Il mio regno per un vaccino

vaccino2Gli esperti ci dicono che per trovare l’antidoto al Covid-19 e vaccinare l’intera umanità, bastano 20 miliardi di dollari: più o meno il costo di due ore di produzione mondiale. Praticamente un affare, considerando anche le sue ricadute di ottimismo globale: toccasana per uscire dalla depressione psicologica, civile, sociale ed economica della pandemia, nella quale siamo caduti tutti, dall’Alpe alle piramidi, dal Manzanarre al Reno.

Fiducia e ottimismo: sono questi i fluidi vitali che l’antidoto diffonderebbe nel nostro organismo sociale, liberandoci dalla paura del virus. Qualche giorno fa il presidente della Federal Reserve americana Jay Powell, spiegava che “per la piena ripresa dell’economia, la gente deve avere fiducia. E per averla dobbiamo aspettare l’arrivo di un vaccino”. Quando Powell ha aggiunto che per ottenerlo “l’attesa potrebbe durare fino alla fine dell’anno prossimo ma davvero non lo sappiamo”, non solo Wall Street ma le Borse di tutto il mondo hanno avuto uno scossone verso il basso.

In una lettera firmata con altre cinquanta personalità, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, ora anche alla guida dell’Unione Africana, invoca un “vaccino del popolo” come bene pubblico dell’umanità: “Non ci possiamo permettere che i monopoli, la rozza competizione e il miope nazionalismo si mettano di mezzo”.

Sembra sensato, no? Per sintetizzare quanto i destini dell’umanità siano legati agli effetti negativi del virus e al suo antidoto, il Financial Times scriveva: “I negozi chiusi di Oxford Street a Londra portano alla chiusura delle filande in Vietnam e Bangladesh, che porta ad accumulare cotone nelle fattorie dell’India centrale”.

Invece no, il costo stracciato dell’antidoto e l’appello di Ramaphosa non sono sensati, perché vaccino è sinonimo di potere e denaro: beni durevoli ambiti dalla politica e da big-pharma. Stabilito che il vaccino è fondamentale per far ripartire davvero le economie oltre l’incerta “fase 2”, il vaccino è potere: chi lo possiede e immunizza il suo popolo, ha il consenso assicurato. L’equazione funziona per i satrapi come per i leader democraticamente eletti.

Già l’influenza suina del 2009, immediatamente dopo la crisi finanziaria, era stata un esempio del declino globale del multilateralismo. Le grandi potenze e i paesi più ricchi avevano trasformato le loro frontiere in muri, all’interno dei quali dovevano restare ricerca scientifica e qualsiasi materiale utile a combattere il virus. Alla fine quell’influenza fece 18mila morti ufficiali con stime più realistiche fino a mezzo milione di vittime, la grandissima parte fra i poveri dell’Africa e del Sud Est asiatico.

Sono circa un centinaio gli istituti che stanno lavorando a un anti-covid: in molte parti del mondo ma soprattutto negli Stati Uniti e in Cina. Agli anti-europeisti di casa è giusto ricordare che la UE è l’unico organismo politico che sta genuinamente lavorando per il bene globale. Il mese scorso ha organizzato una conferenza mondiale dei donatori, raccogliendo 7,4 miliardi di euro per lo sviluppo e la distribuzione del vaccino. Anche ai paesi più poveri del mondo. Il partner principale è stato Bill Gates che per l’eterogeneo mondo dei no-vax, è il demonio. Disinteressati al programma europeo alcuni paesi, soprattutto Usa e Cina.

In questa guerra per il monopolio dell’antidoto Donald Trump e Xi Jinping assomigliano al Riccardo III di Shakespeare che era pronto a vendere il suo regno per un cavallo col quale fuggire dal campo di battaglia di Bosworth. “Il mio regno per un vaccino”: la posta è effettivamente alta. Se l’America trova l’antidoto prima della Cina, Trump  vince le elezioni. Se arrivano prima i cinesi, le perde. Ma questa eventualità avrebbe un disastroso effetto sulla credibilità americana nel mondo: come Jurij Gagarin, quando i russi mandarono il primo uomo nello spazio. Al contrario, per i cinesi il primo vaccino sarebbe il razzo che li porterebbe al prestigio internazionale che inseguono con determinazione e menzogne da quando Xi è al potere.

E’ quello che dobbiamo aspettarci da un mondo dominato da “America first” e dal neo-imperialismo cinese; da prima gli italiani, gli ungheresi, gli olandesi, i catalani; un mondo dove in India i cittadini hindu contano più dei musulmani e in Israele gli ebrei più degli arabi; un mondo nel quale il virus ha così velocemente innalzato di nuovo le frontiere nazionali. Ormai ci sembra normale che il Presidente del Consiglio vada in Paramento a invitare gli italiani a fare le vacanze in Italia; che alla radio e in tv, con tono patriottico, la pubblicità ci chieda di mangiare italiano, bere italiano, di assicurarci italiano, comprare divani italiani. E’ comprensibile ma non è così normale. Come ne usciremo quando saremo tutti vaccinati?

 

 

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