Anche se di una morte accidentale ci fossero tutte le evidenze del mondo, immagini comprese, nessuno lo crederebbe. Come ha scritto su X Leonid Volkov che di Aleksei Navalny era il braccio destro, “Se è vero, allora non è ‘Navalny è morto’ ma ‘Putin ha ucciso Navalny’ “.
Avvelenato, incarcerato, più volte condannato; trasferito da una prigione di massima sicurezza a un gulag al circolo polare Artico, a migliaia di chilometri da Mosca. E’ difficile non credere che direttamente o per conseguenza della loro perversione, i responsabili, i servi e i boia del regime putiniano non siano i responsabili. Fanno sparire i più piccoli oppositori, sconosciuti in Occidente; hanno eliminato con grande celerità Evgenij Prigozin, una creazione di Putin; hanno ucciso in carcere l’avvocato Sergei Magnitsky che aveva rivelato la loro corruzione; ordinato l’esecuzione di Anna Politkovskaja e di Boris Nemtzov; oligarchi e dirigenti di stato, sospettati di infedeltà, precipitavano dalle finestre d’ospedale come la pioggia in autunno. Era dunque solo questione di tempo perché chiudessero la pratica Navalny, il più importante, autorevole e famoso degli oppositori ancora in vita.
Perché questa è la Russia. Non la Russia di oggi ma quella di sempre, da che pretende di essere una potenza. Da Ivan IV detto il Terribile all’ultimo degli zar; nella lunga epoca di Josif Stalin e oggi in quella apparentemente senza fine di Vladimir Putin. Salvo brevi periodi di tentativi di riforme dal volto umano, i satrapi russi hanno sempre fatto la stessa cosa: aggredire e conquistare i popoli ai loro confini; reprimere e rinchiudere nei gulag i loro avversari interni. Con una ripetitività plurisecolare.
Stalin sconfisse l’invasore nazi-fascista. La Grande Guerra Patriottica è diventata l’atto eroico e formativo della Russia contemporanea: per Putin è il pretesto ideologico dell’invasione dell’Ucraina “governata dai nazisti”. Ma i russi non ricordano mai che prima di essere “tradito” da Hitler con l’aggressione del giugno 1941, Stalin spartì con i nazisti una buona parte dell’Europa orientale.
Poi finita la guerra, tornò a fare quello che già faceva prima: uccidere e deportare russi nei gulag. Indro Montanelli conservava nel suo studio un busto di Stalin. A chi gli chiedeva perché, lui così anticomunista lo tenesse in bella mostra, Montanelli spiegava che nessuno aveva ucciso tanti comunisti quanto lui.
E’ altamente probabile che il potere di Vladimir Putin durerà più di quello di Stalin. A marzo verrà celebrata un’altra finzione elettorale e il presidente uscente sarà ovviamente riconfermato. La guerra contro l’Ucraina “nazi-fascista”, una specie di estensione della Grande Guerra Patriottica, ha aumentato il suo consenso popolare. E non si capisce se perché i russi credano davvero in quel conflitto o se, come nella gran parte della loro Storia, stiano fingendo per paura dello zar e dei suoi boiardi.
Quando Deng Xiaoping decise di liberarsi dell’eredità maoista, affermando che “arricchirsi è glorioso”, i cinesi si arricchirono in pochi anni, abbattendo gloriosamente i tassi di povertà. Con più cautela Michail Gorbaciov cercò di dare un senso a una forma di “mercato socialista”. I russi lo ignorarono – peggio, lo irrisero – preferendo un modello di relazione fra stato e sudditi, che loro stessi avevano sintetizzato in questo modo: “Lo stato fa finta di pagarmi e io faccio finta di lavorare”.