Il voto non darà stabilità all’Egitto

di Ugo Tramballi

  Il primo di luglio, un paio di settimane dopo che l’Egitto avrà il suo nuovo presidente e pochi giorni prima dell’inizio di un torrido Ramadan, i militari lasceranno il potere ai civili. Era dal 1952, dalla rivoluzione degli Ufficiali liberi di Nasser e Naguib, che governavano i generali.

  Se il ballottaggio presidenziale del 16 e 17 giugno lo dovesse vincere Ahmed Shafik, il passo indietro dei militari che hanno gestito la transizione da piazza Tahrir in poi, sarebbe superfluo. Anche Shafik è un generale e governerebbe in nome e per conto degli interessi della sua casta. Ma lasceranno il passo ai civili se, come sembra più probabile, il vincitore sarà Mohammed Morsi, il candidato dei Fratelli musulmani? Gli islamisti avranno un’amplissima maggioranza in Parlamento – dunque esprimeranno Premier e governo – e avranno la presidenza. L’Egitto al momento è una repubblica presidenziale. Che la commissione costituzionale decida di dare al Paese un sistema parlamentare all’italiana, semipresidenziale francese o presidenziale all’americana, il potere sarà islamista.

  I vecchi nazionalisti del Wafd col fez ottomano in testa, i marxisti, i laici, i liberali, fino ai giovani della rete che hanno iniziato la rivolta di piazza Tahrir. Sono tutti personaggi minori del grande affresco egiziano degli ultimi 60 anni. I veri protagonisti sono sempre stati altri: il regime dei miliari e i Fratelli musulmani. Dal giorno in cui Nasser prese il potere gli unici che potevano farglielo perdere erano gli islamisti. Così era per Sadat che alla fine ne fu vittima, per Mubarak e anche per la giunta militare dello Scaf. In questo ultimo anno i giovani della piazza non hanno mai avuto la forza sufficiente per abbattere il generale Tantawi e la sua giunta. I Fratelli musulmani si, se lo avessero voluto.

  E’ sempre stata una lotta con poche tregue per il controllo delle menti, dei cuori, della politica e dell’economia dell’Egitto. I Fratelli musulmani avevano un sistema sociale, sanitario, scolastico parallelo a quello dello Stato. Oltre a una rete economica entrata in competizione durissima con quella del libero mercato creata da Gamal Mubarak, il figlio del rais, e dei suoi tecnocrati riformatori. Molti dei fratelli musulmani arrestati negli ultimi 20 anni non sono finiti in carcere per motivi religiosi o politici ma perché erano competitors dell’economia di potere: di quella vecchia statalista nasseriana e poi del libero mercato selettivamente aperto agli amici di famiglia dei Mubarak .

  E’ dunque pensabile che i militari, custodi da 60 anni del potere politico e di una buona parte di quello economico dell’ancien règime, si facciano da parte il primo di luglio? Forse no. Chiunque vinca fra Mursi e Shafik, l’Egitto non troverà molto presto la sua stabilità.