E’ da molti anni che frequento il Medio Oriente, probabilmente troppi, e queste cose non dovrebbero più stupirmi. Ciononostante mi hanno colpito le reazioni alla vittoria dei Fratelli musulmani in Egitto. Non mi riferisco a quelle politiche dei governi, obbligatoriamente rispettose: perfino gli israeliani, logicamente molto preoccupati, si sono complimentati come l’etichetta diplomatica imponeva.
Parlo di quello che ho letto su molti giornali, su Facebook, nelle mail che ho ricevuto e nei commenti ai miei post sulla materia. Cioè di quello che la gente pensa davvero, nel profondo del suo cuore, temo. Ci sono due partiti: uno nettamente maggioritario, l’altro decisamente in minoranza, entrambi contrapposti, convinti e radicali.
Quello largamente di maggioranza è il partito dell’islamofobia. Ne conoscevo l’esistenza ma non lo credevo così vasto e brutale nella sua opinione. Ha incominciato la settimana scorsa sul “Corriere della Sera” Bernard Henri Levy, noto per essere un intellettuale anche se non ne capisco il perché. Come tutti gli intellettuali francesi, di destra o di sinistra, gode di una esagerata buona stampa nonostante sia un trombone insopportabile e banale. In un articolo troppo lungo per così poche idee, ha sostenuto che la fratellanza è un pericolo per l’umanità, che ama Hitler, odia tutti gli altri, eccetera su questo tono. A pensar male, sembra un articolo dettatogli dalla destra del Likud: ma nemmeno Avigdor Lieberman a destra del Likud, è così intollerante.
Su Facebook ho trovato filmati, foto, post pieni di certezze, mai di dubbi. Per spiegare cosa sarebbe accaduto, ora che sono tornati li turchi, qualcuno aveva postato una Monnalisa con il volto interamente coperto da un niqab. Mi ha dolorosamente colpito constatare che gli islamofobici più duri erano ebrei e filo-israeliani, alcuni dei quali miei vecchi amici. Al di là delle comprensibili preoccupazioni geopolitiche di una vittoria islamista in Egitto, mi ha stupito che non si rendessero conto di parlare e pensare come gli antisemiti. Usavano le stesse argomentazioni banali, a volte false e perfino razziali, di chi odia gli ebrei.
Avevo parlato di un secondo partito. E’ quello di chi invece pensa che ora il Medio Oriente sarà un posto migliore con le fratellanze islamiche al potere. Qualsiasi sciocchezza dicano, qualsiasi errore politico facciano – è la tesi di questo partito – la colpa è dell’Occidente, soprattutto degli americani. In natura, gli islamisti sono puri: se perdono questa qualità, dipende solo dai nostri comportamenti. Questo partito del pittoresco è tuttavia estremamente minoritario: non ha la forza di condizionare l’opinione pubblica e le politiche che invece possiede il primo, più vasto.
Personalmente non credo che i partiti d’ispirazione islamista siano un male o un bene in quanto tali. Sono ambigui e perfettibili come tutti i soggetti politici che non dichiarino tesi incrollabili e le sostengano fino in fondo con folle coerenza: come i nazisti, il partito bianco dell’apartheid sudafricano, al Qaeda. Un movimento politico si evolve come la vita: come quel capo dell’Ira che la settimana scorsa ha stretto la mano alla regina Elisabetta.
Nel mondo arabo dove sono state fatte elezioni decentemente democratiche, i fratelli le hanno vinte. Non possiamo prescindere da questo, anche se è solo un punto di partenza. Penso che si evolveranno civilmente ma non ne sono certo: è uno dei grandi temi politici di questo inizio di secolo. Ma non posso dare per scontato nemmeno il contrario. Il ruolo delle donne, delle minoranze religiose, delle opposizioni – nel caso egiziano anche il suo trattato di pace con Israele – sono questioni fondamentali sulle quali sarà giudicata la loro prassi di governo. Ma non possiamo essere convinti di avere noi una risposta che probabilmente non hanno ancora nemmeno loro.