A leggere la nostra stampa in questi giorni sembra che l’Italia abbia perso l’autorevolezza e la credibilità che prima aveva sulla scena internazionale. La ragione è il modo col quale ci stanno trattando gli indiani sulla questione dei due marò; e il modo in cui ci hanno trattato gli inglesi, ignorando il nostro eventuale parere prima di lanciare l’attacco per liberare gli ostaggi in Nigeria.
Il ministro degli Esteri Giulio Terzi sembra essere la sintesi di questa perduta grandeur. Incapace di mostrare i muscoli, di mettere in riga un miliardo e 100 milioni d’indiani e sanzionare la perfida Britannia.
Partiamo dagli inglesi. La vicenda meno complicata. Non da questo governo ma da sempre, l’Italia ha una politica coerente quando si tratta di ostaggi: negoziare, eventualmente (quasi sempre) pagare il riscatto, rinunciare all’azione armata. E’ sempre stato così, con ogni esecutivo. Inglesi, francesi, americani e israeliani non la pensano in questo modo: trattare è una prova di debolezza. Per questo a Londra non hanno chiesto la nostra opinione prima di lanciare la loro operazione: sapevano già come la pensavamo. Uno dei due ostaggi era inglese e hanno agito, mostrando tra l’altro una mediocre capacità.
L’India. Sin dall’inizio il governo ha scelto una linea: quella di non confondere la vicenda in Kerala dei nostri soldati con i rapporti fra i due Paesi. Ci avremmo probabilmente perso noi: è l’Italia che vorrebbe fare più affari con l’India, loro hanno la fila d’imprese e governi stranieri fuori dall’ufficio di Manmohan Singh. Per questo due settimane fa Terzi non aveva cancellato la sua visita in India programmata da tempo e con obiettivi economici. Andando anche a visitare i due marò a Kochi, aveva pensato di dare peso al negoziato che stava già conducendo Staffan de Mistura.
Forse è stato un errore: il ministro non doveva “spendersi” senza riportare a casa i due soldati, gli indiani l’hanno presa per un segno di debolezza. Terzi forse doveva parlare meno ed essere più efficace in quella parte essenziale della diplomazia che è la meno visibile. Avrebbe dovuto coinvolgere l’Unione Europea all’inizio e non solo ora che le cose per noi sono difficili. Ma non c’è prova contraria: non sappiamo cosa sarebbe accaduto se fosse stato ascoltato Ignazio La Russa che proponeva muscoli e insulti. In ogni caso la vicenda non è ancora finita.
C’è una novità in questa storia che tuttavia dovrebbe essere sottolineata. Fosse avvenuta col precedente governo, avremmo avuto una cacofonia di dichiarazioni. Avrebbe parlato Frattini, poi La Russa, forse anche il ministro della Giustizia Alfano, sicuramente un ministro leghista. Più il portavoce del governo, quello della maggioranza alla Camera, in Senato e i loro vice. Ci sarebbe stata la solita corsa a “Porta a Porta”, le parole sarebbero volate in libertà e gli indiani non avrebbero capito cosa volesse l’Italia.
La scelta di questo governo è stata di dare responsabilità e voce solo al ministro degli Esteri, in consultazione col resto del governo. Parlava uno per tutti. Probabilmente Giulio Terzi è un po’ legnoso e poco empatico davanti alle telecamere. Non è un piacione come Franco Frattini (anche se del governo Berlusconi era il più potabile) né un sottile tessitore da sinedrio, a volte incomprensibile ai più, come Massimo D’Alema. E’ un ambasciatore, un tecnico. Come ammiraglio è il ministro della Difesa, giuslavorista quello del Lavoro, prefetto quello degli Interni ed economista il titolare dell’Economia. Non sono al loro posto per garantire audience a Bruno Vespa.
Si, è evidente, in questo post dichiaro di essere di parte. A me il governo piace anche se non ne condivido alcune scelte sociali e sospetto che nel Kerala si potesse fare qualcosa di più. Ma quando sento Maurizio Gasparri invocare il ritorno dell’autorevolezza italiana nel mondo, divento un hooligan da curva a favore del governo Monti. Mi viene in mente la domanda che l’anno scorso a Hong Kong mi aveva fatto con tono molto serio un banchiere cinese: “Ma, esattamente, in lingua italiana cosa significa bunga bunga?”.
Autorevolezza? Onorevole Gasparri, dove? Quando Silvio Berlusconi baciava la mano di Gheddafi? Quando, in visita in Israele diceva di non aver visto alcun muro di separazione e poi ai palestinesi che le vittime della loro Intifada erano uguali ai sei milioni di ebrei morti nell’Olocausto? O il presidente del Consiglio che guardava con entusiasmo il sedere di Michelle Obama e con disgusto giudicava quello di Angela Merkel?