Nel prossimo anno e mezzo sarete travolti dai bilanci consuntivi della politica estera di Barack Obama. E’ facile prevedere che non saranno entusiastici. Credo tuttavia che col passare del tempo sarà possibile valutare il suo operato in una prospettiva più equilibrata. Soprattutto se il prossimo presidente sarà repubblicano.
Più dei tentennamenti mediorientali, penso che la vera colpa di Barack Obama sia stata rimettere in moto una pericolosa corsa tecnologica al riarmo nucleare (ne ho scritto in “A tre minuti dalla mezzanotte nucleare”, due post fa). Sul resto, credo che i suoi tentennamenti siano stati un tentativo sincero e in parte riuscito di dare un ordine più pragmatico alle priorità dell’America, facendo un uso limitato e razionale del suo potere militare. Spesso, chi critica gli Stati Uniti per aver fatto un passo indietro rispetto ai problemi del mondo, è lo stesso che prima ne condannava l’interventismo.
Ma non temete, ci sono possibilità che fra due anni tornino i repubblicani, forse addirittura un altro Bush. In realtà penso che Jeb, l’ex governatore della Florida, assomigli più al padre che al fratello. L’erede di George H doveva essere lui, Jeb: George W. era il figlio meno dotato e più viziato, come si è visto. Ci sarebbe molto da dire, considerando che per i democratici si schiererà un’altra Clinton: ma non sono le dinastie il tema di questo post.
Jeb, dunque, potrebbe riportare al potere l’ala internazionalista e pragmatica del partito repubblicano. Quella di suo padre che gestì la fine dell’Urss, la caduta del Muro di Berlino, liberò il Kuwait e obbligò gli israeliani a iniziare un processo di pace con i palestinesi.
Ma il problema oggi è il partito, diventato una specie di Lega Nord americana. “Pat Garrett” Rudolf Giuliani l’altro giorno ha detto che “Barack Obama non ama l’America”, John Boenner sta organizzano con Bibi Netayahu al Congresso una bella festicciola contro il presidente. Il livello di senso dello Stato, moderazione, analisi delle vicende mondiali, è questo. Leggermente al di sopra della mira del pistolero.
Si scaldano i motori per le primarie del partito e i potenziali candidati scoprono con piacere che la base ha dimenticato le ferite mortali di otto anni d’interventismo guerrafondaio dell’amministrazione Bush junior: il colossale fallimento che ha contribuito al caos mediorientale di oggi, è stato rimosso. Anche in America, come da noi, c’è chi rende l’Isis più minaccioso, Israele più in pericolo, Putin più orribile di quanto effettivamente già non siano. C’è voglia di menare di nuovo le mani.
Così, scrive il New York Times, la politica estera è tornata a essere un tema sul quale raccogliere voti: tre quarti della base repubblicana è a favore dell’invio di truppe per combattere l’Isis. In Iowa e South Carolina, dove tradizionalmente comincia il grande spettacolo delle primarie, la gente pensa che il califfato sia il problema più importante insieme all’economia.
I falchi risorgono. Stanno seriamente pensando di candidarsi perfino pistoleri come John Bolton il quale credeva che l’Onu, dove era ambasciatore, fosse un covo di comunisti e terroristi; e il senatore Lindsey Graham della Carolina del Sud, che solo per il Tea party è un “repubblicano moderato” dal Tea party. Per raccogliere fondi e creare una base elettorale, Bolton ha creato la Foundation for American Security and Freedom, Graham la Security Through Strength. Sembrano titoli dei telefilm di Chuck Norris.
Anche l’inossidabile Rand Paul che ci riprova ogni quattro anni, sempre fallendo, ha capito che con un partito così il suo messaggio di un’America isolazionista non farà un metro fuori dalla porta del suo ufficio. Per farsi una nuova verginità e avere qualche finanziamento dalla Republican Jewish Coalition del magnate Sheldon Adelson – il biscazziere legale amico di Netanyahu, già descritto nel precedente post – Paul ha venduto uno scoop al sito ultra conservatore Washington Free Beacon: vuole presentare una legge per eliminare l’aiuto americano ai palestinesi.
Preparatevi, dunque, arrivano i nostri. O ritornano. Che Dio salvi noi e l’Occidente da alleati così orribili.