E’ bello pensare che dopo il brevissimo ammutinamento della Wagner, Vladimir Putin sia fortemente indebolito: la credibilità a pezzi e i suoi giorni al Cremlino ormai contati. Si e no, qualche settimana. Potremmo sbagliarci tutti una volta di più. Il futuro politico di Putin non è nelle mani dei cospiratori russi a Mosca ma dei generali ucraini al fronte.
La vicenda di Rostov sul Don e lungo l’autostrada per la capitale – la caricatura di una rivoluzione se non ci fosse scappato qualche morto – hanno fatto brevemente dimenticare che nell’Est dell’Ucraina la guerra vera continua e c’è sempre un paese in parte occupato. Quello che è accaduto ieri è in fondo una conseguenza, un capitolo del conflitto, frutto del fallimento militare russo e della determinazione ucraina.
Per questo il futuro politico di Putin dipende più dalla controffensiva che Kyiv ha lanciato un paio di settimane fa, che da eventi e dinamiche di potere ora non prevedibili. Apparentemente l’attacco ucraino non è ancora riuscito a sfondare le linee russe. Ma non tutte le offensive sono delle guerre lampo come il blitzkrieg nazista del maggio 1940, quando in sei settimane i tedeschi conquistarono Belgio, Lussemburgo, Olanda e Francia.
La guerra principalmente statica in Ucraina ricorda più le grandi offensive della Prima Guerra Mondiale: mesi di combattimenti e migliaia di morti per la conquista di qualche trincea. Come la battaglia di Bakhmut, iniziata un anno fa e non ancora finita. Gli esperti sanno che una controffensiva richiede il tempo necessario, di solito una via di mezzo tra un blitzkrieg e Bahmut.
Fino ad ora gli ucraini ancora non hanno messo in campo tutte le brigate dell’esercito e tutte le armi fornite dall’Occidente. Sempre gli esperti sostengono che fino ad ora sono state saggiate le difese russe alla ricerca di punti deboli.
E’ a Luhansk, nel Donbas, a Kherson e Zaporizhzhia che si gioca la sopravvivenza di Vladimir Putin. A meno di un’altro miracoloso sfondamento come accadde l’anno scorso, non si capirà prima della fine dell’estate, forse in autunno, se l’offensiva avrà avuto successo o sarà un fallimento.
A una vittoria completa, la riconquista di tutti i territori occupati, compresa la Crimea, difficilmente Putin potrebbe sopravvivere. Tuttavia neanche al Pentagono, a Londra e Bruxelles, credono che questo possa accadere. L’offensiva ucraina potrebbe avere successo senza raggiungere tutti gli obiettivi stabiliti. Una conquista territoriale non completa ma chiara che costringerebbe i russi alla trattativa, mettendo gli Ucraini in una posizione di vantaggio, sarebbe un disastro per il regime al Cremlino.
Un anno fa resistere all’offensiva e mantenere l’attuale fronte di guerra sarebbe stata una sconfitta per la Russia. Lo è anche oggi, in realtà. Ora invece, anche controllando solo una parte di Donbas e Luhansk con l’intera Crimea, basterebbe per tenere in vita il regime di Mosca. Non ci sarebbero i margini per dare spazio alla diplomazia e lo stallo, una condizione di non pace né guerra, favorirebbe Putin.
Il sostegno europeo potrebbe non sopportare una lunga guerra di posizione; l’impegno americano sarebbe distratto da una campagna elettorale nella quale i due principali candidati repubblicani, Donald Trump e Ron DeSantis, non sono dalla parte degli ucraini.
Le conseguenze politiche della strana giornata di sabato fra Rostov e Mosca, devono ancora svilupparsi. Ma è possibile che, organizzando la sua rivolta, Evgenij Prigozhin pensasse di raccogliere consensi nelle forze armate e nel potere politico, stanco di un’impresa fallimentare come la guerra in Ucraina. Non li ha trovati probabilmente perché a Mosca Putin ha il controllo della situazione.
Cosa ne sarà della Wagner senza Prigozhin? La sua organizzazione ha un ruolo importante. Combatte in Ucraina con uomini esperti. Soprattutto è una parte essenziale della presenza economica e politica russa in Siria, Libia, in un crescente numero di paesi dell’Africa sub-sahariana. E’ strettamente legata ai ministeri di Esteri e Difesa di Mosca, lavora con tutti i servizi dell’intelligence russa. Se fra qualche settimana Prigozhin fosse “suicidato”, defenestrato da un palazzo (è accaduto a funzionari e oligarchi più e meno importanti di lui), Wagner non avrebbe difficoltà a sopravvivergli.
Il Sole 24 Ore, 25/6/23