Secondo l’intelligence ucraina, una parte dei 4.500 missili lanciati dai russi in questi otto mesi di guerra è di fabbricazione iraniana. Oltre a questo, Mosca avrebbe ordinato a Teheran altri 2mila droni Shahed, dopo averne provato in queste settimane l’efficacia sulle città e le infrastrutture ucraine.
In una recente intervista sul Financial Times, alla domanda se le sanzioni europee contro la Russia siano efficaci, Sabine Weyand, la direttrice generale UE per il Commercio, ha risposto: “Stanno finendo i chips…se dipendono dai droni iraniani e dalle armi della Corea del Nord, capisci che le sanzioni stanno funzionando”.
“Ho una domanda da farvi”, ha chiesto agli israeliani Volodymyr Zelensky, intervenendo a distanza alla “Conferenza sulla democrazia” organizzata dal quotidiano liberal Haaretz. “Secondo voi la Russia come paga l’Iran per questo? L’Iran è solo interessato al denaro? Forse per niente”: vuole “l’assistenza russa al suo programma nucleare”.
L’obiettivo di Zelensky era convincere Israele a vendere all’Ucraina sia le armi anti-aeree necessarie per abbattere i droni comprati da Mosca, sia i droni israeliani di gran lunga più efficaci di quelli iraniani. Ma in qualche modo il presidente ucraino ha allargato il conflitto al Medio Oriente e confermato come questa guerra, quanto ormai ogni altra nel mondo, quando chi combatte ha denaro o amici generosi, stia diventando una guerra di droni.
Già Barack Obama ogni volta che occorreva colpire un obiettivo in Afghanistan, sostituiva regolarmente reparti speciali, elicotteri da combattimento e caccia-bombardieri da un miliardo di dollari l’uno, con velivoli teleguidati. Con l’avvento dei droni sempre più letali e sofisticati (quelli iraniani possiedono la prima caratteristica ma non ancora la seconda), i celebrati top gun mi ricordano noi giornalisti travolti dal web: professionisti in via d’estinzione.
La relazione militare fra Russia e Iran è diventata “una vicinanza pericolosa”, ha ammesso il premier israeliano Yair Lapid. Teheran è da anni il nemico numero uno d’Israele: i governi di ogni orientamento dello stato ebraico si sono sempre opposti all’accordo sul nucleare iraniano e continuano a contestare la sua eventuale ripresa del negoziato.
Ma Mosca, per Israele, è qualcosa di molto più complesso. Se anche in campagna elettorale (si vota martedì primo novembre) Lapid è sempre più a favore di un allineamento con Zelensky, il suo ministro della Difesa e alleato politico Benny Gantz insiste nel dire che “noi non vendiamo armi all’Ucraina” .
Lapid non ha un curriculum militare, viene dalla buona borghesia laica di Tel Aviv; Gantz è stato combattente e Capo di stato maggiore delle forze armate. Per lui problemi e opportunità non si misurano sui valori – come per esempio chi si difende da un’aggressione – ma sulla sicurezza nazionale del suo paese.
In una delle tre missioni sulla Siria nel giro di una settimana, i caccia-bombardieri israeliani hanno distrutto vicino a Damasco una fabbrica di assemblaggio di droni iraniani: più o meno la stessa marca di quelli dati ai russi, ma destinati a Hezbollah libanese che eventualmente li userebbe contro Israele.
Se lo stato ebraico incominciasse a dare i droni, i sistemi di difesa antiaerea (anti-droni) e l’addestramento che il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha chiesto l’altro giorno a Lapid, i cieli siriani sarebbero off-limits. I russi che controllano lo spazio aereo, non darebbero più a Israele la libertà d’azione per colpire obiettivi iraniani in Siria.
Ricapitolando: gli israeliani sono amici dei russi che sono amici degli iraniani, nemici degli israeliani. Gli iraniani danno droni ai russi i quali permettono agli israeliani di bombardare le fabbriche di droni iraniani. L’amicizia e la collaborazione con Mosca non impedisce agli israeliani di dichiararsi anche amici di Kjiv. Alla quale, però, non concedono nulla. Dallo scoppio della guerra il compromesso che Israele ha imposto a se stesso è: con l’Ucraina ma scordatevi le armi.
Come nota a piè di pagina di questo modo vantaggioso di interpretare la geopolitica, dall’inizio dell’invasione in Ucraina Israele è il paradiso degli oligarchi di Putin e anche dei russi non così ricchi ma pur sempre benestanti: le spa e i resort sul Mar Morto, e i locali della smagliante Tel Aviv, ne sono pieni.
Secondo alcuni sondaggi il 41% degli israeliani continua ad opporsi ad armare l’Ucraina, il 21 è favorevole. “Stiamo dando un supporto attivo all’Ucraina”, sostiene Lapid, “e teniamo conto della sicurezza nazionale d’Israele”. Ineccepibile, anche Ponzio Pilato si commuoverebbe di tanto equilibrio. In conclusione, i droni si moltiplicano ma non sono per tutti.
Alla conferenza di Haaretz, Zelensky ha chiesto agli israeliani da quale parte vogliano stare: “Da quella del mondo democratico che sta combattendo contro una minaccia fondamentale alla sua esistenza? O con coloro che distolgono lo sguardo dal terrore russo, anche quando il costo è la completa distruzione della sicurezza globale?”. Se dovesse vincere le elezioni, lasciare lo scranno dell’imputato in un processo per corruzione, e tornare sulla scena internazionale, la risposta gliela darà Bibi Netanyahu: un altro sincero amico di Vladimir Putin, amico di Donald Trump che è amico d’Israele se governato da Bibi.