Un lettore di questo blog, Marco, chiede in maniera molto urbana: “Se Obama scoprisse che i gas li hanno usati i ribelli, li bombarderebbe?”. Richiedendo la mia opinione, è pronto a scommettere che non lo farebbe. Non posso affrontare la sfida perché la penso esattamente come lui: il presidente degli Stati Uniti non lo farebbe.
Ma per una ragione diversa da quella cui pensa Marco, cioè il doppio metro di giudizio americano. Obama non bombarderebbe l’opposizione perché non avrebbe bombardato nemmeno la Siria di Bashar Assad. Dal giorno della sua prima minaccia, ha incominciato a cercare i pretesti e le vie d’uscita diplomatiche per non metterla in pratica. Il suo obiettivo non era tanto abbattere un regime, quanto distruggere il suo arsenale non convenzionale.
Personalmente sono sempre stato convinto che per la sua storia personale, le sue idee e la sua politica, Barack Obama non sarebbe mai intervenuto in Siria, nemmeno per una ragione apparentemente “morale” come punire chi ha fatto uso di armi chimiche contro il suo stesso popolo.
Con Marco potrei rilanciare, offrendogli
un’altra scommessa: i russi parteciperebbero o acconsentirebbero al
bombardamento del regime se fosse acclarata la sua responsabilità? Ma non credo
sia questo il punto. Il primo capitolo
della vicenda Siria/armi chimiche – non credo che sia finita qui – è stato
certamente vinto dalla diplomazia russa. Obama ha commesso molti errori e nella
sua amministrazione c’è chi desiderava l’azione militare. Tuttavia mi sento di
riabilitarlo.
In qualsiasi tribunale del mondo la causa
andrebbe avanti per anni, all’italiana, perché l’evidenza assoluta delle
responsabilità del regime forse non saranno mai trovate. E i russi
continuerebbero comunque a negare: più per una verità geopolitica che dei
fatti.
Ma anche i russi e i molti che la pensano
come Marco non possono non ammettere che
la lettura del rapporto degli ispettori Onu è chiaro, nei suoi sottintesi e in
alcune prove, riguardo a chi abbia usato i gas. E’ stato il regime e un giorno
qualcuno dovrà pagare.
Il bombardamento non ci sarà più, a meno che
Bashar Assad non sia così arrogante da pensare di aver vinto e usare di nuovo
le armi chimiche. La diplomazia, la ragion di Stato, l’inesistenza di
un’opposizione credibile e un’alternativa valida al regime siriano, hanno
disinnescato la crisi.
Ma nemmeno questo è il punto. Il mio punto è
che senza il pericolo del bombardamento, senza la minaccia dell’uso della
forza, oggi i russi e gli americani, l’Onu, gli uomini e le donne di fede, e
noi tutti non saremmo qui a parlare dell’arsenale chimico di Bashar Assad.
L’eliminazione concordata e richiesta a furor di universo di quelle armi oggi è
una realtà più che possibile. Ma sarebbe un sogno lontano, senza la
tradizionale e brutale disponibilità all’opzione militare.
Il mondo non è un luogo semplice, quasi
sempre il realismo e il male minore trionfano sulla giustizia assoluta. Credo
sia giusto così. Oggi è più importante evitare un allargamento del conflitto
siriano nella speranza che da qui inizi la ricerca di una sua soluzione; è più
utile per il mondo e forse anche per i siriani che Stati Uniti e Russia
ritrovino le ragioni del dialogo e collaborino. Ma prima o poi una forma di
modica giustizia dovrà essere garantita a quelle 350 o 1400 vittime, morte in
modo atroce.