Con chi sta l’India

A febbraio le importazioni indiane di greggio russo sono arrivate a 1,6 milioni di barili al giorno. Prima della guerra in Ucraina, Mosca garantiva solo l’1% del petrolio indiano, oggi il 35: più di quanto Delhi compri da Arabia Saudita e Iraq insieme. Le importazioni dagli Stati Uniti sono crollate del 38%.

Ecco i vantaggi dell’astensione sull’invasione dell’Ucraina, ribadita in tutte le votazioni Onu dall’India, vecchia amica della Russia dai tempi di Jawaharlal Nehru. “La nostra scelta è fondata sulla storia, la geografia e l’economia del nostro paese”, spiegava P.S. Raghavan, il presidente del board dei consiglieri per la sicurezza nazionale.

L’India di Narendra Modi che fa affari con Vladimir Putin e aspira alla guida del “Global South” – un’entità politica non ancora chiaramente identificabile – sembra una causa persa per l’Occidente. I primi due vertici della presidenza indiana del G20, dei ministri delle Finanze e degli Esteri, non hanno prodotto documenti comuni a causa delle divisioni sull’Ucraina. Forse abbozzando il mondo che ci aspetta, sono emersi tre blocchi: appunto il Sud globale, il G7 e l’asse Russia/Cina.

Tuttavia, non è così chiaro come sembra. L’India compra petrolio russo a meno di 60 dollari il barile, rispettando il “price cap” imposto dalla Ue. Le ragioni storico-geografico-economiche del rapporto con Mosca, Raghavan le ha spiegate all’assemblea annuale della Trilaterale, per la prima volta a Delhi. Fondata da David Rockfeller nel 1973, la Trilaterale è un’organizzazione non governativa vicina a Washington, che sostiene l’alleanza democratica dei paesi Nord-americani, europei e asiatici. All’assemblea di Delhi ha partecipato Subrahmanyam Jaishankar, il ministro degli Esteri: “ La partnership fra India e Stati Uniti è senza limiti”. L’organizzatore della Trilaterale indiana era Tarun Das, per decenni anima di CII, la Confindustria, e teorico delle riforme economiche di Manmohan Singh che hanno cambiato l’India.

Il punto non è più la Russia. “Il problema che gli Stati Uniti hanno con la Cina è lo stesso che l’India ha con la Cina”, cioè il suo attivo espansionismo, spiega Raja Mohan, uno dei più importanti esperti di geopolitica e sicurezza dell’Indo-Pacifico. “Dieci anni fa l’India era un paese neutrale e il Giappone era pacifista. Ora l’India non ha mai avuto relazioni così buone con l’America; i giapponesi hanno raddoppiato le spese militari e perfino pensato costruire l’arma nucleare”.

Il Pil russo è la metà di quello indiano; Delhi sta diversificando il suo arsenale militare, molto legato ai rifornimenti che la Russia in guerra non sarebbe in grado di garantire; l’alleanza russo-cinese comporta anche un capitolo pakistano che preoccupa l’India. Non c’è partita con quello che gli Stati Uniti possono invece offrire. I crescenti interessi comuni implicitamente tollerano le apparenti differenze. Io so che tu sai che io so che tu sai è una sintesi poco diplomatica ma efficace delle relazioni fra Delhi e Washington.

Il futuro dell’Ucraina, dell’Europa e di molti altri, dipende da chi governerà a Washington nel 2024, Non è il problema del’India. “Democratico o repubblicano, gli ultimi quattro presidenti sono stati favorevoli all’India come a nessun altro paese”, dice Raja Mohan. In Texas e nel Gujarat Donald Trump e Modi insieme avevano riempito gl stadi. Ma nemmeno Joe Biden può ignorare la demografia, la geografia e le ambizioni indiane.

Con eccessiva enfasi, l’India si candida alla guida del Global South: ascoltando i leader e leggendo i giornali, sembra lo sia già. In realtà quell’entità politica è molto meno compatta e più informe di quanto fosse il Movimento dei non allineati durante la Guerra Fredda. “Non esiste, è uno slogan”, dice ancora Raja Mohan. “Cosa possono avere in comune Singapore e un paese dell’Africa centrale? Tuttavia l’India può essere un ponte, sottraendo a Cina e Russia già attive, quello spazio geopolitico molto vasto che l’Occidente spesso ignora”.

