grande Gaza.. No? E, in particolare l’interrogativo lo pongo a quei politici, alti gradi militari, “walkirie” e compagnia bella che parlottano di: ” fermezza, di riarmo e di non escludere che..”
    Insomma, pare di riudire un “ritintinnar di spade..”.
    Quanto ai 20 punti del “Trumpiano”, più di uno meriterebbe un commento. Mi limito a uno, quello nel quali mi sembra si accenni ad un’amnistia che immagino “ad personam”.. Mentre non mi stupirebbe che anzichè l’amnistia i destinatari preferiranno “delocalizzare” il più in incognito possibile..No?
    E in CisGiordania cesserà la tracotanza (per giunta armata) di coloni e fiancheggiatori?
    Fin qui il mio commento.

  • Carlo |

    noto un leggero sentimento di invidia in questo articolo…perché mai non ci ha pensato Xi Jinping, il paladino dei diritti, visto che “le guerre sono un business”?
    tutto il mondo poteva e doveva intervenire, ma solo gli USA stanno dimostrando di volerlo per davvero.
    ricordiamo che Hamas è un gruppo terroristico di guerriglieri, non un “movimento islamico”.
    se finalmente si fanno da parte, i palestinesi torneranno a governare la loro terra, sempre che non scelgano ancora una volta di farsi guidare da un gruppo terroristico. speriamo la storia insegni. la Cisgiordania non sarà annessa da Israele e finalmente si potrà tornare a parlare di uno Stato di Palestina, che ricordiamolo per chi non lo sapesse, non esiste perché Arafat fece saltare gli Accordi di Oslo.

  Post Precedente
Post Successivo