Così, anche se il Global South non esiste come struttura organica e nemmeno come arena di interessi comuni, tutti fingono che ci sia: gli indiani per dare una cornice alle loro crescenti ambizioni; Stati Uniti ed Europa perché l’India muscolosa e nazionalista di Narendra Modi è un formidabile deterrente contro la Cina di Xi Jinping.

“Anche se sembra un assoluto ossimoro, quello che abbiamo in India è un nazionalismo internazionalista”. Forse nessuno riesce a spiegare le ambizioni dell’India e il senso delle alleanze non dette, come Jaishankar, il ministro degli Esteri. L’India non ha mai aderito ad alleanze formali ma partecipa al Quad, diventato ormai un fronte politico e militare anti-cinese.

Quando gli è stato chiesto come l’India potesse essere un credibile partner di Stati Uniti, Australia e Giappone in quell’organizzazione, e contemporaneamente avere posizioni diverse sull’Ucraina, Jaishankar ha risposto che “l’amministrazione americana è molto pragmatica: il Quad ha tre alleati e un partner, noi. E’ stata una prova di creatività. La politica estera indiana è un’implacabile missione di crescita nell’ordine internazionale: per me il cielo non è il limite”. A suo modo, si potrebbe chiamare eccezionalismo indiano.

Il Sole 24 Ore, 25/3/2023

  • carl |

    Questo nuovo pezzo è comparso quando stavo ancora meditando sui concetti chiave del precedente “pezzo” sullo Stato ebraico, e cioè:
    *…2 visioni del paese…
    *..Tregua “programmatica”.. poi si ricomincia a fine aprile..
    *.. lo Stato ebraico è per l’appunto, lo Stato nazione del suo popolo esclusivo…Per cui non include i palestinesi che tuttavia non possono esserne esiliati (vi immaginate se…!). Inoltre, chi includesse la loro “questione”nel proprio programma elettorale potrebbe perdere sostegni e, di conseguenza, non prevalere nonostante le “manifs” que, dunque, sembrerebbero non essere “pour tous”..
    *Infine, la Corte da “neutralizzare/addomesticare”.. che non solo ammette le illiberali “detenzioni amministrative”, ma avalla pure le espropriazioni..
    Insomma uno di quei sempre più complessi guazzabugli che negli anni recenti hanno fatto presa e sono divenuti endemici anche nell’occidente democratico, con numerosi “ceppi, mutazioni e varianti”.. Mentre non c’è traccia di un “vaccino” ad hoc.. A meno che certuni ritengano che lo sia
    quella tendenza all’autoritarismo che va diffondendosi ben di più che “a macchia di leopardo” nel mondo, incluso quell’occidente nella cui nazione “tutelare” è stato ieri l’altro promosso un “summit” di 2 giorni sulla “democracy…” Nel quale è, tra l’altro, emerso l’interrogativo se l’approccio autocrarico sia più efficace di quello democratico…?
    Insomma, sia nello Stato ebraico che nelle iperboree e socialdemocratiche Svezia e Finlandia, passando per la mittelEuropa (e così pure nel cosiddetto Global South, ove vari casi sono già di casa..), stanno subentrando tendenziali propensioni all’autoritarismo.. Non esclusa purtroppo la Francia in cui, come nell’Italia nostra, è rimasto/permane del considerevole antagonismo “destrorso/sinistrorso”cui, delle problematiche eco-laboral-finanziarie, aggravate da un malaccorto approccio gestionale e difficoltà sul piano energetico e, magari, anche agricolo (siccità, ecc.) potrebbero aggravare e fors’anche irrimediabilmente.
    Il primo imperativo categorico potrebbe essere almeno un armistizio para-coreano in Ucraina.
    Infine, cosa sta bollendo in pentola nell’oltre-oceano boreale e oltre (quello indo-pacifico)?

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